Spese in eccesso pari a 2,3 miliardi di euro nelle Aziende Ospedaliere cui si aggiungono 2 miliardi negli ospedali a gestione diretta gestiti dalle Asl. E ancora altri 1,8 miliardi di euro di spese per gli ammortamenti e 1,7 miliardi di costi impliciti per il personale. In totale 7,9 miliardi di "sprechi e inefficienza di spesa" che rappresenterebbero il 17,2% della spesa ospedaliera relativa alle Aziende pubbliche e agli Ospedali a gestione diretta.
A pesare le presunte tare dell’ospedalità pubblica è il
13° Rapporto sull’attività ospedaliera in Italia “Ospedali&Salute” promosso da Aiop e realizzato da Ermeneia e presentato questa mattina al Senato. Obiettivo: fotografare lo stato dell’arte della sanità e identificare appunto le sacche di inefficienza che si annidano all’interno della complessa macchina ospedaliera.
Ma se lo scenario ha ancora molte ombre, per l’ospedalità privata le buone notizie non mancano: la legge di Stabilità 2016 non prevede nessun ulteriore taglio alla spesa sanitaria, e gli obblighi contenuti nei commi dal 292 al 304 sembrano indicare, per l'Associazione, una svolta sostanziale contro le inefficienze del pubblico, tra obbligo di pubblicazione integrale in internet dei bilanci di esercizio, adozione di uno schema tipo per la redazione del bilancio e di piani di rientro triennali per chi ha un disavanzo superiore al 10%, monitoraggio dei piani e decadenza dei manager che non rispettano gli obblighi.
Una svolta quindi che l’Aiop accoglie con moderato ottimismo “auspicando che si tratti del primo segnale di una sterzata significativa per abbandonare la logica del ridimensionamento in favore di una riorganizzazione e ristrutturazione del sistema ospedaliero pubblico e porre le basi per affrontare l’inefficienza prodotta da quest’ultimo”. Anche perché, ricorda il Rapporto, i tagli lineari alla spesa sanitaria (20 miliardi dal 2012 a oggi) “non hanno prodotto efficienza, ma hanno contribuito a un lento e inesorabile logoramento del sistema sanitario, al punto tale che diventa ormai arduo continuare a sostenerne il principio universalistico e solidale, dato anche il taglio di numerosi servizi e l’allungamento delle liste di attesa”. Così come “la funzione complementare svolta dalla sanità privata accreditata è stata fortemente ridimensionata dai tagli ai budget, vedendo gli erogatori costretti a limitare le prestazioni o posticiparle”.
“Sarà la volta buona? – si chiede
Gabriele Pelissero, Presidente nazionale Aiop – siamo moderatamente fiduciosi. La politica ci ha abituati alle proroghe, alle norme salva-sprechi, ai ripensamenti alla vigilia delle date di scadenza. Per la sanità in Italia si continua a spendere troppo poco e non si investe ancora sulla salute dei cittadini. Sicuramente c’è un a quota importante di inefficienze del sistema sanitario, risorse che dovrebbero essere invece reinvestite nel settore, ci auguriamo quindi che fiumi di parole e di inchiostro sulla sostenibilità del Ssn finiscano finalmente nel mare calmo di un Paese normale, in cui responsabilità e visione politica diventino virtù non straordinarie”.
Ma vediamo cosa emerge dal Rapporto e quanto valgono le inefficienze degli erogatori pubblici. Sono state presi in considerazione i conti economici di tutte le 90 Aziende Ospedaliere pubbliche del Paese e di 362 ospedali a gestione diretta, con lo scopo di misurare innanzitutto l’entità dei “sovraccosti” prodotti, con riferimento a 11 categorie diverse di spesa, e dopo aver identificato i costi medi per ricovero in ogni singola azienda ospedaliera, associato ai rispettivi indici di case mix è stato verificato lo scostamento verso l’alto di tali costi.
Sovraccosti, costi espliciti ed impliciti di ammortamento e di personale. Il Rapporto ha analizzato: l’ambito degli eventuali “sovraccosti” teorici rispetto ai costi medi, in cui possono celarsi aree di inefficienza, mettendo sotto la lente 11 tipologie diverse di spesa (prodotti farmaceutici, altri beni sanitari, servizi di mensa e prodotti alimentari, servizi di lavanderia e materiali di guardaroba, servizi di pulizia, smaltimento rifiuti, premi di assicurazione, utenze telefoniche, utenze elettriche, costi di gestione e altri costi);
l’ambito dei costi di ammortamento espliciti ed impliciti (che non compaiono in bilancio o meglio sono “nascosti” all’interno di altre voci di spesa) che presentano aree di non sufficiente trasparenza e che possono, a loro volta, nascondere ripianamenti impliciti di bilancio;
l’ambito dei costi aggiuntivi di personale sia di tipo esplicito che di tipo implicito, i quali pongono problemi di non sufficiente trasparenza e configurano altre possibili aree di inefficienza, derivanti da eventuali duplicazioni di personale impiegato.
