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QS Edizioni - giovedì 28 novembre 2024

Studi e Analisi

Liste d’attesa sempre troppo lunghe. E poi pronto soccorso in affanno e dimissioni facili. Unico dato positivo: errori medici in calo. Il 20° Rapporto Pit Salute

di Isabella Faggiano
immagine 12 dicembre - Presentato stamattina a Roma il Rapporto elaborato da Cittadinanzattiva-Tdm che ha raccolto quasi 25 mila segnalazioni su disservizi e disfunzioni del Ssn. Gli italiani contnuano a credere e volere un servizio sanitario pubblico ma aumentano coloro che segnalano difficoltà di accesso soprattutto per tempi di attesa troppo lunghi o per il costo dei ticket. In calo, invece, seppur di poco le segnalazioni di presunta malpractice. LA SINTESI DEL RAPPORTO
 
Chi ha mal di denti sarà meglio che si metta l’anima in pace e si prepari a sopportare il dolore a lungo, almeno per un anno. Tanto è il tempo di attesa medio per una visita odontoiatrica presso le strutture pubbliche italiane. Ma se con il mal di denti, tra un antidolorifico e l'altro, si può convivere, la situazione si complica quando a dover attendere è una persona malata di cancro. E in Italia accade anche questo: 10 mesi è il tempo di attesa medio per una visita oncologica.
 
Sono solo due dettagli della fotografia scattata dal XX Rapporto Pit Salute “Sanità pubblica: prima scelta, ma a caro prezzo”, realizzato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, con il sostegno non condizionato di Ipasvi, Fnmceo e Fofi.

 
Il Rapporto, presentato oggi a Roma, è frutto dell’analisi di quasi 25 mila segnalazioni raccolte dall’Associazione durante il 2016. La volontà dei cittadini che hanno contribuito alla realizzazione del docuemnto è chiara: vogliono curarsi nel servizio sanitario pubblico, perché si fidano di questo e non possono sostenere i costi di una assistenza privata. Ma curarsi con i servizi offerti dalla sanità pubblica significa imparare ad avere pazienza, imparare a fare i conti con liste di attesa, con il costo dei ticket e dei farmaci e con un’assistenza territoriale che non è in grado di sodisfarre le esigenze dei malati, soprattutto di quelli cronici.
 

 
“I cittadini non ce la fanno più ad aspettare e a metter mano al portafoglio per curarsi - ha spiegato Tonino Aceti, Coordinatore nazionale Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva -  anche le vie dell’intramoenia e del privato sono diventate insostenibili. Serve più Servizio Sanitario pubblico, più accessibile, efficiente e tempestivo. E dalla legge di bilancio arrivano pochi e deboli segnali: se da una parte si comincia a metter mano al superticket, a seguito di una nostra battaglia, seppur in maniera insufficiente, dall’altra sul finanziamento del Ssn arrivano segnali pericolosi che fanno intravedere il rischio di un suo forte depotenziamento”.
 
Antonio Gaudioso, il segretario generale Cittadinanzattiva, non riesce ad immaginare che per il Ssn si possa arrivare ad una sconfitta: “la nostra Associazione ha quasi 40 anni, la stessa età del Sistema sanitario italiano, istituito nel 1978 – ha detto Gaudioso – e anche Cittadinanzattiva, pur avendo ottenuto molte vittorie, ha dovuto fare i conti con delle sconfitte. Ma le sconfitte – ha specificato il segretario generale – non sono mai veramente tali. Sono solo vittorie rimandate di un po”. E con questo nuovo Rapporto, il XX che Cittadinanzattiva dedica all’argomento, emergono le tante battaglie che la Sanità pubblica ha ancora da combattere.


“Le dimissioni ospedaliere – ha aggiunto Aceti - sono sempre più anticipate e problematiche. La rete dei servizi socio-sanitari territoriali non è in grado di dare risposte alle persone in condizioni di’fragilità’, come gli anziani soli, le persone non autosufficienti o con cronicità, quelle con sofferenza mentale. E’ anche per questo che le famiglie fanno sempre più affidamento su quel poco di ossigeno, insufficiente, dato da invalidità civile e accompagnamento. Ma incontrano anche qui difficoltà di accesso crescenti”.
 
Il rapporto punto per punto
Le difficoltà di accesso al servizio sanitario pubblico
Poco meno di un terzo lamenta difficoltà, ritardi, eccesso di burocrazia e costi. Le principali problematiche sono legate alle liste d’attesa, a ticket ed esenzioni, le prime con un dato stabile al 54,1% e le seconde con un aumento dal 30,5% del 2015 al 37,5% del 2016.

