Presentati ieri, per la prima volta in versione integrale, in una seduta pubblica del Comitato Centrale Fnomceo, alla presenza di parlamentari e rappresentanti del Ministero della Salute e delle principali Istituzioni sanitarie, i risultati dell’indagine condotta dalla
Fnomceo in collaborazione tra
Slow Medicine, che ha coinvolto un campione di 4263 medici (dei quali 3688, più di uno su cento dei 354831 medici italiani, hanno risposto a tutte le domande) sul tema di: come reagisce il medico di fronte alla richiesta, da parte del paziente, di esami, trattamenti, procedure ritenuti non necessari o inappropriati?
Il questionario – elaborato sul modello di quello impiegato in USA da Abim Foundation, l’Associazione promotrice della campagna Choosing Wisely – è stato diffuso negli ultimi mesi del 2015
Dalla ricerca emerge come i medici che hanno partecipato appaiono consapevoli del fenomeno e del proprio ruolo nell’affrontarlo, pronti ad assumersi responsabilità e con le idee chiare sugli strumenti e sulle modalità. E se il 44% dichiara di ricevere, più volte a settimana se non ogni giorno, richieste di esami e trattamenti non necessari, il 66% afferma che i pazienti seguono sempre, quasi sempre o spesso il loro consiglio e non vi si sottopongono. I più bersagliati dalle richieste “inappropriate” sono i medici di famiglia, che sono però anche quelli che sembrano fare più fatica a farsi ascoltare dai pazienti.
Infatti se il paziente non è convinto e insiste, il 36% dei medici rispondenti dichiara di prescrivere un test, un trattamento o una procedura pur ritenendolo inutile e il 20% si dichiara incerto.
Tra gli strumenti utili a convincere i pazienti, i medici mettono al primo posto (88%) il tempo per la relazione di cura, per il dialogo e la discussione, il poter disporre di materiale EBM (evidence based) “sulla scrivania”, per poter meglio illustrare le motivazioni e aiutare il paziente a scegliere (84%); a seguire, interventi a livello legislativo, primo tra tutti la riforma della legge sulla responsabilità professionale (83%).
“Emerge a più livelli un contesto di sofferenza della Professione del Medico – ha commentato la senatrice
Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato – a partire dalla formazione dei medici, dallo scollamento tra insegnamenti accademici e pratica clinica, per arrivare al modellarsi dell’opinione dei pazienti, sempre meno inclini ad ascoltare il medico o a fidarsi delle evidenze scientifiche, e sempre più attirati dai canti delle sirene di internet e dei social network. Per questo è importante una risposta dei medici, pronti a riaffermare in maniera forte il proprio ruolo”.
Prossimo passo, un’analoga ricerca ma condotta, questa volta, sui pazienti: i risultati saranno presentati a ottobre.
Qui di seguito l’abstract a cura di Sandra Vernero e di Guido Giustetto, promotori – rispettivamente per Slow Medicine e per Fnomceo – dell’iniziativa.
L’indagine, condotta in collaborazione tra Slow Medicine e Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri negli ultimi mesi del 2015, si è basata sul questionario impiegato da ABIM Foundation presso i medici USA nel 2014.
I risultati dell’indagine italiana non sono confrontabili con quelli USA perché gli approcci utilizzati sono stati differenti: negli USA l’indagine è stata condotta per telefono su un campione rappresentativo a livello Nazionale di 600 Medici praticanti la professione (medici di cure primarie e specialisti), mentre in Italia FNOMCeO ha pubblicato il questionario sul proprio sito web informandone tutti i presidenti OMCeO, e la compilazione del questionario è avvenuta da parte dei medici su base volontaria.
Hanno iniziato il questionario 4.263 medici (40% specialisti, 33% MMG, 26% liberi professionisti), e 3.688 l’hanno completato.
Dai risultati emerge che i medici italiani sono in generale molto consapevoli del fenomeno del sovrautilizzo di esami diagnostici e trattamenti: per il 93% dei medici rispondenti la frequenza di test, trattamenti e procedure non necessari rappresenta un problema molto o abbastanza serio e il 44% dichiara di ricevere dai pazienti richieste di esami e trattamenti non necessari almeno ogni giorno o più volte la settimana.
