Studi e Analisi
Decreto polizze. Ora si aprono nuovi scenari, ma si poteva (e doveva) fare di più
di Maurizio HazanIl 3 ottobre scorso il Ministro Urso (Mi.Mit) aveva preannunciato l’imminente pubblicazione di due provvedimenti di grande impatto sulle vicende della responsabilità sanitaria e sulla gestione del rischio clinico: il decreto “assicurativo” previsto dall’art. 10 comma 6 della legge 24/2017 e il DPR attuativo della Tabella unica nazionale della valutazione economica dei risarcimenti delle lesioni di grave entità (di cui all’art. 138 del Codice delle assicurazioni private).
La Tabella Unica Nazionale è ormai pronta e ben strutturata e attende solo di superare l’incaglio recentemente (e inopinatamente) frapposto dal Consiglio di Stato, che ha sospeso il proprio parere consultivo chiedendo un supplemento di istruttoria ed alcuni chiarimenti che – riteniamo - potranno essere agevolmente forniti per fugare ogni perplessità.
Quello che ci fa molto piacere è apprendere in queste ore, a quasi 7 anni dall’entrata in vigore della “legge Gelli”, la pubblicazione in G.U. del Decreto 232/2015, che dà finalmente alla luce il “Regolamento attuativo” avente ad oggetto (art. 2):
Si inserisce così un fondamentale tassello mancante alla piena attuazione della legge 24 la quale, nel disciplinare ex novo la materia della sicurezza delle cure e della responsabilità sanitaria, ha introdotto, tra le novità caratterizzanti la riforma, proprio l’obbligo di coprire i rischi correlati all’esercizio delle professioni e delle attività sanitarie.
La previsione di una copertura assicurativa della responsabilità sanitaria sancisce, infatti, almeno in linea teorica, la definitiva messa in sicurezza del nuovo “sistema” del rischio clinico, così come disegnato dalla legge di riforma e connotato dalla sua duplice vocazione protettiva (della serenità di azione dei professionisti della sanità, da un lato, e della sicurezza delle cure e dei pazienti, dall’altro). Ed invero l’obbligo di copertura del rischio, per come disciplinato dal decreto attuativo, dovrebbe contribuire, direttamente od indirettamente, alla soddisfazione di gran parte degli obiettivi di fondo posti a fondamento dalla legge “Gelli”.
Il regolamento si compone di 19 articoli suddivisi in quattro titoli (“Disposizioni generali”, “Requisiti minimi ed uniformi per l’idoneità dei contratti di assicurazione”, “Requisiti minimi di garanzia e condizioni di operatività delle misure analoghe”, “Disposizioni finali”): non entreremo nel merito delle numerose complessità tecnico giuridiche e operative con le quali l’applicazione in concreto della nuova norma dovrà misurarsi. Meglio, in questa fase di primo commento, dar conto soltanto di alcuni tra i principali effetti “di sistema” che il Decreto è destinato a produrre.
Ebbene, sul versante prettamente assicurativo, l’entrata in vigore del regolamento renderà definitivamente e immediatamente cogente l’obbligo di assicurazione previsto dalla legge 24 e, soprattutto, renderà finalmente operativo il regime dell’azione diretta prevista dall’art. 12 della legge medesima (azione che consentirà in futuro ai danneggiati di rivolgersi direttamente alle compagnie assicuratrici, al pari di ciò che avviene nella RC auto). Tali primi effetti si verificheranno subito per i contratti di nuova emissione. È dubitevole, ed è ragionevolmente da escludersi, che l’azione diretta sia esercitabile anche in relazione a sinistri regolati da contratti in corso e di “vecchia generazione”. L’azione diretta, infatti, pur producendo effetti prevalentemente processuali, è inscindibilmente connessa alla regola della non opponibilità delle eccezioni contrattuali, oggi disciplinata nel dettaglio dall’art. 8 del regolamento attuativo. Non pare perciò in alcun modo sensato ritenere che tale regola - che esclude la possibilità di opporre al terzo danneggiato limitazioni di copertura di polizza (diverse da quelle previste dal citato art. 8) – possa essere applicata a contratti stipulati (ed a limiti di copertura concordati) prima dell’entrata in vigore dell’azione diretta.
