Si arresta l’aumento della vita media. E, nonostante per longevità restiamo ancora secondi in Europa dopo gli spagnoli, il tasso di sopravvivenza in buone condizioni di salute però non ci vede tra i primi nel continente. Continua però la discesa della mortalità infantile, per tumori e anche la mortalità per demenze e malattie del sistema nervoso tra gli anziani torna a diminuire dopo l’incremento osservato nei due anni precedenti. Migliora lievemente la percentuale di adulti in sovrappeso e il consumo di frutta anche se l’alta sedentarietà rimane un problema. Torna a crescere lievemente il consumo di alcol in gran parte dovuto all’aumento del fenomeno del binge drinking tra i giovani. È questa la fotografia principale del capitolo dedicato alla Salute dell'edizione 2016 del rapporto Bes dell’Istat sul "Benessere equo e sostenibile in Italia".
Nel 2015 la speranza di vita alla nascita in Italia è di 82,3 anni (nel 2014 era 82,6). Il nostro Paese è tra i più longevi d’Europa, nel 2014 secondo solo alla Spagna (ultimo dato Eurostat disponibile). “Nel 2015 – fa notare però il Rapporto - si osserva una leggera riduzione della vita media alla nascita, dovuta a una combinazione di oscillazioni demografiche e di fattori congiunturali di natura epidemiologica e ambientale”.
Sempre ai vertici in Europa. Nel 2014 l’Italia continua ad essere tra i paesi più longevi in Europa (83,2 anni), seconda solo alla Spagna, con un vantaggio di oltre due anni di speranza di vita rispetto alla media europea (80,9 anni). Tra gli uomini i più longevi sono gli abitanti di Cipro (80,9 anni di vita attesa), cui seguono gli italiani (80,7 anni). Per le donne l’Italia si posiziona al terzo posto (85,6 anni), dopo Spagna (86,2 anni) e Francia (86,0 anni).
Si vive a lungo ma non sempre in buone condizioni di salute. Tuttavia l’elevata longevità in Italia non è accompagnata da analoghi livelli della sopravvivenza in buone condizioni di salute. In Italia la speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni è di circa un anno inferiore alla media europea (8,6 anni per entrambi i generi) ed è simile a quella di Grecia, Slovenia e Austria; mentre alcuni paesi del Nord Europa (quali Svezia, Irlanda, Danimarca, Lussemburgo), ai quali si aggiunge Malta, presentano livelli più elevati .
Tasso di mortalità infantile in Italia è da anni tra i più bassi in Europa. Nonostante il continuo miglioramento di questo indicatore negli ultimi anni, alcuni paesi nel 2014 presentano tassi di mortalità infantile ancora relativamente alti (Romania 8,4 morti ogni 1.000 nati vivi e Bulgaria 7,6). Nel 2014, i tassi di mortalità infantile più bassi sono stati registrati, invece, a Cipro (1,4 morti ogni 1.000 nati vivi), in Slovenia (1,8) e in Svezia (2,2); l’Italia segue a breve distanza con quasi 3 decessi nel primo anno di vita per 1.000 nati vivi.
Disturbi mentali: italiani tra i meno ansiosi e depressi nella Ue. Rispetto ad altri paesi europei, si evidenzia una posizione favorevole per l’Italia, con una percentuale di persone di 15 anni e più con disturbi depressivi pari al 4,3% a fronte di una media europea del 6,8%. Ad eccezione della Finlandia i disturbi depressivi si confermano essere più diffusi tra le donne: per l’Italia la stima si attesta al 5,3% tra le donne e al 3,3% tra gli uomini.
Fumo e sovrappeso: Italia con i valori tra i più bassi in Europa. Rispetto a fattori di rischio per la salute quali l’abitudine al fumo e l’eccesso di peso, l’Italia si colloca tra i paesi con i valori più bassi per entrambi gli indicatori. In particolare si fuma meno solo nei paesi del nord Europa, in Lussemburgo e in Portogallo, mentre è in Francia, Italia, Svezia e Austria che si rileva la percentuale più bassa di adulti in eccesso di peso.