I pazienti italiani seguono in buona percentuale i suggerimenti del medico: il 66% dei medici rispondenti afferma che i pazienti seguono sempre, quasi sempre o spesso il consiglio di evitare test, trattamenti o procedure non necessari.
Il dialogo appare buono: il 77% dei medici rispondenti afferma che quando il paziente richiede un test, un trattamento o una procedura non necessari, sempre o quasi sempre gli spiega perché quanto richiesto non è necessario. Una percentuale un poco inferiore (54%) riferisce di parlare sempre, quasi sempre o spesso con i pazienti dei costi delle diverse procedure.
Però se il paziente non è convinto e insiste, il 36% dei medici rispondenti dichiara di prescrivere un test, un trattamento o una procedura pur ritenendolo inutile e il 20% si dichiara incerto.
L’esigenza di una maggior sicurezza emerge anche nelle risposte successive: il 51% indica la necessità di sicurezza tra le maggiori motivazioni di prescrizioni non necessarie, mentre il timore di sequele legali rappresenta una motivazione maggiore per il 33% dei rispondenti e il desiderio di assecondare il paziente è chiamato in causa da percentuali ancora inferiori.
E solo il 23% dei medici rispondenti si sente molto sicuro nell’indirizzare il paziente ad evitare un test, un trattamento o una procedura non necessari.
La maggioranza di medici rispondenti (63%) si sente molto responsabile della corretta informazione del paziente al fine di evitare test, trattamenti e procedure non necessari, e il 79% ritiene che il medico sia la figura con il ruolo più adatto per affrontare il problema di test, trattamenti e procedure non necessari, distanziando di gran lunga altre istituzioni: solo per il 7% lo hanno le aziende sanitarie, per il 5% il legislatore o il governo, sempre per il 5% le società scientifiche.
I medici rispondenti indicano tra gli strumenti utili a ridurre la prescrizione di esami e trattamenti non necessari:
avere più tempo a disposizione per discutere con il paziente le varie opzioni (88%), poter disporre di materiale informativo evidence based preparato per i pazienti (84%), e a seguire la riforma della legge sulla responsabilità del medico (83%) e la modifica del sistema di remunerazione/sanzione (60%).
Tra i medici a conoscenza delle pratiche a rischio di inappropriatezza che la propria società scientifica ha individuato nell’ambito della campagna italiana “fare di più non significa fare meglio”, il 91% afferma di condividere questa modalità di affrontare la questione, e per il 68% le raccomandazioni hanno in qualche modo contribuito a modificare la propria pratica clinica mentre il 31% ne teneva già conto.
Sono state effettuate analisi dei risultati del questionario con suddivisioni per genere, per tipo di attività lavorativa e per aree d’Italia (Nord, Centro e Sud). Le differenze più interessanti e statisticamente significative hanno riguardato la suddivisione per tipo di attività lavorativa: specialisti, MMG, liberi professionisti.
In particolare emerge come
i MMG siano i più bersagliati da richieste dei pazienti non condivisibili e contemporaneamente siano quelli i cui consigli ad evitare un test sono seguiti meno frequentemente.
D’altra parte i MMG non rinunciano a spiegare la loro contrarietà, anche se sono i medici specialisti a sentirsi più sicuri nell’orientare i pazienti.
In conclusione, dai risultati dell’indagine emerge tra i medici italiani che hanno risposto al questionario la piena consapevolezza del fenomeno della prescrizione di esami e trattamenti non necessari e del fatto che il medico abbia in assoluto il ruolo più adatto per affrontare il problema.
Tra le misure da mettere in atto vengono indicate come prioritarie, oltre alla riforma della legge sulla responsabilità del medico, l’esigenza di una maggior sicurezza per fronteggiare il fenomeno, che sembra indicare l’opportunità di iniziative di informazione e formazione sul tema, e la necessità di avere più tempo da dedicare alla relazione con il paziente e di padroneggiare gli strumenti della comunicazione.
Dall’insieme di questi dati emergono ancora due indicazioni: la volontà dei medici di essere coinvolti in processi di condivisione dal basso delle scelte, e non essere soggetti ad imposizioni “per decreto”, e la richiesta che i cittadini possano ricevere su questi temi un’informazione istituzionale indipendente.