La sanità è ancora alla ricerca dell’equilibrio tra la sostenibilità finanziaria e l’esigenza di erogare un servizio a tutela del fondamentale diritto alla salute.
A sostenerlo è la Corte dei Conti nella sua analisi della gestione finanziaria delle Regioni e delle Province autonome nel 2015.
E alla sanità la relazione dedica, “per il rilievo che occupa nei conti delle Regioni”, un approfondimento specifico. Il settore sanitario secondo la Corte, tra tutti gli ambiti di intervento pubblico, è tra quelli più monitorati ed esaminati sotto vari profili.
La relazione spiega che il quadro economico generale influisce sulle scelte in merito alle risorse da destinare alla tutela della salute. “Vi sono ancora margini di miglioramento dell’efficienza del sistema – si legge - carente soprattutto in alcune aree geografiche”.
Alle condizioni economiche generali (in via di miglioramento, ma non ottimali secondo la Corte) si aggiungono gli sforzi che devono essere compiuti per il risanamento di deficit formati negli anni passati e che, per le dimensioni che avevano raggiunto, non sono ancora completamente stati recuperati.
La riduzione dei disavanzi sta comunque procedendo (da 6 miliardi del 2006 a 1 miliardo nel 2015), “e ciò è incoraggiante e dimostra anche l’efficacia del sistema di monitoraggio e controllo posti in essere”.
I risultati però sono stati raggiunti secondo la Corte anche con maggiori sacrifici per i contribuenti, determinandosi, di fatto situazioni territorialmente diseguali, sia quanto a costi posti a carico dei cittadini, sia quanto a servizi prestati.
Incoraggiante è anche la diminuzione dei debiti verso i fornitori, anche se la situazione è ancora una volta differenziata e si deve tener conto che l’abbattimento del debito commerciale, per le Regioni che hanno ottenuto dallo Stato le anticipazioni di liquidità, significa anche un maggior irrigidimento del bilancio per i prossimi trent’anni, a causa delle rate di restituzione delle somme anticipate.
Il nodo del problema secondo la Corte, che potrà essere verificato solo nei prossimi esercizi, consiste nella capacità delle Regioni, a regime, di proseguire nel percorso di abbattimento delle passività correnti terminati gli effetti delle anticipazioni di liquidità. In altre parole, si tratterà di vedere se agli interventi straordinari che hanno immesso disponibilità finanziarie nel sistema per eliminare il debito pregresso siano corrisposti interventi strutturali in grado di evitare l’accumulo di nuovo debito.
Altra criticità è la mancata integrazione omogena dei conti sanitari con il bilancio regionale generale. Comunque il sistema sanitario italiano, pur con i problemi di tipo economico finanziario che lo caratterizzano, e anche se con ampi margini di miglioramento quantitativi e qualitativi delle prestazioni erogate, a confronto con i principali Paesi europei resta un ottimo Servizio sanitario, come testimoniato dagli indicatori OCSE finanziari e di qualità.
Ma una delle principali criticità sottolineate dalla Corte dei conti è il cronico ritardo nella definizione del riparto del finanziamento del fondo sanitario nazionale.
“I finanziamenti – sottolinea la relazione - dovrebbero essere individuati e trasferiti con congruo anticipo rispetto all’inizio dell’esercizio, per consentire alle Regioni di effettuare un’adeguata programmazione delle risorse e delle attività dei propri Servizi sanitari regionali, cui conseguono i necessari adempimenti contabili di accertamento e di impegno. Invece, la mancata tempestività nella ripartizione delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale comporta varie conseguenze negative. In primo luogo, l’azione di efficientamento del sistema sanitario, spinta dalle misure di contenimento della spesa, spesso concretizzate in meri tagli lineari, trova ostacolo nella mancanza di certezza delle risorse disponibili. Ciò finisce per riverberarsi sulla quantità e qualità di un servizio essenziale per la tutela della salute. Inoltre, sotto il profilo contabile, si evidenzia un’incidenza sulla corretta applicazione della disciplina armonizzata, che prescrive l’immediato accertamento e impegno delle somme che finanziano il servizio sanitario, e sulla chiarezza della rappresentazione contabile nel bilancio regionale”.
Nel 2016, la spesa sanitaria in termini di contabilità nazionale è stata di 112,5 miliardi, in crescita di 1,3 miliardi rispetto all’anno precedente, con un incremento percentuale (+1,2%) inferiore al tasso di crescita nominale del Pil (+1,6%), che ha determinato una revisione dell’incidenza della spesa sanitaria sul Pil, in flessione dal 6,8% (secondo la stima del Def 2016) al 6,7%.
