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QS Edizioni - sabato 23 novembre 2024

Studi e Analisi

Aids. Nel mondo ancora 34 milioni di malati. Ma diminuiscono mortalità e contagi

immagine 21 novembre - I risultati dal Report Unaids 2012. Rimangono tanti i malati, ma aumenta l’accesso ai farmaci e diminuiscono decessi e contagi, soprattutto tra i bambini. Gli esperti sono ottimisti. Sidibé (Unaids): “Passiamo velocemente dalla paura alla speranza. Possiamo riuscire ad azzerare i contagi entro il 2015”.
Rispetto all’anno scorso non c’è stata variazione sostanziale nel numero totale di malati di Aids. Ma nonostante quel che potrebbe sembrare, questa non è del tutto una cattiva notizia: i numeri non diminuiscono non perché crescano i contagi da Hiv – anzi, dal 2001 sono scesi del 20% – ma piuttosto perché meno persone muoiono per la sindrome che causa. A dirlo è l’ultimo “World Aids Day report 2012”, pubblicato proprio oggi e che si riferisce ai dati del 2011. Secondo il documento, stilato dal Programma congiunto delle Nazioni Unite sull'Hiv/Aids (Unaids), i malati sono come l’anno scorso 34 milioni, ma le nuove infezioni sono scese dai 2,7 milioni del 2010 ai 2,5 del 2011, e le morti da 1,8 a 1,7 milioni (crollate del 25% dal 2005 al 2011). Altra buona notizia riguarda l’accesso ai farmaci, aumentato addirittura del 63% negli ultimi 24 mesi.
 
In particolare nei paesi a medio e basso reddito, il report mostra un’accelerazione senza precedenti nella lotta all’Aids: in 25 tra queste nazioni, soprattutto africane, la riduzione nel tasso di nuove infezioni ha infatti superato il 50%. Nello specifico sono proprio i Paesi dalla più alta prevalenza quelli che riportano i risultati migliori: dal 2001 i contagi sono diminuiti del 73% in Malawi, del 71% in Botswana, del 68% in Namibia, del 58% in Zambia, del 50% in Zimbabwe e del 41% in Sud Africa e Swaziland. Inoltre, le nazioni dell’Africa Sub-Sahariana hanno ridotto i decessi Aids-correlati di un terzo negli ultimi sei anni, e aumentato negli ultimi due del 59% il numero di pazienti che assumono farmaci antiretrovirali per tenere sotto controllo sia l’insorgenza dei sintomi che i contagi. “Stiamo ottenendo progressi sempre più velocemente: gli stessi risultati che in passato si raggiungevano in dieci anni oggi li otteniamo in 24 mesi”, ha commentato entusiasta Michel Sidibé, direttore esecutivo di Unaids. “I miglioramenti sono progressivamente sempre più veloci e questa è la prova che se c’è la volontà politica e la costanza potremmo ottenere gli obiettivi che ci siamo prefissati entro il 2015”. In particolare, l’Unaids ha sottolineato la necessità di una spinta finale, nel 1000 giorni che mancano a questa scadenza, per raggiungere l’ambizioso Obiettivo del Millennio sull’Aids: quello di raggiungere finalmente gli zero contagi.
 
I risultati più promettenti
L’area per la quale probabilmente si sono avuti i maggiori progressi negli ultimi anni è forse quella che riguarda i contagi dei bambini: circa la metà delle infezioni prevenute negli ultimi due anni riguardava infatti l’infezione durante o subito dopo il parto. In 24 mesi infatti il numero di queste è diminuito del 24% globalmente, e di oltre il 40% in alcune nazioni critiche (Burundi, Kenya, Namibia, Sud Africa, Togo e Zambia). “È sempre più evidente che azzerare il numero di infezioni nei bambini è fattibilissimo”, ha aggiunto Sidibé. “Il risultato è incoraggiante, ci fa passare dalla paura e dalla disperazione alla speranza”.
L’altro ambito che fa ben sperare, come già accennato, è quello della riduzione del numero di morti per Aids: il documento pubblicato dimostra infatti che la terapia antiretrovirale ha avuto in questi anni la forza di salvare numerose vite: nella sola Africa Sub-Sahariana sono ormai circa 2,3 milioni le persone curate, mentre negli ultimi 12 mesi la Cina ha incrementato del 50% il numero di sieropositivi trattati con i farmaci.
Dal 2005 le morti sono diminuite di quasi mezzo milione, delle quali solo in Sud Africa sono state 100 mila, in Zimbabwe quasi 90 mila e in Kenya 71 mila.
 
La questione degli investimenti
Come prevedibile, la maggiore preoccupazione riguarda oggi i finanziamenti per i programmi dei prossimi anni. Ad oggi manca infatti circa il 30% dei fondi necessari annualmente da qui al 2015: se nel 2011 sono stati investiti ‘solo’ 16,8 miliardi di dollari, annualmente nei prossimi tre anni sarebbero necessari circa 22-24 miliardi.
Finora, sembrerebbe che a questo problema ogni nazione stia cercando di provvedere singolarmente: per la prima volta in assoluto, infatti, nel 2011 i fondi per la ricerca nazionale sono stati più alti di quelli globali. Inoltre, in 26 delle 33 nazioni che fanno parte dell’Africa Sub-Sahariana, più della metà degli investimenti proviene da donatori.
Gli Stati Uniti rimangono il paese traino dei finanziamenti: ad oggi rispondono di circa il 48% dei livelli di assistenza per i sieropositivi, e insieme al Fondo Globale per l’Aids, la Tubercolosi e la Malaria forniscono la maggior parte dei soldi. “Bisognerebbe ridurre questa dipendenza internazionale per i programmi di trattamento dell’Hiv”, hanno commentato dall’Unaids.
 
Il futuro della lotta all’Hiv/Aids
Nonostante gli innumerevoli passi in avanti sono ancora tanti i problemi. Secondo le stime dell’Unaids sono ancora circa 6,8 milioni i pazienti che necessiterebbero di trattamento ma ancora non hanno accesso ai farmaci antiretrovirali. Oltre a questi, sono circa 4 milioni le coppie cosiddette ‘discordanti’, ovvero in cui solo uno dei partner è sieropositivo, che avrebbero bisogno della terapia per evitare il contagio. Dei 34 milioni di persone sieropositive, inoltre, circa la metà non sa di esserlo, un problema che oltre che di salute individuale diventa chiaramente anche di prevenzione. Infine, i costi di cura sono ancora troppo alti in molti casi, e per sostenere l’accesso alla cura bisogna incoraggiare la produzione nazionale di medicinali e sempre nuovi finanziamenti.
Questi dunque sono gli ambiti che ancora necessitano miglioramenti, ma non solo. Oltre a questi c’è anche un problema che tende ad essere ignorato, cioè quello dell’enorme di sproporzione di impatto dell’Aids su alcune categorie specifiche, come i sex workers, gli uomini che hanno rapporti con altri uomini (a prescindere dalla loro identità di genere) o le persone che fanno uso di droghe iniettabili: la questione rimane migliorare l’accesso di questi gruppi alle cure, mentre i programmi terapeutici spesso falliscono quasi completamente nel farlo. “Unaids si concentrerà nel supporto alle nazioni, in modo da accelerare ulteriormente sia sulla prevenzione che sul trattamento, di queste come di altre categorie di persone”, ha concluso Sidibé. “Ora che sappiamo che migliorare progressivamente e massicciamente la cura è possibile, dobbiamo infatti raggiungere sempre più popolazioni e settori sociali con i servizi di assistenza cruciali per l’Hiv/Aids”.
 
Laura Berardi
21 novembre 2012
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