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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Studi e Analisi

Liberalizzazione delle professioni e Ordini. Il commento di Lepre (magistrato) sulla manovra bis

immagine 23 agosto - Antonio Lepre, magistrato ordinario presso il Tribunale di Napoli, commenta per Quotidiano Sanità l’art. 3 della manovra bis sulla liberalizzazione delle professioni e gli Ordini professionali.
L’art 3 del decreto legge n. 138/2011 (la manovra di ferragosto) al quinto comma si occupa degli ordini professionali in generale, ivi compresi quindi quello dei medici e farmacisti.
Ma è bene partire dal primo comma, cioè dall’inizio per capire il livello a cui il nostro legislatore è giunto: dalla politica degli annunzi ai decreti legge degli annunzi….
Il primo comma, infatti, annunzia che prima o poi si farà una riforma dell’art. 41 Cost. sulla libera iniziativa economica: quando, in che modo e che bisogno c’è di scriverlo in una norma ordinaria?! In secondo luogo, afferma che, nel frattempo, Comuni, Province, Regioni, Stato adegueranno i propri ordinamenti al principio (oppure slogan?) che è permesso tutto ciò che non è vietato: un altro annunzio ai cittadini elettori, basti pensare al fatto che lo Stato è lo stesso legislatore, sicché quest’ultimo dice a se stesso che entro un anno farà quello che avrebbe potuto fare subito…
 
Ma la cosa simpatica è un’altra: il testo del decreto è di rara ambiguità. Infatti, annunzia che il principio di libertà economica si applicherà “nei soli casi di: a) vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario…; b) contrasto coi principi fondamentali della Costituzione….; c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana…; d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, conservazione delle specie animali (…) dell’ambiente…; e) disposizioni che comportano effetti sulla finanza pubblica….”.
Cosa ha voluto dire il legislatore? Che il predetto principio/slogan di libertà deve applicarsi in tutti questi settori? Cioè si è inteso affermare che è permesso tutto ciò che non è vietato nel campo della protezione della salute umana e dell’ambiente, della libertà e dignità umane? Ebbene, il significato letterale della norma sembra un po’ anomalo per evidenti ragioni: pare quanto mai singolare dire che nel settore della salute si possa fare ciò che si vuole…Infine, quale principio opererebbe per tutti i settori esclusi dalla descritta elencazione? Per gli altri settori si da per scontato che il principio di libertà già operi oppure si presume tutt’altro?
Forse, vista la inverosimiglianza della prima interpretazione, il frettoloso legislatore ha scambiato la regola con l’eccezione, atteso che i settori predetti dovrebbero costituire l’eccezione al principio di libertà economica e non già il suo campo di elezione. Ed è interessante notare come il comunicato FOFI pare dia per scontato che quei settori siano l’eccezione e non già la regola, sorvolando benevolmente sull’imbarazzante refuso.
Questo è il contesto in cui si inserisce il comma 5, che coerentemente annunzia che nel futuro dovranno riformarsi gli ordini professionali entro 12 mesi nel rispetto di principi elencati come una sorta di lista della spesa (ad esempio, è previsto – sempre nel futuro – un equo compenso per i tirocinanti, la pattuizione scritta dell’onorario dovuto al professionista, l’istituzione di organi di disciplina ad hoc).
 