Le liste di attesa
I cittadini segnalano soprattutto tempi lunghi per accedere alle visite specialistiche, con una percentuale che è passata dal 34,3% del 2015 al 40,3% del 2016. Seguono, con il 28,1% delle segnalazioni, a quota 35,3% nel 2015, i lunghi tempi per gli interventi chirurgici. Al terzo posto, si piazzano gli esami diagnostici, con un aumento percentuale di segnalazioni, passate dal 25,5% del 2015 al 26,4% del 2016.
 

 

“Purtroppo – ha commentato Giovanni Monchiero, della commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati - le criticità sono sempre le stesse. Le liste di attesa sono un problema estremamente serio che non sono convinto si possa eliminare solo con un aumento dei fondi. Per più di 20 anni ho diretto aziende sanitarie pubbliche, constatando sempre che il privato riusciva a lavorare meglio. Per questo motivo credo che i privati che operano in modo serio possano essere un punto di riferimento da imitare”.
 
Ticket
Il 37,4% denuncia i costi elevati e gli aumenti relativi ai ticket per la diagnostica e la specialistica, mentre il 31% esprime disagio rispetto ai casi di mancata esenzione dal ticket, in aumento rispetto al 24,5% del 2015. Ma tra i costi insostenibili ci sono pure quelli di farmaci, intramoenia, Rsa e protesi ed ausili.
 


L’Assistenza territoriale
Per i cittadini l’assistenza sanitaria offerta a livello territoriale è peggiorata rispetto al passato.
“Il grande dramma dell’assistenza territoriale – ha sottolineato Gaudioso – sono le differenze enormi che si trovano da una città all’altra”. Il segretario generale di Cittadinanzattiva racconta la sua personale esperienza di padre e di cittadino per spiegare quanto queste disuguaglianze possano creare delle vere e proprie discriminazione, dividendo i malati in pazienti di serie A e pazienti di serie B.
 
“La settimana scorsa – ha detto Gaudioso – ho effettuato tutte le vaccinazioni obbligatorie a mia figlia, che ha 15 mesi. In quella stessa occasione il medico mi ha proposto anche le vaccinazioni non obbligatorie, alle quali ho acconsentito. Però, prima, da cittadino attivo ho posto molte domande al medico sui vaccini ai quali stavo sottoponendo mia figlia e lui ha puntualmente risposto in modo esaustivo a tutti i miei dubbi. Alla fine ero arrabbiato: la consapevolezza che non tutti i cittadini d’Italia possono usufruire di un servizio così eccellente mi provoca rabbia”.

Le difficoltà relative all’assistenza territoriale sono effettivamente in aumento, come testimonia lo stesso Rapporto Pit Salute: sono passate dall’11,5% del 2015 al 13,9% del 2016. In particolare, quasi un cittadino su tre, il 30,5%, segnala problemi con l’assistenza primaria di base, soprattutto per rifiuto prescrizioni da parte del medico, anche per effetto del decreto appropriatezza, e per l’inadeguatezza degli orari dello studio del medico di base.
 
"Gli infermieri – ha detto Pierpaolo Pateri, componente del Comitato centrale della Federazione Ipasvi - promuovono da tempo la figura dell'infermiere di famiglia di cui si auspicano la più ampia diffusione sul territorio nazionale e gestiscono ambulatori infermieristici territoriali che operano tra mille difficoltà. In primis la carenza numerica di professionisti, appunto, ma che andrebbero incrementati per rappresentare un punto di riferimento certo per la presa in carico dei pazienti fragili dimessi e per l'orientamento dei familiari e dei caregiver nella gestione dell'assistenza”.
 
Per il senatore Luigi Gaetti, componente della commissione Igiene e Sanità, medico con una carriera ospedaliera alle spalle lunga 29 ann, “il Ssn ha bisogno non solo di essere rifinanziato, ma anche riorganizzato. Da professionista sanitario - ha detto - credo che sia urgente la revisione del servizio ospedaliero e territoriale. Il personale sanitario è stato ridotto in maniera consistente, così come i contratti a tempo indeterminato. E tutto questo va contro alla qualità del sistema”.
 
Ed è dovuta proprio alla carenza di personale la seconda delle criticità riscontrate nell’assistenza territoriale. Per il 16,6% degli intervistati ci sono difficoltà all’interno delle strutture residenziali come Rsa e lungodegenze, a causa dei costi eccessivi della degenza, per quasi due su cinque, della scarsa assistenza medico-infermieristica, meno di uno su tre, e delle lunghe liste di attesa per l’accesso alle strutture, uno su cinque.

