Quando si parla di disuguaglianze, la prima cosa a cui si pensa è la povertà, l'emarginazione. Purtroppo, per molti, un problema percepito come lontano. Un qualcosa di cui si sente parlare, che ogni tanto fa storcere il naso ma che, alla fine, non è realmente affar loro. Molte persone non si rendono conto di come le ripercussioni del malessere sociale legate al degrado siano uno tsunami che butta giù tutto, anche le case più grandi e le proprietà più vaste. Ne sono un esempio l'America di Trump, e la Brexit degli inglesi - come ha spiegato
Michael Marmot, direttore dell' Institute of Health Equity - Realtà occidentali, figlie di questa “epidemia della disperazione” che, in Usa, si riflette anche nell'aumento della mortalità registrato negli ultimi anni. Se ne è parlato oggi a Roma, in occasione della presentazione del rapporto “'L'Italia per l'equità nella salute”, predisposto dal Ministero della Salute, Inmp, Agenas, Iss e Aifa.
“Un Unicum per tutto il Paese - spiega il Ministro della Salute
Beatrice Lorenzin -. Dopo una crisi economica di oltre 8 anni, che ha impattato fortemente sulle nostre dinamiche sociali, volevamo capire come si sviluppassero queste disuguaglianze, come fossero allocate per genere e appartenenza sociale e andare in profondità. In questo rapporto non ci siamo limitati alle analisi ma abbiamo formulato anche delle proposte concrete, da veri e propri interventi sulle liste di attesa alla prevenzione".
"L'Italia - prosegue il Ministro - è considerata il primo Paese a livello mondo per rapporto costo-efficacia (escluse Hong kong e Singapore che questione di dimensioni) per la qualità dei servizi erogati dal punto di vista assistenziale. E' un Paese che ha una copertura universalistica, che è uno degli obiettivi dati dal G7 Giappone, perché quasi nessun altro Paese ce l'ha. L'Ocse ci ha ampiamente promosso dal punto di vista sanitario. La preoccupazione è che le politiche messe in atto in questi anni non vengano calate nella realtà locali. Questo strumento serve a fare in modo che ciò non si verifichi perché sono previsti tutti gli elementi di monitoraggio e verifica specifica per evitare che questo accada. Le disuguaglianze sono sempre un qualcosa che uno pensa che non gli debba appartenere finché non capita proprio a lui. Lavorare contro le disuguaglianze significa lavorare anche per se stessi”.
Il rapporto arriva in risposta ad una richiesta dell'Europa, quella di capire perché le aspettative di vita variano così drasticamente tra i diversi Paesi dell'Unione, con un netto peggioramento nell'Est. L'Europa ha dunque chiesto ai paesi membri di interrogarsi per guardare all'interno del proprio Paese se ci fossero disuguaglianze di salute e se queste disuguaglianze fossero evitabili. E così l'Italia ha fatto: “l'11,9% delle famiglie italiane, oltre 7 mln, si trova in grave situazioni di deprivazione materiale, e tra questa ci sono 1 mln e 250 mila giovani under 18”, spiega
Concetta Mirisola, D.G. Istituto Nazionale Salute, Migrazioni e Povertà - INMP.
E tra i dati che più colpiscono c'è la variazione dell'aspettativa di vita, ad esempio, in funzione del titolo di studio: l'aspettativa di vita a 30 anni di un uomo laureato è più di 3 anni superiore dell'aspettativa di vita di un coetaneo solo con la scuola dell'obbligo. E attraversando l'Italia da Nord a Sud, a prescindere dal livello culturale si perde un anno di aspettativa di vita. Ma problema riguarda anche le singole realtà locali: ad esempio, a Torino è stato osservato che attraversando la città dalle aree collinari più ricche alle barriere operaie a Nord-ovest, ogni km che passa si perde mezzo anno di aspettativa di vita. “Quando si parla di perdere 3 anni di vita, vuol dire perderne 15 di qualità della vita, ovvero passare un terzo dell'età matura malato. Un costo immenso per un sistema sanitario, e l'Italia ha tutti gli anticorpi per poter sviluppare meglio politiche di prevenzione”, sottolinea Lorenzin.
Nel documento si trattano diversi argomenti: “Si parte dalla salute diseguale in Italia per passare all'analisi dei meccanismi che generano la salute diseguale, (determinanti sociali, barriere nell'accesso alle cure ec...) fino alle politiche di contrasto delle diseguaglianze evitabili con vere e proprie proposte di sistema – spiega Mirisola - Da oggi il documento è disponibile in revisione aperta sulla piattaforma pubblica imnp, tutti gli stakeholder potranno entrare, fare i propri commenti, e dare il proprio contributo per 2 mesi”.
Un messaggio di speranza e al contempo un monito arrivano da Marmot. “Se ci si concentra sui problemi, si può fare la differenza”, afferma. Senza peli sulla lingua, Marmot in passato è stato definito “antigovernativo” da chi non era d'accordo con le sue idee contro le da lui definite “politiche economiche regressive che alimentano la disuguaglianza, come quelle adottate anche in passato dagli UK che hanno portato dal 2011 a 2015 ad una diminuzione dell'aspettativa di vita, cui si lega – non a caso – un evento storico come quello della Brexit”.
Un altro esempio non virtuoso, secondo Marmot, quello degli Stati Uniti, dove l'aumento delle disuguaglianze ha portato a un incremento della mortalità. Tra le prime cause: “droga, alcol, suicidi e armi da fuoco, un'epidemia della disperazione che ha portato all'elezione di Trump, pur di vedere un cambiamento. Un'epidemia, tuttavia reversibile: prima arma, un aumento del livello di istruzione”. E ad alimentare le disuguaglianze, “i paradisi fiscali e le evasioni delle multinazionali. Stiamo attraversando tempi oscuri, ma il bene che è momentaneamente scomparso è più forte del male trionfante. Bisogna mettere l'etica davanti a tutto ciò che fate”.
Ad emergere dal dibattito, in primis l'importanza di costruire politiche della salute trasversali, e dunque di condividere dati e sistemi informatici che consentano di farlo: “Il programma guadagnare salute è stato il primo passaggio importante in Italia dove abbiamo provato a fare intersettorialità. E poi c'è stato il piano nazionale di prevenzione che deve scendere nei piani regionali e nelle attività locali. E poi il CCM”, spiega il segretario generale del Ministero della Salute
Giuseppe Ruocco.
E i progetti di ricerca europei sono numerosi. “Tra questi l'ISS per l'Italia coordinerà una grande “joint action on health” europea, che coinvolge 28 Paesi, un progetto focalizzato proprio sul contrasto delle disuguaglianze”, conclude il presidente Aifa
Stefano Vella.
Attilia Burke