Depressione e difficoltà motorie. Due problematiche che gli italiani affrontano in modo molto diverso in termini di assistenza. Se nel primo caso è una minoranza quella che decide di affrontare di petto il suo stato depressivo andando da uno specialista, nel secondo è invece la maggioranza a scegliere di ricorrere subito a fisioterapisti o chinesiterapisti.
Lo rilevano ancora una volta i dati Istat contenuti nel
rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'Unione europea, di cui abbiamo già parlato in diverse occasioni (vedi nota a fondo pagina), da cui è emerso che dei circa 8,5 milioni di persone che hanno difficoltà motorie, di cui 3,7 milioni gravi
, chi ricorre al fisioterapista o al chinesiterapista (sono queste le due figure professionali prese in esame dall’Istat) per una terapia del movimento, utilizzo di massaggi o altri mezzi fisici (ad esempio acqua, freddo, calore, luce, ultrasuoni, idroterapia), sono quasi 6 milioni di persone, vale a dure quasi il 70% di chi ha accusato i problemi di movimento.
Se invece parliamo di depressione
solo 832mila persone dei 2,8 milioni che ne soffrono: poco più del 29% di chi ne ha bisogno.
Al fisioterapista o chinesiterapista ricorrono un po’ di più gli ultrasessantacinquenni, ma la fascia di età tra 55 e 64 anni e over 75 è abbastanza bilanciata stavolta, con la prima che conta 1.029 persone e la seconda 1.044. Entrambi superate dalla fascia più giovane 45-54 anni che di persone ne conta secondo l’Istat 1.101.
E tra 65 e 74 anni invece chi ha fatto ricorso a questo tipo di professionisti nell’anno precedente la rilevazione Istat sono 896mila individui, vicini come numero alla fascia di età 25-44 anni con 734 persone.
In sostanza la ricerca di aiuto nelle difficoltà motorie è meno legata all’età di quanto non lo siano tutte le precedenti rilevazioni, anche se è proprio l’età più avanzata, sopra i 65 24,2% di limitazioni moderate e 23,1% gravi), ma soprattutto sopra i 75 anni (28,7% moderate e 36,2% gravi) quella in cui si manifesta la percentuale maggiore di problemi.
E sono comunque le persone con un titolo di studio più alto, in tutte le fasce di età, quelle che di più fanno ricorso a questi professionisti, anche se a livello di reddito le fasce di età si differenziano dai 15 anni in su dove quelle più ricche frequentano di più fisioterapisti e chinesiterapisti, me non oltre i 65 anni, quando la differenza tra fasce di reddito è minima e comunque le percentuali al primo e al quinto quintile quasi sovrapponibili: 15,3% e 15,5 per cento.
Un po’ diverso il discorso sul ricorso a psicologo, psicoterapeuta e psichiatra.
Dal punto di vista delle fasce di età, anche in questo caso la differenza non è forte a partire dai 45 anni in su, ma le percentuali maggiori si riscontrano tra over 75 (2,9%) e nelle fasce 55-64 e più di 65 (2,1%). Nelle altre si va dall’1,5% in giù fino allo 0,8% della fascia tra 25 e 44 anni.
In questo caso il titolo di studio ha una funzione inversa: chi ce l’ha più basso frequenta di più questi professionisti (2,1%) di chi ce l’ha più alto (1,2%) e anche sul reddito si nota un andamento pressoché simile con il primo quintile sia da 15 anni i su che da 65 in su che presenta le percentuali più elevate (2 e 2,4%), che scendono progressivamente (specie dopo i 15 anni) andando verso i quintili più elevati di reddito.
A livello di genere, sia per quanto riguarda il ricorso a fisioterapisti e chinesiterapisti che a psicologi, psicoterapeuti e psichiatri, le donne sono in vantaggio sugli uomini.
Per le cure motorie la percentuale è rispettivamente del 12,2% e del 10,1%, con una differenza decisamente più marcata in funzione dell’età in cui le over 75 raggiungono il 18,3% e gli over 75 l’11,8 per cento.
Per le cure psicologiche, a livello generale le donne sono all’1,8% e gli uomini all’1,3% di media, ma quando si parla degli over 75 la differenza balza verso l’alto con il 3,4% delle donne che ricorrono a questi professionisti contro una media di uomini che l’Istat giudica nelle rilevazione “non significativa”, tanto da non riportarne neppure il valore.
Nota. Quotidiano Sanità ha già pubblicato i capitoli del
rapporto sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'Unione europea relativi alle
malattie croniche e l’assistenza domiciliare, alle
cure dentali , al
ricorso a medici di famiglia e specialisti, quella sui
motivi delle rinunce alle cure, l’analisi di
quanti italiani soffrono di dolore fisico , quella di chi ha la percezione di un
sostengo sociale debole, intermedio o forte da parte delle persone che lo circondano, quella degli
incidenti domestici e stradalie, quella di quanti
caregivers assistono i propri familiari o altre persone, la statistica della
non autosufficienza nelle attività quotidiane e domestiche che rappresentano un vero e proprio handicap per il 10% degli italiani ultrasessantacinquenni, quella per
le limitazioni (anche gravi) a vista udito e motorie e quella sui
disturbi depressivi (maggiori o normali).