Nell’ottica dei medici, la previsione più interessante è quella secondo cui (ma sempre nel futuro cioè una volta che si attuerà la riforma: almeno così pare di capire) “a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall’esercizio dell’attività professionale”. Sembrerebbe trattarsi di una sorta di assicurazione obbligatoria per i giudizi di responsabilità, il che potrebbe anche essere una cosa corretta in astratto, ma non certo per come è concepita, posto che l’obbligo sembra gravare sul solo professionista (e poi grava – come sembrerebbe - solo su chi esercita la libera professione oppure anche sul medico dipendente di struttura pubblica o privata ?)
Infatti, non è previsto un meccanismo di assicurazione obbligatoria come nella r.c.a. tradizionale. Non si prevede cioè l’obbligo delle compagnie assicurative di stipulare la polizza assicurativa e un conseguente sistema di controlli pubblici: tale obbligo incombe solo sui professionisti. Come dire, questi ultimi rischiano di dover letteralmente andare, per così dire, “a caccia” della migliore offerta di contratto, il che significa esporli potenzialmente a costi enormi considerato l’eterno e surrettizio stato di immobilismo (per non dire di cartello) che cateterizza il sistema assicurativo: l’agnello tra i lupi. Dove ictu oculi l’agnello sono i medici e i lupi le imprese assicurative.
E’ da augurarsi che almeno su questo il legislatore ci ripensi e che l’ordine professionale dei medici giustifichi la sua esistenza facendo sentire la propria voce: non si può prevedere un obbligo di assicurazione per il medico in modo così generico, confuso e non garantista per il professionista in un sistema economico bloccato come quello italiano e dove è quasi del tutto assente ogni seria competizione tra le varie compagnie assicurative.
La norma, poi, concede che le condizioni delle polizze potranno essere negoziate dai Consigli nazionali e degli enti previdenziali delle rispettive categorie: norma inutile, posto che già pacificamente lo potevano fare e spesso già lo facevano.
Nel contempo, si conferma l’eliminazione dell’obbligo dei c.d. minimi tariffari, altro slogan sbandierato come liberalizzazione (fu una delle infauste “lenzuolate” dell’allora ministro Bersani,  che tutto fece tranne che liberalizzare in senso proprio). Chi ha un minimo di conoscenza di cosa sia accaduto nel settore degli affari legali, sa bene che la c.d. liberalizzazione delle tariffe è stato l’ennesimo regalo fatto dal legislatore alle due realtà economiche che già dominano il mercato: le assicurazioni e le banche. Tali soggetti, infatti, il giorno dopo l’eliminazione dei minimi tariffari hanno convocato i propri legali e professionisti vari (anche medici) e hanno detto loro molto semplicemente: o firmi l’accordo su un compenso spesso semi irrisorio oppure sei fuori. E’ inutile dire quale sia stata la risposta della stragrande maggioranza dei professionisti, specie in un periodo in cui avere come committente una assicurazione o una banca rappresenta spesso la vera unica fonte di guadagno… I singoli cittadini/clienti, infine, non hanno avvertito alcun beneficio da questa pseudo liberalizzazione, posto che il singolo sceglie il professionista al 99% in base a valutazioni basate soprattutto se non esclusivamente sulla fiducia personale.
 
Insomma, dal decreto sulla liberalizzazione si evince che: a) il legislatore un giorno farà qualcosa e nel frattempo sbaglia a scrivere in italiano; b) gli ordini professionali non solo non sono abrogati, ma anzi vengono, in una certa misura, valorizzati nella loro funzione parapubblicistica, prevedendo l’obbligo di creare organismi di disciplina ad hoc; c) in ogni caso, le vere riforme degli ordini si faranno entro 12 mesi, periodo sufficiente perché intervengano altre leggi; d) in questa Babele di annunzi, si coglie l’occasione per confermare i favori alle lobbies veramente forti del mercato, rassicurandole sul fatto che entro 12 mesi avranno un nuovo grazioso dono.
 
L’assenza della Politica e di una cultura dietro di essa è vistosa, il Paese è letteralmente in pasto alle varie corporazioni con danni enormi al cittadino di tutti i giorni, ivi compreso il medico, il farmacista, l’avvocato, il giudice e il bottegaio che quotidianamente svolgono con onestà il loro mestiere.
Cadono le braccia, verrebbe da dire: game over, partita chiusa.
Ma chi scrive è napoletano, e allora ben allenato alle difficoltà del vivere e da ultimo anche avvezzo a muoversi tra cumuli di spazzatura non solo simbolici ma maleodoratamente concreti e Napoli insegna a tenere duro e a sperare sempre con dentro il cuore il grande Eduardo: adda passà ‘a nuttata…
 
Antonio Lepre (Magistrato)
 
23 agosto 2011
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