Tale azione diretta, da molti considerata criticamente quale elemento di “spostamento” dell’asse risarcitorio sull’assicurazione della struttura o del libero professionista non strutturato, non sembra in realtà elemento tale da creare di per sé effettive controindicazioni operative. Anzi, da un certo punto di vista la concentrazione in capo alla compagnia del potere/dovere di gestione del sinistro risolverebbe una parte delle difficoltà che oggi inquinano con una certa frequenza la relazione tra impresa e struttura, allorquando la disponibilità della prima a liquidare un danno incontri la resistenza della seconda, anche e soprattutto nel caso in cui una parte del risarcimento insista sulla quota di SIR. Rimangono, però, effettivamente aperti molti snodi operativi; tra questi anche proprio quelli relativi alla necessaria cooperazione tra struttura e compagnia assicurativa nella gestione dei sinistri e nella formulazione al danneggiato dell’offerta risarcitoria prevista dall’art. 8 della legge 24/2017. Il decreto attuativo (art. 15) impone la stipula di appositi protocolli di gestione, a maggior ragione essenziali in tutti i casi in cui la copertura assicurativa non sia integrale ma preveda una compartecipazione al rischio da parte dell’azienda sanitaria.
In tale contesto si pone con particolare urgenza la necessità di introdurre nuove e più dettagliate procedure liquidative che, proprio in funzione dell’azione diretta:
E a tal fine si potrebbe (forse) utilizzare il decreto previsto dall’art. 10 comma 5 della legge 24/2017, con cui il Mi.Mit dovrà definire i criteri e le modalità per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo esercitate dall'IVASS sulle imprese di assicurazione che intendano stipulare polizze con le strutture di cui al comma 1 e con gli esercenti la professione sanitaria.
L’azione diretta, peraltro, riguarda l’assicuratore della struttura e del medico che intrattiene rapporti contrattali diretti e personali con i suoi pazienti; non invece verso l’assicuratore del professionista cd “strutturato” (così definito perché presta la propria attività per la struttura). Il che, ragionevolmente, porterà in futuro ad una ancor maggiore concentrazione delle domande risarcitorie verso la struttura e la sua compagnia assicuratrice anziché verso i singoli medici “strutturati” (i quali, peraltro, rispondono in proprio extra contrattualmente, a differenza della struttura che rimane esposta al più gravoso regime contrattuale e che dovrà prendersi in carico la copertura del rischio personale dei propri ausiliari).
L’art.18 del decreto prevede che entro 24 mesi dall'entrata in vigore del presente decreto gli assicuratori debbano adeguare i contratti di assicurazione in conformità “ai requisiti minimi” previsti dal regolamento. Tale disposizione sembra riferirsi ai soli contratti in corso al momento dell’entrata in vigore del decreto e non invece ai contratti di nuova generazione, rispetto ai quali non si pone nessun problema di “adeguamento” ma di semplice conformità alla nuova impostazione regolamentare. Rimane da comprendere la sorte dei contratti assoggettati a tacito rinnovo. L’adeguamento dei contratti in corso, riguardando anche i nuovi limiti di massimale, potrà condurre ad una rinegoziazione del premio originariamente stabilito (nel rispetto del principio cardine del value for money).
Le polizze pluriennali aggiudicate nell'ambito di bandi pubblici, ove non liberamente rinegoziabili tra le parti, restano in vigore fino alla scadenza naturale del contratto e comunque non oltre 24 mesi dall'entrata in vigore del presente decreto.
Stesso termine biennale varrà per le strutture sanitarie in “autoritenzione” che dovranno adeguarsi alle misure organizzative e finanziarie previste per le cd. “misure analoghe”.