L’obiettivo, si sottolinea nel Rapporto, è stato innanzitutto “mettere a confronto degli standard di costi che rispondano a criteri di spending review ‘buona’ in grado di tener conto delle differenze ‘reali’ che esistono tra un’Azienda Ospedaliera e l’altra e non a criteri di spending review ‘cattiva’, quella che tratta tutte le strutture ospedaliere nello stesso modo siano esse efficienti o non efficienti, con la conseguenza di punire le prime e di premiare le seconde”. Ma lo scopo è stato anche quello parallelo di aumentare il livello di trasparenza dei bilanci e quindi di avvicinarsi ad una maggiore confrontabilità dei medesimi, all’interno delle strutture pubbliche come pure all’esterno, tra ospedali pubblici e ospedali privati accreditati.
I risultati. Dalle analisi dell’Aiop si arriva ad una stima dei “sovraccosti” teorici totali che raggiunge 2,3 miliardi di euro per le Aziende Ospedaliere e ad una stima di 2 miliardi per gli Ospedali a gestione diretta. Gli ammortamenti impliciti ammonterebbero rispettivamente a 966 per le Ao e a 847 milioni di euro per gli ospedali a gestione diretta.
Se poi si prendono in considerazione i “costi aggiuntivi impliciti di personale”, le stime sono di 907 mln per le Ao e a 796 mln per gli Ospedali a gestione diretta. Si tenga presente, segnala il Rapporto, che “se tali stime sono realistiche bisognerebbe ipotizzare l’esistenza di un numero di addetti aggiuntivi impliciti non lontano dalle 50 mila unità, riportabile essenzialmente alle figure infermieristiche, come conseguenza delle rigidità di gestione del personale pubblico, del blocco delle assunzioni, ma anche delle tante e spesso consistenti forme di esonero dalle mansioni usuranti da parte di personale infermieristico che però può successivamente risultare non adeguatamente utilizzato”.
Nell’insieme dunque si arriverebbe, tra sovraccosti e costi impliciti (di ammortamento e di personale) alla somma complessiva di 7,9 miliardi di euro che rappresenterebbero il 17,2% della spesa ospedaliera relativa alle Aziende pubbliche e agli Ospedali a gestione diretta.
Pazienti sempre più scoraggiati. Dal Rapporto emerge anche un altro dato. I pazienti sono sempre più scoraggiati a causa del graduale logoramento dell’offerta di servizi ospedalieri delle strutture pubbliche.
Un logoramento percepito, dal 61,7% degli intervistati a causa del prolungamento delle liste di attesa, della diminuzione dei servizi, della difficoltà di accesso a questi ultimi, dell’aumento dei ticket. Ma anche dal peggioramento dei servizi forniti dagli ospedali pubblici con problemi valutati come “seri” da più dell’80% dei care-giver. Quali? La necessità di dover ricorrere alle prestazioni intramoenia a pagamento oppure a prestazioni private, l’esigenza di affrontare difficoltà burocratiche interne alle strutture per poter effettuare analisi, visite mediche specialistiche, accerta menti, ricoveri, ecc., la non sempre adeguata qualità del rapporto umano intrattenuto col paziente.
Il risultato? Il 40,6% dei care-giver e/o dei membri della relativa famiglia ristretta e/o allargata scoraggiati dalle inefficienze si sono rivolti agli ospedali privati accreditati e il 20,3 a cliniche private a pagamento; si allarga la propensione a cambiare il tipo di struttura ospedaliera che non risulti presente nel proprio Comune (dal 36,8% del 2013 al 38,4% nel 2015); come pure si fa più consistente l’incidenza dei ricoveri fuori Regione rispetto al totale dei ricoveri (dal 7,6% del 2010 all’8,0% del 2013), malgrado la diminuzione in valore assoluto di questi ultimi.
Inoltre, sottolinea il Rapporto, cresce la valutazione positiva delle funzioni svolte dagli ospedali privati accreditati presenti sul territorio, al punto che per i cittadini “se dovessero venir chiuse (in tutto o in parte) le strutture private accreditate, peggiorerebbe significativamente l’offerta a disposizione per i cittadini, anche perché l’accesso agli ospedali pubblici sta diventando sempre più difficoltoso”.
I numeri dell’ospedalità privata. L’Associazione rappresenta 496 strutture sanitarie private di ricovero e cura (Istituti a Carattere Scientifico, strutture di alta specialità quali cardiochirurgia, neurochirurgia ed altro, strutture per acuti, strutture di riabilitazione, strutture per lungodegenza post-acuzie, strutture per anziani non autosufficienti, RSA, strutture per recupero funzionale per handicap, strutture per riabilitazione neuropsichiatrica e altro) con 52.900 posti letto. Il 93% delle strutture (459) e l’88% dei posti letto (46.600) attualmente risultano essere accreditati con il Servizio sanitario nazionale, ricoverando annualmente più di un milione di degenti, per un totale di 8 milioni e cinquecentomila giornate di degenza, con un’incidenza del 13,5% sull’intero monte di giornate di degenza ospedaliere, impegnando meno dell’8% delle risorse che il Servizio sanitario nazionale assegna.