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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Studi e Analisi

Come uscire dal vicolo cieco delle “non riforme” in sanità. Partiamo dalla sostenibilità. Ma quella vera (terza parte)

di Ivan Cavicchi
immagine 9 dicembre - Oggi la sostenibilità è interpretata dal governo solo come sostenibilità economica.  Cioè come questione finanziaria e per questa ragione  tutte le politiche in campo sono definanzianti. E invece dovremmo partire dall’equilibrio (sostenibilità) della domanda/offerta
Il più grande problema della sanità oggi si chiama sostenibilità. La sostenibilità per me è quanto dura  l’equilibrio tra bisogni di salute e risorse disponibili (domanda/offerta). La durata di questo equilibrio nel tempo per tante ragioni tende a venire meno quindi a creare problemi di insostenibilità.
 
Quando ciò avviene, in genere nel lungo periodo, si  pone il problema di  sostituire gli equilibri compromessi con nuovi equilibri e questo in genere si fa con delle riforme. Solo questo permetterebbe ad un sistema complesso come la sanità pubblica di durare (cioè essere sostenibile) nel tempo. Riformare è la condizione base per garantire sostenibilità.
 
Oggi la sostenibilità è interpretata dal governo solo come sostenibilità economica  cioè come questione finanziaria, per questa ragione  tutte le politiche in campo ad ogni livello del sistema  sono tutte definanzianti e comunque tutte hanno un effetto definanziante. In quanto tali esse non si preoccupano di creare nuovi equilibri tra domanda/offerta  in luogo di quelli vecchi ma semplicemente di dequantificare progressivamente nel tempo la spesa sanitaria.  
 
Si tratta di politiche con pericolosi effetti contro riformatori  che nel tempo, senza risolvere i problemi di sostenibilità,  mettono a rischio la natura e la  tenuta del sistema: il fabbisogno cresce  ma i finanziamenti per soddisfarlo calano sempre di  più, esasperando persino in modo conflittuale il divario tra bisogni e risorse.
 
Rispetto al problema del fabbisogno finanziario  sono due le posizioni che si fronteggiano:
· quella del finanziamento assoluto: si tratta semplicemente di adeguare il Fsn alla  crescita del fabbisogno (regioni e sindacati);
· quella del finanziamento relativo: si tratta di compensare con una riduzione delle diseconomie  il minor finanziamento  del  Fsn (governo).
 
Entrambe le posizioni  come si può notare non mettono in discussione il fabbisogno quindi la sua quantificazione,  ma si differenziano per  il modo  con il quale esso viene finanziato: incrementale in un caso, decrementale nell’altro.
 
Questo vuol dire  due cose:
· che il fabbisogno della sanità inteso come l’espressione del rapporto domanda/offerta fino ad ora non è stato mai visto come un problema;
· che esso può crescere fino a quando potrà essere finanziato  in un modo o nell’altro.
 
Ma questo  vuol dire anche  che:
· quando il fabbisogno per problemi diversi non potrà essere più finanziato con la spesa pubblica (o in un modo o in un altro) esso dovrà ricorrere al  finanziamento privato;
· la privatizzazione del finanziamento implica una modifica strutturale della natura pubblica del sistema.
 
Questo è possibile che accada  per due ragioni:
· perché nessuno sino ad ora ha pensato di riformare il fabbisogno o di sostituire degli squilibri con degli equilibri;
· perché nessuno sino ad ora ha pensato di usare la riforma del fabbisogno per fare sostenibilità.
 
Qualche cenno storico:
· il vero inizio della riforma sanitaria si ha  con “l’estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli ospedali” (L.n°386/1974) cioè su un problema di insostenibilità finanziaria;
· il sistema mutualistico che nasce nel 1942  si era indebitato  a causa di un fabbisogno crescente non sostenuto da una crescita analoga della contribuzione;
· la costante espansione del fabbisogno aveva messo in crisi il principio base del mutualismo quello  della corrispondenza (equilibrio) tra contributi e prestazioni;
· oggi il definanziamento della sanità  ci dice molto semplicemente che esiste un problema  di insostenibilità (squilibrio) analogo a quello di  40 anni fa con la differenza che  il divario prima era tra contribuzione e prestazioni oggi è tra Fsn e prestazioni...ma sempre di divario si tratta;
· la riforma  del 78 avrebbe dovuto essere  la risposta  ai problemi di sostenibilità  finanziaria con il fine primario però di riformare il fabbisogno cioè  il rapporto tra domanda espressa e struttura  dell’offerta disponibile ,o detto in altro modo, il consumo sanitario;
· la riforma del 78  attraverso la riforma del consumo aveva lo scopo di rendere governabile il sistema rendendo sostenibile la spesa.
 
Quindi  diciamo la verità, se oggi stiamo come stiamo vuol dire che:
· la riforma del consumo sanitario non è stata fatta per cui esso continua a crescere ingigantendo il divario tra domanda espressa e struttura dell’offerta;
· è del tutto illusorio pensare di governare la spesa senza riformare cioè mettere mano  a questo divario;
· le soluzioni che tentano di bypassare questi problemi (universalismo selettivo, privatizzazione, mutualismo riordini regionali, definanziamento  del sistema, decapitalizzazione del lavoro, ecc.) si basano tutte  su un presupposto falso: vale a dire l’irriformabilità del fabbisogno sanitario.
 
Ritenere irriformabile il fabbisogno come dimostra la storia fallimentare delle vecchie mutueriproporrà oggi quello che è accaduto  ieri cioè riproporrà eternamente la questione della sostenibilità  alla  quale ne mutue e ne assicurazioni potranno sottrarsi.
 
Tutto questo ci dice in modo brutale che se a suo tempo  fossimo riusciti a riformare  il fabbisogno cioè a sostituire squilibri con nuovi equilibri :
· probabilmente  oggi non saremmo nei guai e i problemi di definanziamento non sarebbero così drammatici;
· che i problemi del fabbisogno sono sempre esistiti  e quindi che sono sempre esistiti i problemi di sostenibilità;
· che la sostenibilità come grande questione del sistema è generata prima di tutto dal suo contrario non risolto; l’insostenibilità relativa agli squilibri tra domanda e offerta.
 
In poche parole: non essere riusciti fin dall’inizio (1978) a fare sostenibilità riformando il fabbisogno  mutualistico, è la causa primaria dei problemi di sostenibilità che abbiamo ora.
 
Se è così  come io penso allora oggi:
· è sbagliato  pensare di risolvere i problemi della sostenibilità fuori da un ottica di riforma;
· è sbagliato prendere strade  senza uscita come la privatizzazione della spesa;
· la cosa più giusta da fare è  riformare quello che non è stato riformato mai.
 
Questo è il motivo  per il quale sostengo con forza le ragioni di una nuova riforma della sanità pubblica.
 
 
Ivan Cavicchi
 
Leggi la prima e la seconda parte
9 dicembre 2015
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