Sono stati presentati oggi i risultati di uno studio di biomonitoraggio dell’Iss condotto con la ASL di Taranto su un campione di donne residenti nell’area urbana di Taranto e su un campione di donne residenti in aree prive di impatto industriale per rilevare in entrambi i gruppi l’esposizione a inquinanti organici a elevata tossicità.
“Questo studio è parte delle iniziative intraprese dalla ASL di Taranto inerenti le problematiche correlate al rapporto salute e ambiente ─ ha introdotto
Michele Conversano, Direttore del Dipartimento di Prevenzione della ASL di Taranto ─ tali azioni si affiancano al costante controllo dei contaminanti ambientali nelle matrici alimentari e al potenziamento degli studi epidemiologici”.
I risultati hanno mostrato che, per tutti gli inquinanti selezionati, tra cui diossine e policlorobifenili (PCB), le concentrazioni ematiche rilevate sono sovrapponibili con quelle osservate in altri studi condotti sulla popolazione generale italiana e in indagini simili effettuate in molti Paesi europei.
Lo studio fa parte del progetto “Womenbiopop” finanziato dalla Comunità Europea e dall’Istituto Superiore di Sanità con il contributo del Ministero dell’Ambiente.
“Il progetto è il più vasto realizzato finora su donne in età riproduttiva per valutare l’esposizione a inquinanti organici persistenti e tossici. L’esposizione umana a questi inquinanti, tutti di origine ambientale, avviene prevalentemente per via alimentare ─ spiega
Loredana Musmeci, Direttore del Dipartimento Ambiente e connessa Prevenzione Primaria dell’Istituto Superiore di Sanità ─ I risultati per la provincia di Taranto non solo non devono in alcuna maniera fare abbassare lo stato di attenzione rispetto al monitoraggio della popolazione del territorio ma indicano anzi che i successivi studi di biomonitoraggio dovranno essere estesi a altri fattori di rischio chimico oltre che includere soggetti di ambo i sessi e tutte le fasce di età”.
L’obiettivo del Progetto è la caratterizzazione dell’esposizione di donne in età riproduttiva residenti in diverse regioni italiane, in aree a presumibile differente esposizione (aree urbane, industriali, rurali/montane) a inquinanti organici persistenti (POP) quali “diossine”, PCB, alcuni pesticidi, PBDE, sostanze perfluorurate. L’esposizione umana questi inquinanti, tutti di origine ambientale, avviene prevalentemente per via alimentare.
“Abbiamo cercato di valutare diversi fattori di rischio in modo da avere un quadro il più completo possibile delle variabili che possono intervenire per comprendere i risultati ottenuti ─ afferma
Elena De Felip ricercatrice dell’ISS e responsabile scientifico dello studio ─ Lo studio, che ha coinvolto circa cento donne in età riproduttiva, aggiunge un altro tassello alla comprensione di un fenomeno complesso. Infatti, l’interpretazione dei dati di biomonitoraggio è in genere complicata e si giova anche del confronto con altri studi. I risultati ottenuti nel precedente biomonitoraggio condotto sugli allevatori delle masserie della provincia di Taranto hanno mostrato l’impatto delle attività industriali sulla produzione alimentare locale e la conseguente maggiore esposizione degli allevatori rispetto alle donne che hanno partecipato allo studio sulla popolazione femminile, confermando il ruolo predominante dell’esposizione alimentare nel determinare i livelli ematici di questi inquinanti”.
“È importante in questa sede sottolineare l’apporto dato nella fase di arruolamento delle donne da alcune associazioni (AIL e Altamarea), da una struttura scolastica (Istituto Comprensivo Vico), da una Comunità ecclesiastica, da alcuni laboratori di analisi accreditati e dal Tribunale dei Diritti del Malato di Taranto, che hanno contribuito alla creazione di una “positiva” rete locale di collaborazione ─ ha concluso Michele Conversano ─ Le conoscenze acquisite con questo studio sono un ulteriore contributo alla comprensione del grado di assorbimento dei contaminanti indagati nella popolazione tarantina. Ulteriori passi potranno concretizzarsi nella direzione segnata grazie all’avvio del “Piano Ambiente e Salute” della Regione Puglia che vedrà coinvolta la ASL di Taranto unitamente ancora all’Istituto Superiore di Sanità, al Ministero della Salute e agli enti di controllo ambientale, ARPA e ISPRA”.