Il decreto (art. 3 comma 1) sembra poi sciogliere, sia pur con formula testuale discutibile, un dubbio interpretativo sul perimetro di applicazione soggettivo dell’obbligo assicurativo, prevedendo , come sopra anticipato, che sia la struttura a doversi prendersi carico della copertura delle responsabilità di tutti gli esercenti di cui la stessa si avvale nell’adempimento della propria obbligazione con il paziente, siano essi dipendenti o liberi professionisti. Tale impegno potrà essere assolto mediante la stipula di una vera e propria convenzione assicurativa ovvero in regime di autoritenzione, integrando i fondi all’uopo costituiti. Il che dovrebbe far definitivamente superare quelle frequenti prassi che hanno sovente indotto le strutture a pretendere dai propri ausiliari la stipula, con oneri a loro carico, di polizze assicurative personali. Polizze che potranno essere comunque acquistate, ma solo per soddisfare esigenze di cautela degli ausiliari, che potrebbero volersi proteggere dal rischio di inadempimento dell’obbligo assicurativo della struttura o di insolvenza della stessa, in caso di “autoritenzione del rischio”. Rimangono ferme, ovviamente, le azioni di rivalsa e di regresso nel caso in cui l’esercente sia responsabile per colpa grave; in tal caso opereranno le polizze obbligatorie di cui all’art 10 comma 3 della legge Gelli, i cui costi saranno invece posti a carico di ciascun professionista tenuto ex lege ad assicurarsi.
Resta poi sullo sfondo il fatto che all’obbligo di assicurarsi, posto a carico dei professionisti e delle strutture, non corrisponde alcun obbligo a contrarre da parte delle imprese assicurative. Il che impone di considerare con attenzione le reazioni con cui il mercato assicurativo accoglierà il regolamento attuativo: pochi sono, a tutt’oggi, i players effettivamente disposti a impegnarsi in un settore, quello della responsabilità sanitaria, che registra andamenti tecnici influenzati da una sinistrosità sovente importante, specie, in taluni scenari operativi forieri di rischi piuttosto significativi (si pensi alle vicende di malpractice ostetrico ginecologica). La possibilità di movimentare la concorrenzialità del mercato e di aumentare in concreto la capacità di sottoscrizione assicurativa dei rischi dipende anche dalla tenuta tecnica del decreto attuativo, dalla sua concreta applicazione e dalla sua idoneità ad interpretare al meglio tutti gli interessi coinvolti.
Al riguardo è bene ricordare come da più parti si sia criticato il fatto di aver disegnato il modello dell’assicurazione obbligatoria della RC sanitaria – già nell’impianto di base della legge 24 e ancor di più nello schema di decreto esaminato dal Consiglio di Stato - ispirandosi alla disciplina degli obblighi assicurativi della RC automobilistica. La disciplina del bonus malus, ad esempio, è stata ritenuta da più voci poco calzante a sinistri che (a differenza di quelli della circolazione stradale) possono essere lungolatenti e denunciati a distanza di anni dal fatto generatore di responsabilità (e quindi non riflettere in termini attuali la propensione al rischio del professionista o della struttura assicurata). Più apprezzabile, invece, a dispetto di una formulazione piuttosto vaga, è la previsione di un meccanismo di polizza che incentivi la tutela preventiva e la miglior gestione del rischio sanitario, riconoscendo un bonus in funzione delle azioni intraprese dall’assicurato per la mitigazione dei rischi (art. 3 comma 7). Disposizione, questa, di particolare importanza dal momento che postula e presuppone un sistema di valutazione assuntiva del rischio, da parte delle imprese assicurative, che già in partenza non si limiti a considerare la frequenza della sinistrosità ma si fondi su un rating della qualità ed efficacia dell’azioni di risk governance messe in atto dalla struttura. Ciò in perfetta consonanza con gli obiettivi di sicurezza delle cure posti a base della legge 24/2017.
