Studi e Analisi
Mortalità infantile. Dimezzata dal 1990. Ma l'obiettivo del Millennio in ritardo di 13 anni
Nonostante i rapidi progressi nella riduzione della mortalità infantile dal 1990, infatti, secondo Lake e secondo quanto riportato nel documento, “il mondo non sta rinnovando quella promessa fatta ai suoi cittadini più vulnerabili”.
Ma quali sono di preciso questi dati? Secondo il report, dall'inizio degli anni Novanta ad oggi il tasso di mortalità per i bambini al di sotto dei cinque anni di età è quasi dimezzato, passando da 90 decessi ogni 1000 nati vivi nel 1990, a circa 48 nel 2012. Il che – in numeri assoluti – vuol dire una diminuzione da 12,6 milioni di decessi l'anno a 6,6 milioni: 17 mila in meno ogni giorno, e circa 90 milioni di morti prevenute.
Tuttavia, i numeri rimangono impressionanti, con 18 mila bambini sotto i cinque anni che muoiono ancora oggi ogni giorno e con una variabilità incredibile in base alla provenienza geografica (da 2 decessi ogni 1000 nati vivi in Lussemburgo ad addirittura 182 in Sierra Leone). Dal 1990 sono morti 216 milioni di bambini prima di compiere 5 anni, una popolazione di piccoli pazienti che supera quella totale del Brasile, la quinta nazione più popolosa del mondo.
Se non si accelerano i risultati, spiegano gli esperti dell'Unicef che hanno redatto il report, non si raggiungerà la riduzione di un terzo delle morti infantili dal 1990 al 2015, quarto Obiettivo del Millennio stabilito dall'Onu, che entro il 2028, ovvero 13 anni dopo quanto prefissato. Al momento solo quattro regioni (Asia Orientale e Pacifica, America Latina e Caraibi) si trovano al punto di poter raggiungere l'obiettivo entro due anni. Secondo le stime dell'Onu, perché si possano prevenire i 35 milioni di decessi che avverrebbero nel frattempo nel resto delle regioni, bisognerebbe quadruplicare gli sforzi che sono stati spesi fino ad oggi. “La buona notizia, però – spiegano sulle pagine del documento – è che aumentare il passo al quale si riducono le morti infantili è possibile”.
“Proprio a questo scopo già da giugno 2012, infatti, i governi di Etiopia, India e Stati Uniti hanno messo in piedi una larga coalizione per rinnovare la promessa fatta ai bambini del mondo”, ha spiegato Lake. “Dietro al baluardo etiope si sono aggiunti oltre 20 leader di paesi dell'Africa Subsahariana, che hanno ufficialmente affermato il loro impegno per raggiungere l'obiettivo di arrivare a meno di 20 morti ogni 1000 nati vivi entro il 2035. E oltre a questa coalizione anche altri governi, individuamente, si stanno impegnando”.
E in effetti alcune delle nazioni più povere stanno raggiungendo i risultati migliori. Sette nazioni ad alta mortalità infantile (Bangladesh, Etiopia, Liberia, Malawi, Nepal, Timor Est e Repubblica della Tanzania) hanno già ridotto di due terzi o più il loro tasso dal 1990 ad oggi. “Sei di queste sono a basso PIL, il che dimostra che questo non è un ostacolo per migliorare”, si legge nel Progress report 2013. Altri diciotto paesi con un alto numero di decessi di bambini sotto i cinque anni hanno almeno dimezzato il loro tasso, sempre nello stesso periodo, mentre molte nazioni ad alto reddito hanno allo stesso modo ottenuto ottimi risultati, seppure ancora non si avvicinino a quelli fissati dagli Obiettivi del Millennio. “Questi esempio dimostrano che è possibile ridurre le morti infantili, anche nelle nazioni che ne presentano di più o che hanno meno risorse”, concludono gli esperti Onu nel documento. “Per farlo però c'è bisogno di agire in maniera coordinata, stabilire le corrette strategie e stanziare le giuste risorse. Ma soprattutto c'è bisogno della volontà politica di farlo”.
Laura Berardi