Verificare i “modelli di consumo” dei pazienti affetti da Sclerosi Multipla in ragione dei bisogni socio-sanitari, integrando il grado di disabilità causato dalla malattia con la fragilità socio-ambientale, al fine di ponderare l’appropriatezza dell’assistenza, delle terapie erogate e delle strutture organizzative. E’ questo il principale obiettivo della ricerca condotta nel biennio 2012-2013 da SDA Bocconi in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, presentata ieri al Centro Congressi del nuovo Ospedale di Cona nel corso dell’evento “Le sfide del Sistema Sanitario Regionale tra bisogni, appropriatezza e sostenibilità” organizzato con il Patrocinio della Regione Emilia-Romagna e dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara.
“Questo Convegno – ha affermato
Gabriele Rinaldi, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara - analizza quanto la fragilità socio-ambientale dei malati affetti da Sclerosi Multipla (SM) possa inferire sull’uso appropriato delle strutture sanitarie. Nel corso dell’incontro scientifico viene messo in evidenza come sia sempre più necessario definire le strategie per coniugare le cure in rapporto al ‘prendersi cura’. Creare un sistema strutturato e solido fra i sistemi sociali e sanitari diventerà un obiettivo necessario per rispondere adeguatamente ai bisogni di cura di questi pazienti, tenuto conto che questi possono essere ritenuti paradigmatici di molte patologie croniche”.
La ricerca, realizzata grazie al contributo non condizionato di Biogen Idec, ha analizzato il PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico ed Assistenziale) per la Sclerosi Multipla in una coorte di pazienti in carico dal Centro SM dell’U.O. di Neurologia dell’AOU di Ferrara. Rispetto a tale obiettivo, alcuni dati dei 439 pazienti seguiti nel 2010 sono stati analizzati per classificare il diverso mix di bisogni sanitari e socio-sanitari. La coorte di pazienti studiati è stata stratificata secondo una graduatoria costruita integrando la rilevazione dei bisogni sanitari indotti dalla disabilità con i bisogni non sanitari, rilevati attraverso l’identificazione di tre livelli di fragilità socio-ambientale: occupazione lavorativa, grado di inclusione familiare, presenza di disturbi della sfera cognitiva e psichiatrica. Tale classificazione è stata quindi adottata per analizzare i “modelli di consumo” dei pazienti e stabilire l’appropriatezza della presa in carico. Proprio la valutazione delle condizioni di presa in carico dei pazienti affetti da SM diviene così funzionale - secondo obiettivo della ricerca realizzata da SDA Bocconi - all’attivazione di nuove progettualità e strumenti volti a migliorare l’integrazione ospedale-territorio.
Quanto ai risultati, la ricerca mette in evidenza come la presa in carico dei pazienti con Sclerosi Multipla necessiti di servizi di natura differente in ragione tanto del grado di disabilità quanto del livello personale di inclusione sociale o familiare e della presenza di forme di disturbo psichico o cognitivo, che impattano proporzionalmente con la stessa significatività anche nelle fasi iniziali di malattia, con bassa compromissione fisica. Nella coorte dei pazienti più fragili, sotto il profilo socio-ambientale, spesso il ricorso all’ospedale sembra supplire all’assenza o carenza di cure intermedie o domiciliari. Il ricorso all’assistenza domiciliare integrata (ADI), infatti, è residuale per i pazienti con SM (5% nella coorte di 439 pazienti) mentre si registrano livelli più alti sempre nei pazienti con livelli di disabilità e fragilità elevata (39%). Il ricovero, soprattutto quello ordinario, è invece attivato per gestire le fasi acute all’esordio della patologia e le complicanze che insorgono con gli stadi di aggravamento della disabilità. La Neurologia rappresenta l’Unità Operativa che tradizionalmente è in grado di agire e gestire questi livelli di presa in carico, accogliendo ed esaurendo quasi interamente la rete di offerta che risponde a questi bisogni. All’evolvere della patologia e, soprattutto, nelle condizioni di fragilità socio-ambientale, si registra invece un bisogno che supera i confini della UO e richiede una capacità di integrazione con la rete di servizi territoriali e con professionalità diverse dalla Neurologia, sia per coprire lo spettro di bisogni sanitari e assistenziali sia per garantire la continuità della presa in carico, a livello aziendale e inter-aziendale.
