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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Studi e Analisi

L’industria del farmaco e la sfida del generico

di L. Ferroni e V. di Filippo
immagine 24 giugno - La principale differenza rispetto al recente passato non sta nella “ricetta” da adottare per affrontare il cambiamento, quanto nell’ineluttabilità di metterla in atto. E' infatti tempo di valutazioni e decisioni più radicali. A partire dall’innovazione ma con attenzione a "tutto tondo" ai bisogni del paziente
Per i farmaci in Italia si spendono circa 26 miliardi di euro l’anno di cui circa 17 sono finanziati dal Sistema Sanitario Nazionale (Farmindustria 2011). Una cifra rilevante, pari all’1.6% del nostro PIL, ma che rispetto ad alcuni dei principali Paesi europei non appare eccessiva: spendono più di noi Germania, Spagna e Francia sia in termini di incidenza sul PIL sia pro capite (Eurostat, OECD Health Data 2012, Commission services DG ECFIN).
 
In un contesto normativo in continua evoluzione, merita particolare attenzione una norma inserita nella Spending Review 2012. Si tratta del provvedimento relativo all’obbligo di inserire nella prescrizione il nome della molecola per alcune categorie di farmaci (quelli inseriti Classe A, fatta eccezione per le terapie croniche in essere) per i quali sia disponibile un generico.
Il provvedimento ha provocato molto clamore tra gli addetti ai lavori. Il motivo di tanta attenzione va cercato, a nostro modo di vedere, nel fatto che a differenza di molti altri provvedimenti precedenti questo va ad impattare sulla struttura dell’industria e sulle dinamiche competitive, incentivando da un lato l’utilizzo dei generici (che in Italia è tra i più bassi d’Europa) e riducendo dall’altro l’influenza dei medici sulla scelta del paziente tra brand e generico. I risultati riscontrati ad oggi vedono un aumento dell’incidenza dei farmaci generici sui volumi venduti dal 14% del 2011 al 17% nel 2013 (nel 2008 eravamo sotto il 10%, Assogenerici, AdnKronos).
 
Come affrontare il cambiamento?
Sulla base delle nostre esperienze, riteniamo che la principale differenza rispetto al recente passato non sia nella “ricetta” da adottare per affrontare il cambiamento, quanto nell’ineluttabilità di metterla in atto: è infatti tempo di valutazioni e decisioni più radicali, in particolare per le aziende maggiormente esposte ai trend descritti. Ad oggi invece quelle azioni sono rimaste spesso dichiarazioni implementate solo in minima parte:
Sviluppare e portare nel mercato vera innovazione,  l’industria farmaceutica deve tornare ad investire il massimo delle sue risorse nella ricerca e sviluppo di farmaci realmente innovativi e migliorativi e non più nella difesa ad oltranza del fatturato di prodotti ormai maturi enon distintivi;
Rivedere il proprio modello di funzionamento: ancora oggi una parte davvero rilevante degli investimenti delle aziende farmaceutiche è dedicata all’informazione medico scientifica di tipo tradizionale, incentrata quindi sulla quantità di medici visitati e sulla produttività delle visite stesse. La oramai effettiva riduzione dell’influenza del medico prescrittore determina quindi la necessità di un profondo ripensamento della quantità d’investimenti a loro dedicati, delle leve e delle argomentazioni utilizzate, e dei modelli di supporto del portafoglio prodotti;
Raggiungere maggiori livelli di efficienza: se messa a confronto con settori più maturi, l’industry farmaceutica presenta ancora importanti spazi di ottimizzazione in molte aree funzionali, dalla produzione alle strutture di staff. Sulla base delle nostre esperienze esistono importanti margini di ottimizzazione che, fino a qualche tempo fa, non sono stati oggetto di attenzione da parte delle aziende stesse.  Il recupero di tutte le risorse possibili da queste aree di costo per poterle reinvestire in programmi di vera ricerca e sviluppo e nella costruzione di modelli alternativi, deve diventare parte della cultura e il modus operandi delle aziende;
Trasformarsi in un vero e proprio operatore Healthcare:mettendo al centro il paziente, gestendo le patologie a 360 gradi, integrando servizi a valore aggiunto, avviando veri e propri programmi di collaborazione con le strutture erogatrici dei servizi, sfruttando al meglio le nuove tecnologie accessibili.
 
Tante opportunità diverse che necessitano di particolare attenzione e di un approccio specifico per l’Italia (come per ogni altro Paese) che, partendo da scelte strategiche e obiettivi ben definiti,  tenga in considerazione le peculiarità delle dinamiche nazionali e regionali e l’evoluzione in atto.
 
Lorenzo Ferroni e Valerio di Filippo
Partner di Bain & Company Italy
 
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24 giugno 2013
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