Studiare unastrategia di riforma del sistema sanitario nazionale si rende assolutamente necessario. E se vogliamo davvero salvare il nostro welfare, conservandolo universale, equo e solidale, dobbiamo alzare il velo dall’ipocrisia e parlare il linguaggio della verità.
Ivan Cavicchi, nel suo ultimo libro “Il riformista che non c’è” offre molti spunti di riflessione e contribuisce, con una chiarezza fuori dal comune, ad indicare una terza via possibile, tra immobilismo e controriforma. Una terza via che non può che essere quella della riforma a partire dal concetto stesso di salute e di organizzazione del lavoro nell’ambito sanitario e sociale, che non vuol dire smantellamento dei modelli a prescindere dalle esigenze e dai diritti delle persone, sacrificati sull’altare di una sostenibilità economica in perenne conflitto con i diritti, ma valorizzazione e ridefinizione dei rapporti tra domanda di salute, servizi sul territorio, modelli di governance, sulla base di un vero e proprio progetto di coordinamento di tutti gli strumenti che costruiscono salute.
Non vi è dubbio che alla politica è affidata una grande responsabilità in questo momento storico. Quello affrontato da Cavicchi è un tema dirimente e irrinviabile e che mi trova particolarmente impegnato da tempo. Non a caso ho promosso nel giugno scorso nella 12ª Commissione Sanità del senato una indagine conoscitiva sullo status quo del sistema sanitario nazionale e ho più volte richiamato l’attenzione sulla assoluta inefficacia - per risolvere il conflitto tra diritti e risorse, per dirla con Cavicchi - dei tagli lineari che anzi risultano disastrosi. Il sistema non può infatti rischiare di essere reso sostenibile dal punto di vista delle finanze pubbliche a prescindere da ogni considerazione circa i possibili effetti sui bilanci delle famiglie (per le spese sopportate direttamente dai cittadini), sulle persone a rischio di povertà (per i costi delle cure, elevati e imprevedibili), sulle condizioni di salute della popolazione (per il mancato o ritardato accesso a servizi sanitari tempestivi ed efficaci), sul lavoro degli operatori (per il blocco del turn over e deficit degli strumenti a disposizione).
Ferma restando, dunque, l’importanza dell’aspetto legato alla finanza pubblica, è evidente la necessità di integrare la visione con ulteriori e diversi punti di vista: economico in senso ampio, ma anche socio-culturale, ambientale, intergenerazionale, politico. I servizi non possono essere modellati sulla disponibilità di risorse, ma è sui modelli che gonfiano la spesa che occorre intervenire, anche riequilibrando i poteri tra istituzioni, operatori e cittadini.
Luigi d’Ambrosio Lettieri
Capogruppo PdL 12ª Commissione Sanità del Senato.