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QS Edizioni - sabato 27 luglio 2024

Studi e Analisi

Dal paziente al centro alla relazione di cura. La vera sfida del sistema sanitario

di Giorgio Banchieri e Andrea Vannucci
immagine 12 febbraio - Dobbiamo ricordarci che la performance di un sistema sanitario è in buona sostanza la somma di innumerevoli singole relazioni di cura che funzionano. Questa considerazione può disturbare qualcuno dei nostri “aziendalisti” d professione, ma non ridimensiona anzi giustifica ed esalta tutti gli sforzi che un’ampia comunità di professionisti, manager sanitari, amministratori pubblici e governanti fanno.

In precedenti articoli su QS abbiamo affrontato tematiche che riguardano la gestione della salute e il ruolo delle comunità, la congiuntura attuale e la necessità che abbiamo di un approccio integrato al tema salute.Ritorniamo ancora su ciò, ma solo come cornice di quello che però costituisce il cuore di ogni sistema sanitario: l’incontro tra i pazienti e coloro che li curano e li assistono

La visione “One Health”
Con l'inclusione formale del “Programma Ambientale” delle Nazioni Unite (UNEP) condiviso da WHO, FAO e WOHA nel 2022, e con il successivo lancio del “Global One Health Joint Plan of Action” (2022-26), si è creata l’opportunità per affrontare in un modo nuovo il tema della salute:

, “… One Health è un approccio integrato e unificante che mira ad equilibrare e ottimizzare in modo sostenibile la salute di persone, animali ed ecosistemi. Riconosce che la salute dell’uomo, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell’ambiente in generale (ecosistemi inclusi) sono strettamente collegati e interdipendenti. L’approccio One Health spinge molteplici settori, discipline e comunità a vari livelli della società a lavorare insieme per promuovere il benessere e affrontare le minacce per la salute e gli ecosistemi, affrontando al tempo stesso la necessità comune di acqua pulita, energia e aria, alimenti sicuri e nutrienti, contrastando il cambiamento climatico e contribuendo allo sviluppo sostenibile” [One Health High-Level Expert Panel (OHHLEP). Annual Report 2021]

Questa prospettiva è cosi interessante e promettente che già adesso dovrebbe spingere molteplici settori, discipline e comunità a vari livelli della società a lavorare insieme per promuovere il benessere e affrontare le minacce presenti e future per la salute e per gli ecosistemi correlati ed i loro rapporti con il cambiamento climatico con il suo impatto dirompente sulle condizioni di vita e di salute che sollecita una rapida e diffusa presa di coscienza della necessità di un cambiamento del modello di sviluppo oggi prevalente.

Il PNRR e il coinvolgimento delle comunità
Il PNRR, nonostante alcune revisioni peggiorative per il comparto sanitario resta la grande opportunità per consentire la startup di quanto previsto nel DM 77: una visione fondata sulle attività distrettuali, la pianificazione, il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi territoriali e in particolare:
- con lo sviluppo di strutture di prossimità, come le Case e gli Ospedali di Comunità, quale punti di riferimento per la risposta ai bisogni di natura sanitaria, sociosanitaria a rilevanza sanitaria per la popolazione di riferimento;

- con il potenziamento delle cure domiciliari affinché la casa possa diventare il luogo privilegiato dell’assistenza;

- con l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale e lo sviluppo di équipe multiprofessionali che si prendano cura delle persone in modo olistico, con particolare attenzione alla salute mentale e alle condizioni di maggiore fragilità (Planetary Health);

- con un uso sistematico di una medicina di iniziativa che si basi però sulla stratificazione della popolazione per intensità dei bisogni;

- con l’uso di algoritmi assistenziali generati con l’aiuto della IA per l’individuazione delle persone da assistere, per la gestione dei loro percorsi, per l’assistenza a domicilio e l’integrazione della rete professionale che opera sul territorio e in ospedale;

- mediante la convinta valorizzazione della co-progettazione con pazienti e cittadini;

- e infine con la partecipazione di tutte le risorse della comunità nelle diverse forme e con il coinvolgimento dei diversi attori locali (Aziende Sanitarie Locali, Comuni e loro Unioni, professionisti, pazienti e loro caregiver, associazioni/organizzazioni del Terzo Settore, ecc.).

Medicina di popolazione e di iniziativa nelle comunità
Nel PNRR l’incipit di tutte le policy di salute parte dalla capacità dei Distretti Sanitari di realizzare un’analisi della stratificazione della popolazione e dei territori come strumento di analisi dei bisogni, finalizzata alla “programmazione e alla presa in carico”. Tutto molto bene, ma con quali strumenti ancora non viene indicato e questo è un punto cruciale per passare dalle chiacchere ai fatti.