Il 15% ha problemi con la riabilitazione, in particolare in regime di degenza (45,4%): in due casi su cinque è valutato di scarsa qualità e in quasi un caso su quattro risulta assente per la carenza di strutture o posti letto. Poco meno del 30% incontra problemi con la riabilitazione a domicilio, che non si riesce ad attivare o che viene sospesa all’improvviso. Inoltre,il 14,3% segnala criticità nell’assistenza domiciliare: in un caso su tre non sanno bene come attivare il servizio, a causa della carenza di informazioni o delle difficoltà burocratiche, o addirittura l’assistenza domiciliare è del tutto assente nella loro zona di residenza.

“ll riconoscimento del lavoro del caregiver – ha commentato Patrizia Spadin, presidente Aima, l’Associazione Malati di Alzheimer – potrebbe risolvere molti dei problemi legati all’assistenza domiciliare. Solo così un malato che soffre di demenza può sperare di migliorare la sua qualità della vita. Bisogna puntare al miglioramento dei diritti che i pazienti hanno innanzitutto come persone, specialmente nei casi di patolgie croniche che richiedono cure continue”.

In aumento anche i problemi per l’assistenza protesica ed integrativa (dal 7,8 al 12,4%) sia per i tempi di attesa che per l’insufficienza delle forniture che li costringono a sostenere costi privati ulteriori.

Invalidità ed handicap: lunghe attese per il riconoscimento
Il 13,8% dei cittadini, in crescita rispetto al 2015, segnala disservizi per il riconoscimento che in più della metà dei casi risulta estremamente lento. In un caso su quattro l’esito dell’accertamento è considerato inadeguato alle condizioni di salute. E le attese non finiscono qui: troppo lunghi, per il 15,8% dei cittadini che si rivolge a Cittadinanzattiva, i tempi di erogazione dei benefici economici e delle agevolazioni.
 
“Per quanto riguarda la lentezza dell’iter burocratico, più della metà, il 52,6% - ha spiegato Raffaele Migliorini, coordinamento generale medico-legale Inps- riscontra problemi nella presentazione della domanda”. Il 18,5% lunghe attese per la convocazione a prima visita, in media 7 mesi. Ancora, il 14,8% attende troppo per la convocazione alla visita di aggravamento. Il 10,4% per la ricezione del verbale definitivo, in media 9 mesi, e per l’erogazione dei benefici economici, 12 mesi.

“L’attesa media per la valutazione delle domande per l’invalidità civile – ha continuato Migliorini - è di 65 giorni. I tempi per la visita richiesta dalla procedura toccano il picco di 45 giorni in Campania. Le domande presentate nel 2016 sono state 245 mila, in netto aumento rispetto agli anni passati”.

Il Rapporto Pit Salute dedica ampio spazio anche al rapporto tra il medico e il paziente. “Se deve esistere una relazione tra il medico e il paziente – ha detto Roberta Chersevani, presidente nazionale Fnmceo - allora deve esistere un rapporto anche tra le realtà che rappresentano le due categorie, i professionisti da un lato e i cittadini dall’altro. Ed è per questo che promuovo con forza questa collaborazione con Cittadinanzattiva. Chi lavora alla stesura di questo rapporto compie un lavoro importante di selezione e di filtro, perché non tutte le segnalazioni hanno ragione di esistere. Accade, infatti, anche che un cittadino, dopo essersi rivolto al Tribunale per i diritti del Malato, riesca a guardare la sua situazione da una nuova prospettiva. Molti comprendono anche di non essere affatto vittime di disservizi”.

Presunta malpractice, diminuiscono gli errori
In lieve diminuzione le segnalazioni su casi di presunta malpractice e sicurezza delle strutture: nel 2016 arrivano al 13,3% rispetto al 14,6% del 2015. La voce più rappresentata (47,9%) è quella dei presunti errori diagnostici e terapeutici, con alcune aree critiche che sono: per le diagnosi l’ambito oncologico (19%), ortopedico (16,4%), ginecologico ed ostetrico (12,4%); per la terapia, l’ortopedia (20,3%), la chirurgia generale (13,4%) e la ginecologia ed ostetricia (12,1%).
 
Cresce invece il dato sulle condizioni di sicurezza delle strutture (dal 25,7% al 30,4%) che riguardano soprattutto le disattenzioni del personale (13,6%), i casi di sangue infetto (5,4%) e le infezioni ospedaliere (5,4%).
 
