Nella Ue-28 quasi una persona su cinque ha 65 anni o più (19,4%): circa 100 milioni di persone. E per ognuna di loro, considerate economicamente inattive, la media è di tre persone in età lavorativa (15-64 anni).
Eurostat lo definisce “tasso di dipendenza degli anziani” ed è tradizionalmente considerato come un'indicazione del livello di supporto disponibile per le persone anziane (di età pari o superiore a 65 anni, appunto) dalla popolazione in età lavorativa (persone di età compresa tra 15 e 64 anni).
Ma è anche un indice dell’invecchiamento della popolazione: aumenta il numero di anziani over 65 e, come nel caso dell'Italia, non aumentano al contrario le giovani leve per lo stallo - in qualche anno anche il regresso - della natalità.
E l’Italia in questo ha il primato assoluto: ogni ultrasessantacinquenne ci sono solo - nel 2017 - 2,8 persone in età lavorativa, con un tasso di dipendenza degli anziani record nel’Ue del 34,8 per cento.
Nell'Ue, il tasso di dipendenza degli anziani medio è stato nel 2017 del 29,9%. In altre parole, c'erano poco più di tre persone in età lavorativa per ogni persona di età pari o superiore a 65 anni.
Il tasso di dipendenza della vecchiaia è in aumento da molto tempo. Venti anni fa, c'erano circa cinque persone in età lavorativa per ogni persona di 65 anni o più. Dieci anni dopo, il rapporto era 4:1 e oggi è vicino a 3:1 e in Italia, appunto, si ferma a 2,8:1.
Nel 2017, tra tutti gli Stati membri dell'Ue, il rapporto di dipendenza degli anziani era più alto in Italia (34,8%: 2,8 persone che lavorano per ogni anziano), Grecia (33,6%) e Finlandia (33,2%), seguite da Portogallo (32,5%) e Germania (32,4%).
All'estremo opposto della scala, i rapporti più bassi sono stati registrati in Lussemburgo (20,5%) e Irlanda (20,7%), davanti a Slovacchia (21,5%) e Cipro (22,8%). In questi Stati membri, c'erano circa cinque persone in età lavorativa per ogni persona anziana.
L’andamento degli ultimi due decenni indica che il tasso di dipendenza degli anziani è aumentato in tutti gli Stati membri a eccezione del Lussemburgo, dove è passato dal 21,2% nel 1997 al 20,5% nel 2017 (-0,7%).
I maggiori aumenti tra il 1997 e il 2017 sono stati registrati in Finlandia (dal 21,7% al 33,2%: + 11,5%), Malta (+10,7%), Slovenia (+10,1%), Lituania e Portogallo (entrambi +9,8%), Grecia (+9,7%), Italia (+9,6%), Germania e Lettonia (entrambi +9,4%).
Al contrario, gli aumenti sono stati più moderati in Irlanda (dal 17,4% nel 1997 al 20,7% nel 2017: +3,3%), nel Regno Unito (+ 3,7%), in Belgio (+3,9%) e in Svezia (+4,2%).