Sempre nel PNRR si afferma che i riferimenti dovrebbero essere:
- la Medicina di Popolazione, per la promozione della salute della popolazione di riferimento, attraverso l’utilizzo di modelli di stratificazione ed identificazione dei bisogni di salute basati sull’utilizzo di dati;

- la Sanità di Iniziativa, per la gestione delle malattie croniche, modello fondato su un’assistenza proattiva all’individuo dalle fasi di prevenzione ed educazione alla salute fino alle fasi precoci e conclamate della condizione morbosa;

- la Stratificazione della Popolazione, per profili di rischio, attraverso algoritmi predittivi, per differenziare le strategie di intervento per la popolazione e per la presa in carico degli assistiti sulla base del livello di rischio, di bisogno di salute e del consumo di risorse;

- Il Progetto di Salute, quale strumento di programmazione, gestione e verifica; associato alla stratificazione della popolazione e alla classificazione del “bisogno di salute” indentificando gli standard essenziali delle risposte cliniche socioassistenziali, diagnostiche, riabilitative e di prevenzione.

Determinante sarà la capacità o meno delle AUSL, tramite i Distretti Sanitari, di agire un efficace governance dei processi assistenziali per filiere di patologia, proponendo una lettura dei bisogni delle popolazioni in divenire, obiettivi di salute da condividere e programmi di assistenza da co-gestire.

I Distretti dovranno acquisire quella capacità manageriale e quelle competenze specifiche che in passato solo sporadicamente hanno manifestato di avere:
- la governance dell’assetto organizzativo: il lavoro in team, la presenza di personale non medico qualificato, il coordinamento degli interventi per favorire l’accessibilità e garantire la continuità delle cure sono gli elementi essenziali di un contesto organizzativo favorevole all’assistenza centrata sul paziente;

- la capacità di gestione delle infrastrutture informatiche: una serie di funzioni che favoriscono lo sviluppo dell’assistenza centrata sul paziente richiede la dotazione di infrastrutture informatiche evolute e l’abilità a usarle;

- l’uso di sistemi di valutazione uniformi: nonostante la sua complessità, l’assistenza centrata sul paziente può essere misurata, in modo che i policy makers possano monitorare i progressi verso un sistema sanitario più centrato sul paziente, adottando, come avviene in molti Paesi, un sistema unico di valutazione dei bisogni dei pazienti, partendo dai singoli Distretti Sanitari;

- l’analisi dei fabbisogni formativi: l’università deve occuparsi più frequentemente e rigorosamente delle abilità interpersonali dei professionisti, così come le organizzazioni a tutela dei cittadini devono incoraggiare i pazienti a intervenire nella gestione della loro assistenza e a condividere le decisioni sulla loro salute. Le organizzazioni sanitarie, infine, devono promuovere la cultura della centralità del paziente attraverso politiche che favoriscono la relazione di cura;

- l’interfaccia con la politica: molto dipenderà anche dalla politica, dal ruolo che vorranno svolgere i policy makers a livello nazionale e locale, dal loro impegno nel sostenere trasformazioni strutturali e personali difficili, ma necessarie.

La comunità come habitat della relazione
Ospedali e Case di “comunità” hanno bisogno di comunità organizzate, proattive, partecipi, inclusive e di reti di servizi sanitari, sociosanitari e sociali che si integrano su obiettivi di salute condivisi.

Se diventano dei nuovi “silos” hanno perso in partenza il loro potenziale di innovazione.

Se diventano dei nuovi “silos” è indifferente chi li gestisce, anche il “privato accreditato”, come avviene in Lombardia e già si diffonde in altre Regioni.

Il coinvolgimento dei pazienti e dei cittadini sta mettendo radici in una serie di organizzazioni sanitarie come mostrano numerose esperienze a livello internazionale, nazionale e regionale.

Le competenze locali stanno crescendo, così come la comprensione degli elementi chiave che facilitano la creazione di organizzazioni capaci di coinvolgimento a livello locale.

