toggle menu
QS Edizioni - giovedì 9 gennaio 2025

Studi e Analisi

Sprechi e inefficienze: ecco dove stanno le “risorse recuperabili” che servono al Ssn

di Claudio Maria Maffei
immagine 7 gennaio - Sul ricco repertorio di sprechi e inefficienze che affligge il Ssn e di conseguenza i suoi cittadini, ricordo che una loro buona parte vada fatta risalire ad alcune  scelte strategiche e quindi politiche  sbagliate tra le quali la scelta di rinunciare alla razionalizzazione del macrolivello ospedaliero, la scelta di non investire sulla medicina di famiglia, la scelta di non investire sulla prevenzione, la scelta di non investire sul personale e quella di non governare i processi di task shifting

Nel dibattito sulla crisi del Ssn è giustamente e sistematicamente enfatizzato il ruolo della carenza di risorse e di personale, mentre sembra esserci scarsa fiducia sulle eventuali “risorse recuperabili” e cioè sulla possibilità che fare scelte “giuste” sia a livello programmatorio, che gestionale e tecnico-professionale, possa far recuperare almeno parte delle risorse che mancano.

Quello delle risorse recuperabili è un tema che ritroviamo in una recente pubblicazione dell’OCSE dal titolo “Fiscal Sustainability of Health Systems” e sottotitolo “How to Finance More Resilient Health Systems When Money Is Tight?” dove vengono elencate quattro possibili scelte politiche di fronte ad una spesa sanitaria “insostenibile”: aumentare la spesa pubblica complessiva, aumentare proporzionalmente la spesa per la sanità, ridefinire i confini tra spesa pubblica e spesa privata (e quindi noi diremmo ridefinire i LEA) e infine cercare spazi di maggiore efficienza. Le prime due opzioni sembrano difficili da percorrere con effetti significativi perlomeno in tempi brevi e la terza rimetterebbe in discussione l’essenza stessa del Ssn. Per fortuna la quarta, quella che dovrebbe lavorare sugli spazi per la ricerca di una spesa “migliore”, potrebbe avvantaggiarsi del fatto che questi spazi nel Ssn sono molto ampi.

Ho già più volte riportato qui su Qs questa mia personale posizione a partire da un primo intervento del 10 febbraio 2023. Un recente intervento di Giuseppe Remuzzi su il Corriere della Sera mi ha fatto sentire in buona, anzi ottima, compagnia. Il prof. Remuzzi, Direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, così scrive: “Quaranta miliardi di euro — solo per portarci al livello di Francia e Germania — sembrerebbe tanto e qualcuno obietterà che non abbiamo tutti questi soldi. Non è così, quei soldi ci sono e li spendiamo già: fra farmaci, interventi inutili e servizi ridondanti sprechiamo ogni anno proprio quaranta miliardi di euro, quanto servirebbe per rimettere in ordine il Servizio Sanitario Nazionale. Evitare gli sprechi è possibile e dovrebbe essere un imperativo morale, ma perché succeda davvero servono azioni concrete e senso civico da parte di tutti: a partire da chi ha posizioni di responsabilità, ai medici, ai cittadini.”

Queste risorse recuperabili il prof. Remuzzi le destinerebbe ad una sanità che schematizza in un grafico che ripropone in una versione semplificata la sanità della Mission 6 del PNRR con un ruolo centrale del Distretto Sanitario, del medico di famiglia “colonna portante del sistema, che deve poter dipendere dal Servizio Sanitario Nazionale (questo è un punto fermo sul quale non transigere, se no crolla tutto il resto)”, della casa della comunità e degli ospedali di prossimità identificati con “i piccoli ospedali di oggi” che dovrebbero diventare “ospedali degli infermieri”.

