E’ prassi comune che man mano che una nazione cresce da un punto di vista economico, aumenti anche la spesa
pro capite destinata alla sanità, sia statale che privata. A differire però da una nazione all’altra sono la velocità e l’entità di questi cambiamenti, anche a parità di crescita. Nel 2013 la spesa sanitaria pro capite nella Repubblica Democratica del Congo era di appena 24 dollari e quella della Repubblica Centrafricana di 26 dollari, con il risultato di una bassissima aspettativa di vita tra la popolazione e un’elevata mortalità infantile.
Un contrasto stridente e drammatico con la realtà degli Usa che al momento hanno una spesa sanitaria media pro capite di 16.592 dollari (per il 42% pubblica e per il 48,7% privata).
Uno studio pubblicato su
Lancet, realizzato da
Joseph Dieleman e colleghi dell’
Institute for Health Metrics and Evaluation (Seattle, USA) e finanziato dalla
Bill & Melinda Gates Foundation, andando a valutare le tendenze passate (estrapolando i dati dall’
Health Spending Observatorydell’OMS e dal rapporto
Financing Global Health 2015 dell’
Institute for Health Metrics) ha disegnato una stima di come e quanto si andrà a spendere in futuro per la sanità, con un’estensione temporale fino al 2040, in 184 Paesi.
Secondo gli autori, la spesa globale per la salute passerà dai 7,83 trilioni di dollari del 2013, ai 18,28 trilioni (con un margine di incertezza tra 14,42 a 22,24) nel 2040. In questo lasso di tempo, secondo gli esperti la spesa sanitaria pro capite aumenterà del 2,7% l’anno nelle nazioni ad alto reddito, del 3,4% l’anno per quelle a reddito medio-alto, del 3% in quelle a reddito medio-basso e infine del 2,4% nei paesi a basso
income.
Per l’Italia si stima un tasso di crescita annuale del 2,6% che porterebbe nel 2040 a una spesa sanitaria (pubblica e privata) procapite di 5.968 dollari (con un
range tra 5.013 e 6.804 dollari), a fronte dei 3.077 del 2013, per quasi l’80% coperta dalla sanità pubblica e il resto come spesa privata.
L’incidenza sul Pil passerebbe dal 9,1% del 2013 all’11,1% del 2014 (range 9,3/12,6%).
Le vette di spesa, rapportate al Pil, per il 2040 si raggiungeranno negli Usa (23,2%), nelle isole Marshall (23,8%) e in Micronesia (18%).
La disparità nell’allocazione delle risorse destinate alla sanità, tra i vari paesi, permarrà tuttavia anche negli anni futuri. Così, se tra il 1995 e il 2015 i paesi a basso reddito spendevano 0,03 dollari per ogni dollaro speso nelle nazioni ricche, anche dopo aver considerato il diverso potere d’acquisto, gli esperti stimano che nel 2040 questo rapporto di spesa per la sanità tra paesi poveri e ricchi, rimarrà invariato. Insomma i paesi a basso reddito continueranno ad avere pochi fondi da investire in sanità.
Secondo le stime degli autori di questo studio inoltre entro il 2014 solo una nazione tra le 34 a basso reddito e solo 36 tra le 98 a medio reddito raggiungeranno l’obiettivo della
Chatham House di allocare il 5% del PIL in spesa sanitaria statale.
In conclusione, nonostante i tanti progressi fatti nel campo della salute, le nazioni a basso e medio reddito non riusciranno entro il 2040 a centrare gli obiettivi di spesa sanitaria definiti a livello internazionale. Anche il
gap di spesa sanitaria tra i paesi più poveri e quelli più ricchi non si andrà restringendo in maniera significativa nei prossimi anni, a meno che non si intervenga con interventi politici importanti e azioni concertate. Gli autori si augurano che le previsioni contenute in questo rapporto fungano da catalizzatore di cambiamento e aiutino ad indirizzare gli aiuti internazionali in maniera mirata.
Maria Rita Montebelli