Studi e Analisi
La prevenzione è sempre vincente, purché si faccia
di Ettore JorioUn vecchio saggio adagio: prevenire è meglio che curare. Gli effetti della prevenzione rappresentano il massimo che ci si può aspettare dalla pubblica amministrazione. La sua etimologia è quanto di più confortante ci possa essere per la tranquillità della persona umana (così definita dalla Costituzione agli artt. 3, comma 2, e 32, comma 2). Il suo significato pratico è quello di dare senso e peso a ciò che viene prima e, dunque, di precedere gli eventi negativi anticipando le contromisure utili ad evitarli o, quantomeno, ad attenuarne gli effetti pregiudizievoli.
La prevenzione è sempre vincente, purché si faccia
Un pregio lodevole se vi si fa ricorso e bene. Purtroppo, la Nazione è costretta a fare le spese di un sistema autonomistico territoriale, ma anche statale, che di corretta predizione ne fa un uso sbagliato. Basti vedere i bilanci di previsione di Regioni ed enti locali: sono la rappresentazione bugiarda di ciò che si farà. Tant’è che i bilanci preventivi sono routinariamente smentiti dai rendiconti, spesso pieni zeppi di debiti fuori bilancio riconosciuti, con i disastri che ne subiscono le economie pubbliche, soprattutto municipali.
Ma il grave maggiore danno si registra nel mancato esame di ciò che è lo stato di salute di una popolazione e il conseguente “pronostico” dei rimedi occorrenti per evitare il suo pericoloso decadentismo.
La prevenzione nel sistema sociosanitario, quella indicata il 1978 con forza nell’art. 20 della legge istitutiva del Ssn, è stata sempre trattata peggio di Cenerentola prima dell’incontro con il Principe. Maltrattata, derisa attraverso il ricorso a suoi succedanei di proposizione principalmente privata, de-finanziata ai massimi livelli perché sottovalutata. La prevenzione in sanità, nonostante impegnata su sette aree di intervento, è stata costretta a fare da sempre i conti con l’impossibile, tanto da godere di un appena il 5% del Fondo Sanitario Nazionale (FSN), per come incrementata di un punto percentuale dopo essere stata pretesa con il 4% delle corrispondenti risorse. Per non parlare della assistenza sociale finanziata da un Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS), previsto dalla legge 328/2000, che se studiata negli esiti susciterebbe una cinica ilarità agli spettatori stranieri per esiguità e per modalità di finanziamento e utilizzo. Insomma, la prevenzione dello stato di salute della popolazione è stata trattata molto più male di come il contadino possa assicurare una buona cerimonia nuziale della propria unica figlia offrendo agli invitati solo fichi secchi.
Le rovine sono simili a quelli dei disastri sismici
I danni di tutto questo sono stati e sono sotto gli occhi di tutti. Basti pensare a come è ridotto il sistema della salute, spesso pari al nulla, di come lo stesso ha risposto al Covid, di come lo stesso presenta lo stato dell’essere dell’emergenza-urgenza con i pronti soccorso ridotti a ring di boxe con i medici tumefatti, di cosa non è l’assistenza territoriale difficile pure ad inventarne l’esistenza.
Quanto alla prevenzione è da temperatura del Polo Nord: molto sottozero. Lo è da tempo, da sempre. Dalla scomparsa delle condotte (mediche, veterinarie e ostetriche), certamente. Lo ricordava in questa rivista nell’autunno del 2019 il prof. Domenico La Porta, dell’Università di Salerno, rendicontando l’errata valutazione del problema e lasciando presagire il disastro di oggi.
È sufficiente vedere cosa sta accadendo nella sicurezza alimentare, meglio nella prevenzione veterinaria. In quella attività affidata ai medici-veterinari dei quali sembra non occuparsi alcuno. Un gap che ha portato a livello di élite ministeriale, ma molto spesso improduttiva, la prevenzione collettiva e dunque la sanità pubblica, quella destinata ad assicurare la salvaguardia della comunità da rischi infettivi, ambientali, di quelli correlati alle condizioni di lavoro e agli stili di vita.
Si cominci a dare peso ai pericoli sul campo e si provveda
Ebbene, a fronte di tutto questo, con la inefficiente collaborazione delle Regioni in tal senso, si registrano guai ovunque, specie sulla produzione di carni destinate alla alimentazione umana e animale. Al riguardo, è bene ricordare che una siffatta inefficienza e inefficacia è stata registrata più volte nel passato con danni gravi alle persone, agli animali e all’economia. Eventi che hanno vissuto il massimo del pericolo per l’uomo, producendo dall’anno 2001 in poi oltre due mila morti. Ebbene, a fronte di una tale esperienza e di altre di minore portata (del tipo l’incremento della frequenza della brucellosi) si è addirittura abbassata la guardia.
I risultati della incuranza (e non solo) di decenni
È di poche ore fa, a causa di una incuranza storica, l’invasione di tubercolosi bovina e ovino-caprina in Calabria che produrrà sterminio di capi, così come avrebbe richiesto una maggiore tutela la consistente presenza di brucellosi (BLV) e di leucosi, trattata dal servizio sanitario calabrese così superficialmente da non assicurare l’abbattimento indennizzato delle bestie ammalate. Un indennizzo consistente, previsto da un decreto, pubblicato in GU il 5 gennaio del 2023, per bovini e bufalini infetti da tubercolosi e da brucellosi, di ovini e caprini infetti da brucellosi e di bovini e bufalini infetti da leucosi bovina enzootica, molto spesso goduto indebitamente.
Quanto a sorveglianza e prevenzione primaria - in Calabria più che altrove perché infestata dai cinghiali grandi portatori di epidemie animali trasmissibili all’uomo – nel Sud del Paese poco o nulla. Anche perché gli esiti diagnostici precoci disturberebbero tanto gli interessi della imponente corporate mafiosa che, sull’allevamento e commercio delle carni, ha puntato da sempre il suo obiettivo.
Ettore Jorio