Il quadro nazionale: nel 2015 cresciuti i decessi a causa di influenza ed estate torrida. Come detto la speranza di vita alla nascita mostra per la prima volta nel 2015 una lieve flessione, dopo il lento ma costante incremento registrato negli ultimi dieci anni. Nel 2014 la vita media attesa aveva raggiunto il valore massimo di 82,6 anni (superando per la prima volta la soglia degli 80 anni per gli uomini e raggiungendo gli 85 anni per le donne) mentre nel 2015 scende a 82,3, valore più prossimo a quello registrato nel 2013, secondo le stime Istat. “Il 2015 – sottolinea l’Istat - è stato del resto un anno caratterizzato da un incremento dei decessi, in parte dovuto all’invecchiamento della popolazione e in parte ad un effettivo incremento dei livelli di mortalità, imputabile a fattori congiunturali legati a contesti epidemiologici particolari (ad esempio sindromi influenzali) e a contesti climatici atipici, come l’estate particolarmente torrida. Va considerato inoltre che i due anni precedenti (2013 e 2014) sono stati caratterizzati da livelli di mortalità particolarmente bassi, che hanno favorito la presenza nella popolazione del 2015 di individui in condizioni di maggiore fragilità (soprattutto anziani e molto anziani)”.
In ogni caso si evidenzia come “l’incremento straordinario di mortalità nel 2015 è stato peraltro osservato anche in altri paesi (ad esempio Francia, Spagna, Inghilterra), con riferimento agli stessi periodi dell’anno”.
Ma i primi dati del 2016 mostrano mortalità in diminuzione. L’ipotesi dell’importanza dei fattori congiunturali eccezionali viene inoltre confermata dai più recenti dati del bilancio demografico mensile dell’Istat, che mostrano per i primi mesi del 2016 una mortalità nuovamente in diminuzione.
Speranza di vita in buona salute in aumento. La maggiore mortalità nel 2015 non ha determinato un impatto negativo sugli indicatori che combinano la speranza di vita con le condizioni di salute riferite: la speranza di vita in buona salute alla nascita si attesta nel 2015 a 58,3 anni (era pari a 58,2 nel 2013 e nel 2014). Migliora in misura significativa nel 2014 e nel 2015, rispetto al 2013, la speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni, che si attesta a 9,7 anni nel 2015, rispetto a 9,2 anni del 2013.
Sempre in calo la mortalità infantile. Nel 2013, l’indicatore selezionato per monitorare la mortalità infantile in Italia continua a diminuire, è sceso infatti a 29,6 decessi per 10.000 nati vivi, contro il valore di 30 del 2012. Contribuisce alla diminuzione del tasso la maggiore riduzione della mortalità infantile dei bambini di genitori stranieri residenti in Italia (15% dei decessi nel primo anno di vita), sebbene i tassi di mortalità infantile siano ancora lievemente superiori rispetto a quelli dei cittadini italiani.
Meno morti tra giovani a causa di incidenti stradali. La mortalità dei giovani per incidenti da mezzi di trasporto, che rappresenta quasi la metà dei decessi tra i giovani di età compresa tra 15 e 34 anni, continua a mostrare un andamento decrescente, dal 2012 al 2013 passa da 0,8 a 0,7 decessi per 10.000 residenti di 15-34 anni.
Scendono le morti tra i 20 e i 64 anni causate da tumore. Nelle età centrali della vita, tra i 20 e i 64 anni, la mortalità per i tumori maligni è ulteriormente diminuita tra il 2012 e il 2013, passando da 8,9 a 8,6 decessi per 10.000 residenti. Si tratta di decessi in parte evitabili con interventi di prevenzione primaria - volti alla riduzione della diffusione dei fattori di rischio di insorgenza - e con la prevenzione secondaria basata su controlli ed esami diagnostici. Nelle età più avanzate della vita, le demenze e le malattie mentali sono patologie diffuse e con un trend in crescita, associato al progressivo invecchiamento della popolazione.