La “comunità”, in quanto tale, quando esiste realmente ed è proattiva:
- È la sede delle relazioni di cura;
- Genera energie e opportunità a supporto del singolo;
- Include e supporta;
- Garantisce la sostenibilità dei servizi e li implementa;
- Previene la fragilità e sostiene le cronicità

Oggi si parla di ecosistemi per intendere comunità di individui che interagiscono con il loro ambiente e sono allo stesso tempo un tutto e una parte di un sistema più ampio. Nel settore sanitario una prospettiva ecosistemica prevede il coinvolgimento dei pazienti e dei cittadini e ci ricorda che l'assistenza sanitaria, nella sua essenza, riguarda le relazioni tra le persone. Questa prospettiva evidenzia anche l'idea che queste relazioni interagiscono con, e sono influenzate da, il loro ambiente (ad esempio, comunità, ambienti economici e politici, organizzazioni e sistemi sanitari).

A livello individuale, tutti i partecipanti devono scoprire e sviluppare le proprie competenze, abilità e risorse, per potersi impegnare in relazioni produttive con persone che hanno interessi, conoscenze e prospettive diverse.

La relazione di cura
Da vari anni si afferma che nel nostro sistema e per i nostri servizi “il paziente è al centro”.

Osservando come funzionano le cose non sempre però tale affermazione trova la necessaria evidenza. Il paziente sarà anche al “centro” ma rischia di restarci da solo perché questa idea di centralità rischia di distrarci da quello che è il vero punto chiave: la relazione di cura

Secondo la definizione dell’Institute of Medicine (IOM – www.iom.edu) l’assistenza centrata sul paziente significa “rispetto e attenzione ai bisogni, alle preferenze e ai valori del paziente, garanzia che quei valori guideranno ogni decisione clinica”.

"Paziente al centro" e "relazione di cura al centro" sono concetti correlati ma distinti che pongono l'attenzione su aspetti differenti dell'assistenza sanitaria.

- Paziente al centro: questo concetto si riferisce a un modello di assistenza sanitaria in cui il paziente è considerato il punto focale e principale beneficiario del sistema sanitario. Nell'approccio "paziente al centro", l'assistenza è progettata e fornita in modo da rispondere alle esigenze, alle preferenze e ai valori del paziente stesso. Ciò implica un coinvolgimento attivo del paziente nel processo decisionale riguardo al suo trattamento, l'accesso a informazioni trasparenti e comprensibili, nonché una maggiore autonomia nell'autogestione della propria salute.

- Relazione di cura al centro: in questo caso si vuol mettere l'accento sull'importanza di una relazione solida e collaborativa tra il paziente e il fornitore di assistenza sanitaria, che può essere un medico, un infermiere o un altro professionista sanitario. Una relazione di cura efficace si basa su elementi come empatia, comunicazione efficace, ascolto attivo, rispetto reciproco e condivisione delle decisioni. Questo tipo di relazione non solo favorisce una migliore comprensione delle esigenze del paziente, ma anche una maggiore aderenza al trattamento e migliori risultati di salute.

In sintesi, mentre "paziente al centro" si concentra sul posizionare il paziente come beneficiario principale dell'assistenza sanitaria, "relazione di cura al centro" enfatizza l'importanza di una connessione di fiducia e collaborazione tra il paziente e il suo fornitore di assistenza sanitaria

Tale relazione si nutre di un continuo scambio bidirezionale d’informazioni finalizzato a esplorare e rispettare le preferenze e i valori del paziente, ad aiutare il paziente e la sua famiglia a fare le scelte giuste, a facilitare l’accesso alle cure appropriate, a rendere possibili i cambiamenti negli stili di vita necessari per mantenere o migliorare lo stato di salute.

I risultati di una più intensa comunicazione tra paziente e team assistenziale sono stati studiati in una serie di ricerche che hanno dimostrato il raggiungimento di una serie di outcome, come: il miglioramento della qualità della vita; una più lunga sopravvivenza; il contenimento dei costi assistenziali (es: minori accertamenti diagnostici, minori ricoveri ospedalieri) e la riduzione nelle diseguaglianze di salute.

Un efficace “relazione di cura” prevede un contesto nel quale funzionino bene le relazioni tra professionisti sanitari e tra quest’ultimi ed il management sanitario.