Anche per il 2016, come per l’anno precedente, fattore determinante di crescita della spesa secondo la Corte è stato il consumo di farmaci innovativi utilizzati in ambito ospedaliero e in distribuzione diretta, il cui maggiore costo riflette il più alto valore aggiunto in termini di ricerca scientifica e tecnologica, mentre si sono dimostrate efficaci le politiche di contenimento delle altre principali componenti del conto consolidato della sanità: il costo del lavoro, in diminuzione dello 0,5% rispetto al 2015, i consumi intermedi, che al netto della componente farmaceutica aumentano del 2,3% (mentre crescono del 4,2% al lordo della spesa farmaceutica), e l’acquisto di prestazioni sanitarie dagli Enti privati accreditati al SSN (+1,1%).
L’incidenza della spesa farmaceutica complessiva (territoriale e ospedaliera) accertata da Aifa – la relazione riporta il dato dell’Agenzia del farmaco - è stata pari, nel 2015, al 16,52% del Fsn, superiore quindi di 1,7 punti percentuali al tetto programmato (14,85%), con uno scostamento assoluto di 1,8 miliardi. Solo il Veneto (14,38%) e le Province autonome di Trento (13,27%) e di Bolzano (13,67%) hanno una spesa inferiore al 14,85% dei rispettivi Fondi sanitari regionali. All’apice dell’incidenza sul Fsr troviamo la Regione Sardegna (20,76%), seguita da quattro Regioni in piano di rientro (Puglia, Abruzzo, Campania, Calabria), nelle quali si registra un’incidenza ricompresa tra il 17,9% e il 18,8% del Fsr.
Scostamenti minimi rispetto al tetto programmato si riscontrano, invece, in Piemonte (15,29%), Emilia-Romagna (15,36%), e Lombardia (15,41%). Tra le prime 6 Regioni che spendono complessivamente di più per i prodotti farmaceutici, vi sono quattro Regioni che hanno registrato i più alti livelli di spesa farmaceutica ospedaliera (in ordine decrescente: Toscana, Sardegna, Abruzzo, Puglia).
Nel settore sanitario permane il ritardo nella definizione del riparto del finanziamento del fondo sanitario nazionale. Prosegue il percorso di riduzione dei disavanzi: da -6 miliardi nel 2006 a -1 miliardo nel 2015. Anche il debito verso i fornitori continua a decrescere, da 34,2 miliardi del 2012 a 22,9 miliardi del 2015. La spesa farmaceutica ha invece, secondo il monitoraggio dell'Aifa, toccato nel 2015 i 18 miliardi (+1 miliardo rispetto al 2014), sforando nuovamente il tetto di spesa previsto. L'eccedenza è imputabile essenzialmente alla farmaceutica ospedaliera. Nei primi dieci mesi del 2016 già si è rilevata una spesa superiore a quella programmata. Numeri questi che comunque, concludono i giudici contabili, non intacca i livelli di assistenza sanitaria che per la Corte dei Conti resta "adeguata".
Dal punto di vista dei risultati di cassa della spesa corrente sanitaria nel periodo 2012-2015, in valori assoluti, si registra, nel 2015, un incremento nei pagamenti pari a circa 1,4 miliardi di euro, rispetto al 2012 e una riduzione rispetto al 2013, anno in cui si era rilevato un incremento della spesa di circa 4,6 miliardi, rispetto all’esercizio precedente.
L’incidenza della spesa sanitaria corrente, in termini di cassa, sulla spesa corrente totale passa al 74,81%, riducendosi rispetto al 2014 (-1,29 punti percentuali). La dinamica registra un incremento medio nel quadriennio dello 0,55%, con una flessione dello 0,15% nel 2015 sul 2014, mentre la riduzione era stata più consistente con riferimento al 2013.
Con riferimento alle sole Regioni sottoposte a piani di rientro, nell’analisi della gestione di cassa della spesa sanitaria corrente, nel quadriennio si osserva che i pagamenti crescono in media dell’1,06%, con una flessione del 6,25% nel 2015 rispetto al 2014.
Nel quadriennio, gli aumenti maggiori dei pagamenti, per spesa corrente sanitaria, si riconducono a Abruzzo (+22,32%), Molise (+14,46%) e Regione siciliana (+27,95%). Il maggior decremento, invece, si riscontra in Puglia, che registra nel quadriennio una flessione media pari al 5,61%, e dell’11,21% nel 2015 rispetto al 2012. La spesa sanitaria corrente, in termini finanziari, delle Regioni in Piano di Rientro (nel 2015, circa 54,4 miliardi) incide sulla corrispondente spesa nazionale per il 47,55%, mentre pesa sul totale della spesa corrente dell’insieme delle Regioni/Province autonome per circa il 35,58%.
In leggera diminuzione l’incidenza, nel quadriennio, sulla spesa corrente complessiva (-0,32 punti percentuali), mentre il rapporto con il totale della spesa sanitaria corrente flette nel 2015 (47,55%, contro il 50,65% del 2014), con un valore che torna su livelli vicini a quelli registrati all’inizio del periodo considerato (47,08%).