“La consapevolezza che i bisogni espressi dai pazienti sono molteplici e non solo di tipo sanitario – ha spiegato
Maria Rosaria Tola, Direttore dell’Unità Operativa di Neurologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara - ha sempre stimolato i neurologi del Centro SM ad adottare una modalità di presa in carico integrata e orientata alla persona. L’esperienza di anni accanto alle persone colpite da SM ha insegnato a noi neurologi l’importanza di superare la visione di malattia calibrata solamente sulla disabilità e di valorizzare tutte le altre sfere della vita personale, sociale e lavorativa. Grazie all’attenzione nel raccogliere queste informazioni nella popolazione afferente al nostro Centro SM - ha proseguito Tola -, abbiamo potuto partecipare attivamente alla ricerca descritta. Siamo giunti dunque alla conclusione che particolari condizioni di vita, indipendentemente dal grado di disabilità dovuto alla SM, generano ulteriori bisogni che non sempre trovano adeguata risposta. Pensiamo che i risultati di questa indagine siano significativi poiché consentono di individuare i punti critici nella gestione globale del paziente con SM, in tutta la sua storia, e di rimodulare i percorsi diagnostici terapeutici in funzione dei bisogni espressi”.
Lo studio condotto sulla coorte di pazienti del Centro SM dell’AOU di Ferrara ha permesso di ipotizzare tre cluster di modelli di presa in carico in funzione dei profili di domanda espressa e prevedibile dei pazienti con Sclerosi Multipla. Tali percorsi sono costituiti da: un profilo high impact consumer, relativo ai pazienti con livelli di disabilità bassa o molto grave che inducono una domanda elevata di prestazioni neurologiche nel primo caso e nel secondo caso anche non neurologiche; un profilo denominato come grey area, intermedio, che individua quei pazienti con livelli di disabilità media, in progressione, che richiede un monitoraggio costante attraverso il follow-up ambulatoriale e un investimento nell’appropriatezza assistenziale in funzione preventiva, rispetto al decorso cronico, per evitare complicanze; un profilo con bisogni sociali oltre che sanitari, che identifica un cluster trasversale di pazienti con livelli di fragilità socio-ambientale elevata e che esige una presa in carico comprensiva, in grado di garantire continuità e appropriatezza, sia preventiva che di sorveglianza sociale, coinvolgendo attivamente figure professionali quali l’assistente sociale, lo psicologo o psichiatra, oltre al medico di medicina generale e all’infermiere.
La ricerca condotta presso il centro SM dell’AOU di Ferrara rappresenta un’esperienza innovativa per tre ordini di motivi: è stato sperimentato un metodo di classificazione e stratificazione dei pazienti con SM in grado di integrare la valutazione della disabilità fisica con la fragilità socio-ambientale; ha permesso di attivare uno strumento predittivo per la presa in carico dei pazienti e la progettazione di percorsi e competenze professionali da mettere in campo per una risposta efficace ed integrata ai bisogni del paziente; sono stati costruiti degli indicatori di monitoraggio dell’appropriatezza della presa in carico dei pazienti, in funzione dei diversi profili, funzionali a un miglioramento costante dell’attività del Centro SM come nodo esperto e cabina di regia dei percorsi dei pazienti con SM, tra ospedale e territorio.
“Il rafforzamento dei percorsi di integrazione socio-sanitaria – ha dichiarato
Carlo Lusenti, Assessore alle Politiche per la Salute della Regione Emilia-Romagna - è tra le nostre priorità per una presa in carico dei malati di Sclerosi Multipla sempre più appropriata, come ci indicano anche i risultati dello studio presentato. Per dare risposte socio-sanitarie ancor più efficaci e mirate, occorre attenzione ai contesti in cui vivono pazienti e caregiver famigliari. E proprio per sostenere chi si prende cura dei malati, riconoscendone il ruolo specifico, ricordo la recente approvazione di una legge dedicata, la prima in Italia, approvata recentemente dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna”. La legge emiliano-romagnola, hanno ricordato nel corso dell’evento, riconosce la figura di caregiver familiare, ovvero di quei soggetti che si prendono cura dei pazienti aiutandoli nella quotidianità dell’esistenza. “In una società con bisogni assistenziali sempre maggiori e disponibilità economiche sempre più limitate, il caregiver rappresenta uno dei cardini su cui si regge il sistema del Welfare”.