La relazione tra professionisti sanitari
Le sinergie tra una buona relazione di cura con i pazienti e buone relazioni tra professionisti sanitari sono fondamentali per garantire una gestione efficace dei pazienti e una migliore qualità dell'assistenza sanitaria complessiva. Ecco alcuni modi in cui queste due dimensioni possono interagire positivamente:
- Comunicazione e condivisione delle informazioni: una buona relazione di cura tra il paziente e il medico può facilitare una migliore comunicazione e condivisione delle informazioni tra i professionisti sanitari coinvolti nel trattamento del paziente. Se il paziente si sente a suo agio nel comunicare le proprie preoccupazioni e sintomi al suo medico di fiducia, questo può aiutare il medico a comprendere meglio la situazione e a trasmettere informazioni importanti ad altri professionisti sanitari coinvolti, migliorando così il coordinamento del trattamento. Una relazione di cura solida tra il paziente e il suo team di assistenza sanitaria può favorire una maggiore collaborazione e coordinamento tra i professionisti sanitari. Quando i professionisti sanitari operano insieme in modo collaborativo e rispettoso, è più probabile che condividano conoscenze, competenze e risorse per garantire un trattamento completo e integrato per il paziente.

- Coinvolgimento del paziente nel team dei professionisti sanitari: quando il paziente si sente parte integrante del team e viene coinvolto nelle decisioni riguardanti il suo trattamento, può contribuire in modo significativo alla sua cura e al raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
Rispetto reciproco e supporto: una buona relazione tra professionisti sanitari basata sul rispetto reciproco e sul supporto può riflettersi positivamente nella qualità della cura fornita ai pazienti. Quando i professionisti sanitari si fidano l'un l'altro e si sostengono a vicenda, è più probabile che lavorino insieme al meglio per affrontare per ottenere il miglior risultato possibile per il paziente.

In definitiva, una buona relazione di cura con i pazienti e buone relazioni tra i professionisti sanitari si alimentano reciprocamente, creando un ambiente favorevole per una cura centrata sul paziente, collaborativa e di alta qualità.

La relazione tra professionisti e manager sanitari
Non sono così frequenti gli esempi di una buona relazione tra professionisti sanitari e manager sanitari. Eppure parliamo di una condizione fondamentale per garantire un ambiente di lavoro positivo e per fornire un'assistenza sanitaria di alta qualità.

Una buona relazione tra professionisti e manager sanitari si basa su una comunicazione aperta e trasparente, rispetto reciproco, condivisione degli obiettivi, supporto reciproco, affidabilità, collaborazione e promozione di un clima di fiducia e sicurezza. Per riuscirci gli elementi chiave da considerare sono:
-Comunicazione aperta e trasparente: Una comunicazione chiara e aperta è essenziale per una relazione efficace tra professionisti e manager sanitari. Questo include la condivisione di informazioni pertinenti, obiettivi, aspettative e sfide in modo tempestivo e accurato.

- Rispetto reciproco: Il rispetto reciproco tra professionisti sanitari e manager sanitari è fondamentale per creare un ambiente di lavoro collaborativo e armonioso. Ciò implica riconoscere e apprezzare le competenze, le responsabilità e le prospettive di ciascuna parte coinvolta.

- Condivisione degli obiettivi: È importante che professionisti e manager sanitari condividano gli stessi obiettivi e siano allineati rispetto alla missione e alla visione dell'organizzazione sanitaria. Questo favorisce un senso di scopo comune e un impegno condiviso per il successo organizzativo.

- Ascolto attivo e coinvolgimento: I manager sanitari dovrebbero dimostrare un genuino interesse per le esigenze, le preoccupazioni e le prospettive dei professionisti sanitari. Ascoltare attivamente le loro opinioni e coinvolgerli nel processo decisionale favorisce il senso di appartenenza, alza il morale e motiva i professionisti

- Supporto e sviluppo professionale: I manager sanitari dovrebbero fornire supporto adeguato ai professionisti sanitari, sia in termini di risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro in modo efficace, sia attraverso opportunità di sviluppo professionale e formazione continua.

- Affidabilità e coerenza: I professionisti sanitari dovrebbero poter contare sui manager sanitari per prendere decisioni coerenti, basate su dati e orientate agli obiettivi, e per fornire una leadership affidabile durante i momenti di sfida o crisi.

- Collaborazione e risoluzione dei conflitti: La capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo e di lavorare insieme per trovare soluzioni efficaci è essenziale per mantenere una relazione positiva tra professionisti e manager sanitari.

- Promozione di un clima di fiducia e sicurezza: I manager sanitari dovrebbero creare un ambiente di lavoro che favorisca la fiducia, la sicurezza psicologica e il benessere dei professionisti sanitari, promuovendo un equilibrio sano tra lavoro e vita privata.