Nella stessa direzione di tutela preventiva si pone, infine, l’intero titolo III dello schema di Decreto che - dedicato ai requisiti minimi di garanzia e condizioni di operatività delle cd “misure analoghe” – mira a far sì che le strutture che scelgano di non assicurarsi (previa delibera motivata in cui si dia atto delle ragioni di tale scelta) siano perfettamente attrezzate per garantire la miglior gestione del loro rischio e la sicurezza delle cure erogate presso di loro. In questo senso, e in ossequio alla logica del “meglio prevenire che curare”, il regolamento impone l’adozione di processi di governo in continuo del rischio clinico (art. 16 e 17); ma prevede anche, a tutela del paziente, la costituzione di fondi dedicati alla copertura dei rischi (art.10) e dei costi relativi ai sinistri già denunciati. (art, 11) A presidio della correttezza degli accantonamenti e, soprattutto, della miglior gestione del contenzioso è previsto l’obbligatorio sostegno di professionalità qualificate ed integrate (interne o esterne alla struttura), tra le quali risk manager, medici legali, avvocati specializzati, loss adjuster e attuari. Il che ci pare essere una scelta nel complesso condivisibile, almeno nella misura in cui si continui a ritenere che l’introduzione dell’obbligo assicurativo non possa essere assoluta, almeno allo stato dell’arte, e debba convivere con forme di autoritenzione delle strutture la cui adozione sia strettamente condizionata ad assetti finanziari e di governance che garantiscano, al paziente, una tutela sostanziale non inferiore a quella offerta da una compagnia assicurativa, sia pur attraverso logiche di operatività naturalmente diverse (non potendosi funzionalmente equiparare una struttura assicurativa ad una compagnia assicurativa). È questo il tema, fondamentale, della definizione di cosa debba intendersi per “analoghe” misure e di quando le stesse possano ritenersi, davvero equipollenti ad una garanzia assicurativa, sul piano della protezione offerta sia ai danneggiati che agli esercenti strutturati (che devono poter contare sulla copertura, da parte della struttura per la quale operano, del loro rischio verso terzi). La scelta di operare mediante assunzione diretta del rischio deve essere deliberata dai vertici delle strutture con assunzione delle relative responsabilità, avendo cura di evitare che tale scelta sia mossa da pure logiche di risparmio di costo (nel comparto pubblico, peraltro, traluce sullo sfondo il rischio di possibile responsabilità erariali, oggi – e fino al 2025 - temperato dal così detto scudo amministrativo previsto dal decreto milleproroghe) .
Per chiudere questa prima sommaria analisi possiamo dire che il Decreto, nel suo complesso e nelle sue intenzioni, è senz’altro da apprezzare, non fosse altro che perché la legge 24 lo attendeva affinché potesse avere finalmente piena efficacia. Sono apprezzabili anche tutti i presidi “imposti” alle strutture sanitarie, che dovranno adeguare i propri assetti organizzativi nell’ottica di prevenire il rischio sanitario (sia pur in assenza di sanzione specifica – se non per le strutture convenzionate che, dalla finanziaria 2023, vedranno queste regole entrare nella dialettica contrattuale con le rispettive ASL di riferimento). Molto meno condivisibili alcuni impacci testuali, imputabili ad un lessico a volte poco comprensibile. Un esempio? La definizione di “esercente attività libero professionale”, data dall’art 1 lettera g in cui l’esercente è descritto in modo claudicante come una … “attività svolta dall'esercente la professione sanitaria, anche in convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, al di fuori della struttura o all'interno della stessa o di cui si avvale in adempimento della propria obbligazione”. Rimangono poi sullo sfondo altre esigenze strutturali che, rimaste insoddisfatte, potrebbero penalizzare l’effettivo assolvimento dell’obbligo di copertura del rischio. Obbligo il cui adempimento passa anche attraverso interventi tesi a renderne più sostenibile il costo. A tal fine, ed anche al fine di garantire un “same level playing field” rispetto alla gestione del rischio in autoritenzione, deve esser considerata la necessità di non gravare le soluzioni assicurative di copertura del rischio med mal di una fiscalità eccessiva e non allineata alla loro evidente funzione sociale.
Insomma, un intervento legislativo tanto atteso che si saluta certamente con un sorriso; sorriso forse non del tutto pieno perché, a distanza di 7 anni, si poteva (e, probabilmente, si doveva) fare qualcosa in più.
Rimane il fatto che la nuova norma, nonostante taluni possibili e prevedibili resistenze applicative, imporrà nuove scelte, disegnerà nuovi scenari e postulerà alcuni necessari ed i importanti cambiamenti.
Staremo a vedere.
Maurizio Hazan
Presidente della Fondazione Italia in Salute