Si tratta, sottolinea l’Istat, di disabili che vivono in famiglia, ai quali si aggiungono gli oltre 190 mila (pari allo 0,4% della popolazione italiana) che vivono in istituto.
Dall’indagine emerge uno svantaggio tutto al femminile: il 66,2 per cento delle persone con disabilità sono donne, 1 milione 700 mila. Le differenze di genere, dovute in parte alle maggiori aspettative di vita, come evidenzia il fatto che entro i 65 anni i tassi maschili e femminili sono molto vicini.
Insomma, la disabilità, in Italia, è soprattutto una questione di età. Il 18,7% degli italiani oltre i 65 anni è disabile e il tasso, come accennato, si impenna al 44% dopo gli 80 anni.
A livello territoriale, si evidenzia un quadro fortemente disomogeneo: il tasso standardizzato, infatti, indica che la disabilità è più diffusa nell’Italia insulare (6,2% della popolazione) e nel Sud (5,8%) mentre al Nord la percentuale di persone con disabilità supera di poco il 4%. Se si prendono in considerazione le singole Regioni, al top troviamo la Sicilia (6,5%), la Puglia (6,2%), Molise e la Calabria (entrambe 6%). Di contro, valori più bassi si registrano nella P.A. di Bolzano e in quella di Trento (entrambe al 3%).
Le differenze territoriali diventano poi enormi se si investiga la percentuale di disabile che vive in istituti assistenziali. Anche in questo caso si tratta per lo più di anziani, e i livelli che dal 7 per mille del Nord-est e 6 per mille del Nord-ovest all’1 per mille del Sud e delle Isole. Un fenomeno che, spiega l’Istat, può dipendere in parte dall’offerta sul territorio di strutture residenziali, ma anche dalle diverse strutture familiari esistenti nelle Regioni, dagli atteggiamenti culturali, o, più verosimilmente, dall’interazione di questi fattori.
Circa 700 mila disabili presentano delle difficoltà motorie e sono oltre 370 mila coloro che affermano di avere difficoltà a espletare le principali attività di cura personali e di vita quotidiana.
Sono 217 mila colore che problemi di vista, di udito o di linguaggio, 1 milione e 25 mila dichiarano di avere difficoltà in due delle tre aree prese in esame.
Trattandosi soprattutto di anziani, non stupisce che il 43,9% delle persone con disabilità sia in pensione. Tuttavia, c’è una quota del 21,8% inabile al lavoro, mentre solo il 3,5% è occupato e lo 0,9% cerca un’occupazione.
Tra i disabili in età lavorativa, quelle con una difficoltà nella vista, nell’udito o nella parola hanno la percentuale di occupati più alta (16,3%), così come è più alta la percentuale di persone in cerca di occupazione in questa classe di disabili (4,3 per cento).
L’associazione tra presenza di disabilità e morbilità cronica è molto forte in quanto le patologie croniche possono essere sia la causa dell’insorgenza della disabilità, sia una conseguenza di deficit funzionali determinati da altri eventi. Le persone con disabilità presentano dunque condizioni di salute nettamente peggiori rispetto alla popolazione non disabile.
Ben il 62,2% delle persone con disabilità è colpito da tre o più patologie croniche ed oltre la metà (59,4%) ha almeno una malattia cronica grave; solo il 9,9 per cento non dichiara di essere affetto da patologie croniche. Tra i non disabili la quota di persone con più patologie croniche o in precarie condizioni per la presenza di patologie gravi è decisamente più contenuta: il 12,3% presenta una comorbilità di tipo cronico e l’11,6 per cento dichiara di soffrire di almeno una patologia grave. Questa distanza, pur essendo influenzata dalla maggiore presenza di anziani nella popolazione disabile, è molto forte anche nella popolazione fino ai 64 anni.
Gli elevati livelli di morbosità riscontrabili determinano inevitabilmente un maggiore ricorso ai servizi socio-sanitari. Il 51,8% delle persone con disabilità ha effettuato almeno una visita nelle quattro settimane precedenti l’intervista, contro il 25,8% della popolazione senza disabilità, con un numero medio di visite, nello stesso periodo di riferimento, di 2,2 nei primi a fronte di 1,7 nella popolazione senza disabilità. Su 100 persone con disabilità di 6 anni e più le consultazioni presso un medico generico sono state circa 69 a fronte delle 20 effettuate dalla popolazione senza disabilità. La fruizione di visite specialistiche da parte di persone con disabilità è pari al doppio di quella osservata nel resto della popolazione: 46 visite specialistiche a fronte di 23 della popolazione libera da disabilità.
Anche in questo caso le fasce di età hanno una forte influenza: tra i giovani disabili di età compresa tra i 6 e i 24 anni, la quota di coloro che hanno effettuato almeno una visita specialistica scende è del 15% (è dell’11% della popolazione senza disabilità). Tra gli ultraottantacinquenni i valori sono rispettivamente pari a 21% e 15%.
L.C.