Perché può essere difficile
Ci sono diverse ragioni per cui i manager sanitari non riescono a fare tutte queste cose, ed in particolare il non tener conto del parere dei professionisti sanitari:
- Pressioni esterne: i manager sanitari potrebbero essere soggetti a pressioni esterne da parte di finanziatori, regolatori o altri stakeholder, che possono influenzare le loro decisioni e priorità, spingendoli a ignorare il parere dei professionisti sanitari.

- Obiettivi organizzativi: a volte i manager potrebbero essere concentrati principalmente sul bilancio finanziario o il raggiungimento di determinati indicatori di performance, e potrebbero non considerare pienamente alcune possibili implicazioni negative per la pratica clinica o per il benessere dei pazienti.

- Mancanza di competenze cliniche: alcuni manager sanitari potrebbero non avere una conoscenza dettagliata delle questioni pratiche legate all'assistenza sanitaria, il che potrebbe portarli a sottovalutare o ignorare i pareri dei professionisti sanitari.

- Problemi di comunicazione: la carenza di una comunicazione efficace tra i manager e i professionisti può portare a incomprensioni o fraintendimenti che ostacolano la giusta considerazione del parere dei professionisti sanitari.

- Autoritarismo o mancanza di fiducia: talvolta i manager sanitari manifestano uno stile autoritario e mostrare una mancanza di fiducia nei confronti dei professionisti sanitari, scoraggiando la partecipazione attiva o il loro contributo.

- Vincoli di risorse: non possiamo infine ignorare come accada che i manager sanitari debbano prendere decisioni basate su vincoli di risorse, come budget limitati o carenze di personale, che potrebbero portarli a ignorare o minimizzare i pareri dei professionisti sanitari.

Considerazioni conclusive
In conclusione, dobbiamo ricordarci che la performance di un sistema sanitario è in buona sostanza la somma di innumerevoli singole relazioni di cura che funzionano. Questa considerazione può disturbare qualcuno dei nostri “aziendalisti” d professione, ma non ridimensiona anzi giustifica ed esalta tutti gli sforzi che un’ampia comunità di professionisti, manager sanitari, amministratori pubblici e governanti fanno.

E ricordiamo, ancora una volta, cosa tutto ciò dovrebbe comportare:
- Cambiamenti istituzionali: unificando le competenze sanitarie, socio sanitarie e sociali, che tutt’ora fanno capo a Ministeri diversi (Ministero della Sanità e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) e lor articolazioni territoriali (Ispettorati) e regionali (Assessorati);

- Strutturazione dei Distretti Sanitari: come “Agenzie di Salute” delle popolazioni di riferimento;

- Loro capacità di governance delle politiche di salute con gli altri stakeholder territoriali e con tutti i soggetti delle filiere assistenziali per patologie;

- Formazione degli operatori sanitari, sociosanitari e sociali condivisa su relazioni di cura, empowerment dei cittadini e presa in carico e continuità delle cure, garantendo qualità, appropriatezza, sicurezza, equità e universalismo;

- Sistemi unici di valutazione dei pazienti in tutte le Unità di Valutazione Distrettuali e da parte dei terzi erogatori convenzionati o in outsourcing;

- Conoscenza delle presenze nei territori dei soggetti terzi nelle filiere assistenziali aggiornata in divenire con banche dati condivise con gli attori dei processi assistenziali e capacità di riconoscimento dei loro possibili apporti e interessi;

- Costruzione di Piani di Salute, Piani di Zona, Piani Territoriali condivisi;

- Definizione di obbiettivi di salute condivisi, loro standard, indicatori e sistemi di monitoraggio e valutazione ex ante e ex post con sistemi sanzionatori e premianti;

- Prevedere spazi e mezzi per ospitare le presenze autorganizzate delle comunità nelle “Case di Comunità” e negli “Ospedali di Comunità” favorendo il loro empowerment, la co-progettazione, la co-gestione dei PDTA e degli obbiettivi di salute;

- Co-progettare eco-gestire quanto sopra con centratura sul paziente, o meglio, sulle relazioni di cura.

Sembrerebbero cose ovvie e conseguenziali, ma non lo sono … ci sono molte resistenze e molti interessi divergenti. È un sistema complesso che richiede volontà ed abilità da parte di coloro che per ruolo istituzionale devono garantire risultati efficaci ed equamente distribuiti per i pazienti ed i cittadini. Quale sfida più bella potremmo immaginare?

Giorgio Banchieri
Segretario Nazionale ASIQUAS, Docente DiSSE, Università “Sapienza”, Roma

Andrea Vannucci
Professore a contratto di programmazione, organizzazione e gestione delle aziende sanitarie DISM UNISI

12 febbraio 2024
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