In calo la mortalità causata da demenze. Dopo un periodo di tendenziale aumento dei tassi standardizzati di mortalità oltre i 65 anni per demenze e malattie del sistema nervoso, nel 2013 si assiste ad un’inversione del trend con un forte declino di questo indicatore, che assume il valore di 25,8 decessi per 10.000 abitanti, il più basso del quinquennio precedente per entrambi i generi (fatta eccezione per il valore del tasso maschile del 2010).
Dopo 10 anni scendono le persone in eccesso di peso. Nel 2015, per la prima volta negli ultimi 10 anni, la percentuale standardizzata di persone di 18 anni e più in eccesso di peso scende al 43,2%, con un calo di oltre un punto rispetto al 2014. Tuttavia il calo riguarda prevalentemente la quota di adulti in sovrappeso, mentre la percentuale di obesi rimane stabile (9,3% nel 2015). A questa riduzione non si accompagna una diminuzione nella percentuale di popolazione sedentaria, che nel 2015 rimane stabile al 39,7% delle persone di 14 anni e più. Considerando un arco temporale più ampio, il calo evidenziato per i sedentari rimane comunque molto contenuto: rispetto al 2005 è di appena 1,5 punti percentuali. Con questi ritmi appare difficile raggiungere gli obiettivi enunciati dall’Oms (ovvero la riduzione del 10% della quota di quanti svolgono un’attività fisica insufficiente entro il 2025), senza attivare ulteriori interventi e politiche efficaci.
Aumenta consumo frutta e verdura. Dopo anni di stabilità, il consumo di quantità adeguate di frutta e verdura aumenta leggermente, soprattutto tra le donne, tuttavia complessivamente tale quota non raggiunge nemmeno un quinto della popolazione di 3 anni e più (18,8%).
Stabili i fumatori. Dopo un lungo trend di graduale diminuzione, rimane stabile nel 2015 la proporzione standardizzata di fumatori (il 20,2% delle persone di 14 anni e più). Nonostante la battuta d’arresto, l’Italia può aspirare a raggiungere il target indicato dall’Oms, che ha fissato 30% la soglia minima di riduzione della proporzione di fumatori entro il 2025: per l’Italia significa che la quota di fumatori dovrebbe scendere di poco più di 2 punti percentuali. Altri indicatori confermano il trend positivo di lungo periodo: il numero medio di sigarette fumate al giorno è in calo (da 13,1 nel 2005 a 11,6 nel 2015) così come i forti fumatori (almeno 20 sigarette al giorno fumate) che scendono a 4,3% per 100 fumatori nel 2015.
Alcol: annullati nel 2015 i miglioramenti dell’anno passato. Per quel che riguarda l’indicatore sul consumo a rischio di alcol (consumo abituale che supera le soglie specifiche per genere e fasce di età e binge drinking), nel 2015 si annulla il miglioramento registrato lo scorso anno, con il 16,4% delle persone di 14 anni e più che presenta abitudini di consumo di alcol considerate a rischio. L’analisi disgiunta delle due componenti dell’indicatore mostra che tale crescita è dovuta esclusivamente all’aumento del binge drinking (da 6,9% nel 2014 a 7,8% nel 2015), poiché rimane stabile la percentuale di persone che consumano alcol oltre le quantità giornaliere raccomandate. Il divario tra il Nord e il Mezzogiorno, nel 2015 torna ad acuirsi a causa dell’aumento rilevato al Nord e al Centro. Le regioni nelle quali il consumo a rischio è maggiormente diffuso rimangono la Valle d’Aosta (24,3%), il Friuli-Venezia Giulia (22,2%), il Trentino-Alto Adige (21,3%) e la Sardegna (21,0%); tra queste l’unica in cui si registra una diminuzione consistente è il TrentinoAlto Adige, che nel 2015 sperimenta la percentuale più bassa dal 2007. Particolare attenzione merita il monitoraggio del binge drinking tra i più giovani, le percentuali più elevate si osservano tra i maschi di 20-24 anni (23,7%), di 25-29 anni (20,1%) e di 30-34 anni (19,5%). In queste fasce di età si osserva un incremento di circa 2 punti percentuali rispetto al 2014.