Sembra di fare un viaggio all’inferno. Questa è la sensazione che si prova sbrogliando i dati raccolti dall’Anaao nella sua ultima indagine che ha coinvolto più di mille medici di cui poco più della metà (56.0%) esercita la propria attività nel Nord Italia, il 21.8% in Centro Italia, il 13.8% nel Sud Italia e l’8,4% nelle Isole.
Turni notturni massacranti con una media di 50 pazienti a turno da visitare, con punte massime che arrivano anche a 200 pazienti in una notte. E ogni medico può arrivare a fare anche 8 turni notturni al mese. Un caso estremo, certo (che comunque riguarda quasi 4 medici su 100), ma che in ogni caso è emblematico di una realtà che tocca comunque molti medici se si considera che ben il 30,7% degli intervistati ha dichiarato di fare almeno 4/5 turni notturni al mese.
Per l'Anaao si tratta di dati che testimoniano "le conseguenze di anni di definanziamento della sanità, di blocco del turnover, di taglio dei posti letto". "E quello che più preoccupa - si legge nell'indagine - è toccare con mano il livello di in-sicurezza che deriva dai provvedimenti scellerati: dall’indagine è infatti emersa prepotente la scarsa considerazione delle strutture aziendali per la gestione del rischio clinico". "Avere in affidamento oltre 100 pazienti per turno di guardia, con punte superiori ai 200 - sottolinea ancora l'Anaao - non può che diminuire la sicurezza delle cure, il rischio sia per il medico che per il paziente, mettendo a repentaglio anche la qualità dell’assistenza".
E lavorare di notte è dura soprattutto se non è più così giovani come capita ai nostri medici in maggioranza over 50. Ma il problema non è solo di notte. Il sovraccarico di orario, tra l’altro non sempre retribuito, riguarda infatti quasi il 44,7% del campione intervistato che ha dichiarato di superare il limite settimanale delle ore lavorative previsto dalla legge (48 ore), e che in più della metà dei casi si tratta di lavoro extra orario senza alcuna remunerazione.
Numeri preoccupanti anche quelli che si riferiscono ai posti letto. I tassi di occupazione sono elevatissimi (nel 92% delle risposte) e l’appoggio del paziente in setting non appropriati è oramai un dato strutturale (rilevato nel 73% delle risposte).
Le dimissioni dei pazienti sono spesso affrettate (59% delle risposte) e con scarso coordinamento ospedale/territorio, testimoniato in maniera emblematica, dal non aver ricevuto notizie dopo averlo dimesso, dell’avvenuta morte di un paziente terminale da parte della famiglia e/o del medico di medicina di generale. Il 45.38% dei medici intervistati non ha ricevuto mai alcuna informazione, il 39% raramente e solo il 15,61% ha dichiarato di aver avuto informazioni sul paziente dopo le dimissioni dall’ospedale.
Per il segretario nazionale dell’Anaao Costantino Troise, siamo di fronte a “numeri che dovrebbero far riflettere chi Governa e che ha il compito di intervenire per cambiare verso, ad una sanità pubblica avviata, anche attraverso il peggioramento delle condizioni di lavoro dei suoi medici, lungo un piano inclinato che la porterà a curare i poveri destinando gli abbienti le magnifiche sorti del sistema privato ed assicurativo”.