Pronto soccorso in affanno e dimissioni facili
L’8,2% dei cittadini segnala problematiche nell’assistenza ospedaliera (88,2%) e nella mobilità sanitaria (11,8%). È soprattutto l’area della emergenza urgenza ad essere nel mirino delle lamentele delle persone che segnalano procedure di triage non trasparenti (42,9%) e lunghe attese al Pronto soccorso (40,5%).
 
Segue il tema dei ricoveri, su cui i cittadini denunciano spesso di vedersi rifiutato il ricovero (34,5%), o che lo stesso è avvenuto in un reparto inadeguato (21,4%) e ancora la mancanza di reparti e servizi (7,2%). In particolare ciò avviene in oncologia, ortopedia e neurologia. In aumento, rispetto al 2015, le segnalazioni sulle dimissioni: il 58,8% le reputa improprie, il 29,2% ha difficoltà ad essere preso in carico dal territorio dopo la dimissione, che non risparmiano nemmeno i malati nella fase finale della vita (11,8%).
 
Sul fronte della mobilità sanitaria, quando cioè la persona è costretta a spostarsi (di regione o all’estero) per avere cure adeguate, il 48,7% denuncia il ritardo nei rimborsi per le spese sostenute, il 30,8% la mancata autorizzazione da parte della Asl di riferimento.
 
Farmaci indisponibili nelle farmacie e non commercializzati in Italia
Il dato generale mostra una flessione (dal 5,8% al 4,2%), ma evidenzia alcuni fenomeni in aumento: crescono le segnalazioni del mancato accesso ai farmaci per l’epatite c (44,4%); il 24,2% segnala l’indisponibilità dei farmaci; il 18,3% la spesa privata che per molti diventa insostenibile, soprattutto per i farmaci di fascia C, per l’onere derivante dalla differenza di prezzo fra brand e generico, e per l’aumento del ticket. Le segnalazioni si riferiscono prevalentemente a farmaci di fascia A (48,5% nel 2016; + 10 punti % rispetto all’anno precedente).

Sono tutti dati preoccupanti per Filippo Fossati, della commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, quelli emersi dal Rapporto di Cittadinanzattiva: “il rilancio del Ssn dovrebbe puntare su una nuova forma di governo dell’intero Sistema - ha detto Fossati - È particolarmente grave finanziare il Ssn con una cifra più bassa rispetto agli accordi presi. Soprattutto perché credo nel valore degli accordi. Il definaziamento condanna i cittadini ad un abbassamento delle loro aspettative di vita, non è solo una questione economica”.
 
Ed invece, per Andrea Urbani, direttore generale della programmazione sanitaria del ministero della Salute, siamo di fronte proprio ad una questione di natura economica. Urbani difende il Ssn e le scelte fatte dalla classe politica: “i tagli lineari sono stati una cura necessaria. Qualche errore è stato sicuramente fatto, non lo nego. Ma i dati dimostrano che il Ssn, grazie a questi interventi, è in equilibrio. Allo stesso modo, solo un’analisi accurata della situazione attuale potrà suggerirci la quantità degli investimenti necessari e soprattutto dove indirizzare i fondi stanziati”.
 
Su quali siano le priorità per il rilancio del Ssn Cittadinanzattiva ha le idee chiare: “oltre a rafforzare gli interventi, le politiche sociali e attuare il Piano Nazionale della Cronicità – ha spiegato Aceti – è necessario rilanciare gli investimenti sul Ssn in termini di risorse economiche, di interventi strutturali per ammodernamento tecnologico ed edilizia sanitaria, nonché sul personale sanitario. E ancora una strategia nazionale nuova per governare tempi di attesa ed intramoenia, alleggerire il peso dei ticket e revisionare la disciplina che li regola tenendo conto anche dei cambiamenti sociali e dell’alto tasso di rinuncia alle cure. Tutto questo è necessario per dare risposte alle profonde disuguaglianze in sanità che ci vengono segnalate”.

La svolta per il Coordinatore nazionale Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva dovrà necessariamente arrivare con la prossima legislatura, oltre non si potrà più attendere. “Chi governerà – ha concluso Aceti - dovrà investire in modo mirato su personale, strutture e servizi. Non solo in termini di soldi, ma anche di innovazione, sia a livello organizzativo che tecnologico soprattutto dovrà mettere la parola fine alle disuguaglianze in sanità”.
 
Isabella Faggiano
12 dicembre 2017
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