Dell’intervento del prof. Remuzzi vale soprattutto l’autorevolezza della fonte, mentre sugli aspetti di dettaglio pesano sia l’eccesso di semplificazione che alcune omissioni importanti, come il ruolo dei Dipartimenti di Prevenzione e quello del Sistema dell’Emergenza Territoriale. Anche la parte sugli “sprechi” è molto efficace nei toni, ma molto meno utile sugli aspetti operativi, perché ancora una volta si dà per noto dove e come si sprechi, ma non è così.

Per cercare di far avanzare di qualche passo il ragionamento sulle risorse recuperabili vorrei provare una loro classificazione ed esemplificazione, fermo restando che qui viene offerta solo una traccia per un possibile approfondimento. Il punto di partenza è la distinzione tra due tipologie di risorse recuperabili:

  • gli sprechi, dove per spreco di intende l’utilizzo di risorse per soluzioni/scelte a priori sbagliate: questi sprechi riguardano sia le scelte programmatorie (ad esempio troppi ospedali), che gestionali (modelli organizzativi inadeguati come ad esempio le troppe ambulanze medicalizzate nel sistema di soccorso territoriale) e cliniche (ad esempio l’uso inappropriato di farmaci e test diagnostici);

  • le inefficienze, dove per inefficienza si intende qui l’utilizzo sub-ottimale di risorse: è questo il caso del sottoutilizzo di strutture/tecnologie ad alto costo come i blocchi operatori, dell’utilizzo di un livello assistenziale inappropriato come quello ospedaliero rispetto a quello residenziale o domiciliare o di un utilizzo inappropriato di una figura professionale (come ad esempio un medico al posto di un infermiere o di un tecnico o di un infermiere al posto di un operatore sociosanitario).

Un’altra distinzione concettualmente utile è quella tra le risorse recuperabili “primarie” e le risorse recuperabili “secondarie”. Le prime non necessitano di investimenti preliminari su soluzioni alternative (ad esempio la integrazione funzionale prima e strutturale poi di ospedali pubblici vicini che fanno le stesse cose), mentre le seconde hanno bisogno di investire prima sulle soluzioni alternative (ad esempio il potenziamento della assistenza domiciliare).

Qualche considerazione prima di andare avanti:

  • la classificazione ed elencazione delle fonti di risorse recuperabili è del tutto indicativa e serve solo a sottolineare che se ti dai un metodo, conosci il sistema e le sue regole e soprattutto conosci “direttamente” il suo funzionamento ne trovi tante (di conseguenza le fonti di risorse recuperabili che verranno elencate non sono esaustive);
  • natura e quantità delle risorse recuperabili varia molto da realtà a realtà e di solito più una Regione ha bisogno di recuperarle e più ne perde (come con le perdite degli acquedotti pubblici);
  • le due tipologie di risorse recuperabili qui utilizzate a scopo “didattico” intrecciano le loro cause e i loro effetti. Ad esempio, la ridondanza delle reti ospedaliere si trascina dietro gli sprechi delle troppe sedi di attività chirurgica in urgenza e la inefficienza nell’utilizzo dei blocchi operatori;
  • molti degli esempi che verranno fatti nascono dalla mia esperienza e conoscenza diretta di una Regione, le Marche, che figura ancora tra le Regioni benchmark per i Ministeri della Salute e della Economia e delle Finanze e che (per quello che conta) nel 2022 come somma dei punti al monitoraggio dei LEA è risultata quinta. Insomma una Regione “non tra le peggiori”.

Passando agli esempi “concreti” ne riporterò un elenco che li distribuisce tra:

  • l’area della assistenza ospedaliera;
  • il sistema dell’emergenza territoriale;
  • l’assistenza territoriale;
  • il macrolivello prevenzione e sanità pubblica;
  • gli apparati e i processi amministrativi;
  • i processi assistenziali e i comportamenti clinici.

Partiamo dagli sprechi e dalle inefficienze nell’area ospedaliera pubblica (si noti come in tutti i casi tranne l’ultimo si tratti di fonti di risorse recuperabili primarie):

  • numero eccessivo di ospedali pubblici sede di DEA di primo livello (con tutte le funzioni ad alto assorbimento di risorse previste dal DM 70 del 2015 per questa tipologia di ospedali quali il Pronto Soccorso con la Medicina d’Urgenza, la terapia intensiva e la cardiologia con l’Unità di Terapia Intensiva Coronarica) specie quando geograficamente vicini, dispersione che comporta un enorme dispendio di risorse per garantire il sistema di continuità assistenziale (guardie a copertura delle 24 ore). In una Regione come le Marche di un milione e mezzo di abitanti sono operanti o previste ad esempio 13 strutture ospedaliere con DEA di primo livello o secondo livello contro le 10 da DM 70;
  • presenza in molti ospedali di unità di terapia intensiva con numero di posti letto sub-ottimale, e cioè meno di 8, e contestuale assenza di un’area critica con posti letto sia intensivi che sub-intensivi il che si traduce in una inappropriatezza d’uso dei posti letto intensivi;
  • dispersione della attività chirurgica e sottoutilizzo dei blocchi operatori;
  • mantenimento di una attività di laboratorio analisi con personale tecnico e a volte laureato in piccole strutture ospedaliere;
  • mantenimento di Pronto Soccorso pur in presenza di un basso numero di accessi con codici gravi e di una possibilità di trasporto in tempi adeguati a un Pronto Soccorso di una struttura vicina;
  • la dispersione o comunque la distribuzione non controllata di tecnologie ad alto costo come quella per la chirurgia robotica;
  • la installazione e/o sostituzione non governata delle tecnologie;
  • la progettazione e realizzazione con i relativi costi di strutture ospedaliere in eccesso o difformi rispetto agli standard del DM 70;
  • utilizzo massiccio di posti letto ospedalieri di area medica per condizioni croniche da gestirsi in altri contesti assistenziali come nel caso di pazienti anziani con pluri-patologia o di pazienti che dovrebbero essere in carico alla rete delle cure palliative.

Per quanto riguarda la componente privata delle reti ospedaliere regionali, andrebbe fatto un ragionamento a parte capace di tener conto delle forti specificità regionali in questo ambito. In generale credo che almeno due fenomeni potenziali fonti di spreco/inefficienza vadano segnalati:

  • la natura concorrenziale e non integrativa delle attività svolta da molte Case di Cura private in molte Regioni (così è nelle Marche);
  • la incapacità del pubblico di governare e controllare adeguatamente la attività delle strutture private contrattualizzate.

Anche il sistema dell’emergenza territoriale può comportare sprechi e inefficienze attraverso:

  • la previsione di un numero eccessivo di Centrali Operative (nelle Marche sono 4 per un milione e mezzo di abitanti, quando 2 sarebbero più che sufficienti);
  • un numero eccessivo di ambulanze medicalizzate;
  • una ridondanza “relativa” dati i costi del servizio di elisoccorso (due sedi nelle Marche con una postazione abilitata anche al volo notturno);
  • il mantenimento di punti di primo intervento.

Passando alla assistenza territoriale, pur essendo questo macrolivello molto più afflitto da carenze che non da ridondanze, anche qui si registrano sprechi e inefficienze quali ad esempio:

  • la dispersione della offerta pubblica ambulatoriale e residenziale con sedi e strutture con orari/volumi di attività troppo scarsi;
  • una eccessiva durata dei tempi di ricovero residenziale per carenza di offerta al livello di presa in carico più appropriato come quello domiciliare;
  • erogazione del trattamento riabilitativo nel setting disponibile (ad esempio quello di ricovero), che non è necessariamente quello più appropriato come quello domiciliare.

Nell’ambito del macrolivello prevenzione il tema è soprattutto quello del sottoutilizzo di misure efficaci come testimoniano ad esempio i dati che ci penalizzano e penalizzano soprattutto i nostri cittadini di Health at a Glance: Europe 2024 su vaccinazioni e screening dei tumori.

Gli apparati e i processi amministrativi delle Aziende degli altri Enti del Ssn hanno le loro forme di spreco e di inefficienza legate ad esempio a:

  • l’eccessivo numero di Aziende Sanitarie Territoriali (vedi le Marche con le sue 5 Aziende per un milione e mezzo di abitanti);
  • la frammentazione degli apparati amministrativi con moltiplicazione degli incarichi dirigenziali;
  • i ritardi nei processi di digitalizzazione;
  • la farraginosità delle procedure;
  • i tempi biblici per la realizzazione degli interventi di edilizia sanitaria;
  • il mantenimento di Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico con costi aggiuntivi che potrebbero non essere giustificati dal valore aggiunto della attività di ricerca svolta;
  • acquisto “svantaggioso” di beni e servizi.

Ci sono poi forme di spreco legate ai processi assistenziali e ai comportamenti clinici quali:

  • gli errori e le reazioni avverse nella pratica assistenziale come testimoniato ad esempio dalla diffusione delle infezioni correlate alla assistenza (vedi i dati di Health at a Glance: Europe 2024);
  • la prescrizione inappropriata di farmaci che in Italia trova grossi spazi potenziali di recupero economico. In questo ambito va ricordata forte diffusione in Italia dei ceppi antibioticoresistenti collegati all’eccessivo uso di antibiotici (vedi anche qui i dati di Health at a Glance: Europe 2024);
  • la prescrizione inappropriata di test diagnostici e visite specialistiche (capitolo enorme).

Queste ultime particolari forme di spreco sono favorite dalla perdita di interesse a livello di sistema e quindi sia regionale che aziendale sulla creazione e mantenimento di forme organizzate di monitoraggio e miglioramento della qualità della assistenza anche attraverso un uso dedicato della epidemiologia e degli epidemiologi.

A conclusione di questa panoramica sul ricco repertorio di sprechi e inefficienze che affligge il Ssn e di conseguenza i suoi cittadini, ricordo che una loro buona parte vada fatta risalire ad alcune scelte strategiche e quindi politiche sbagliate tra le quali segnalo:

1. la scelta di rinunciare alla razionalizzazione del macrolivello ospedaliero che già dal 2015 poteva e doveva essere fatto grazie al DM 70 del 2015 largamente inapplicato dalla maggioranza delle Regioni che continuano a mantenere una offerta ospedaliera frammentata e ridondante, non come numero di posti letto, ma come numero di strutture pubbliche per acuti con una funzione di emergenza-urgenza. Questa scelta ne ha comportato di fatto altre per carenza di risorse, come quella di rinunciare alla introduzione del Chronic Care Model che pure era stato previsto nel Piano Nazionale della Cronicità del 2016 e quella di non investire sui servizi territoriali come confermato ad esempio da tutti i dati disponibili ad esempio sui servizi di salute mentale, sui servizi sulle demenze, sui consultori, sui servizi di neuropsichiatria infantile e su quelli che si occupano di dipendenze patologiche;

2. la scelta di non investire sulla medicina di famiglia lasciata soffocare dal peso opprimente della burocrazia, dal doversi far carico di tutto il peso o quasi delle prescrizioni generate dal livello specialistico e lasciata da sola a reggere il peso di campagne disinformative e denigranti;

3. la scelta di non investire sulla prevenzione che, dietro la pandemia di iniziative sulla One Health, soffre nella realtà di una grave carenza di risorse e di attenzione;

4. la assenza di una politica del personale e dentro di questa la scelta di non governare i processi di task shifting necessari per un utilizzo ottimale delle varie figure professionali.

Con l’occasione un buon anno di lavoro a tutti coloro che animano e leggono Qs. Un lavoro che spero aggredirà con più energia la lotta agli sprechi e alle inefficienze.

Claudio Maria Maffei

7 gennaio 2025
© QS Edizioni - Riproduzione riservata