Studi e Analisi
La sanità italiana è sempre più in crisi. Spesa ancora sotto la media Ocse. Spendiamo pro capite 3.709 dollari in meno della Germania e 2.339 rispetto alla Francia. Crolliamo al 9° posto per aspettativa di vita. Molto elevati i decessi causati dall’inquinamento atmosferico
di Giovanni RodriquezIn Italia il livello di investimenti per il settore sanitario continua ad attestarsi al di sotto della media Ocse. Sia in termini di spesa pro capite a parità di potere d'acquisto, che in rapporto al Pil, la Germania investe quasi il doppio. Numeri ben più alti di quelli italiani vengono registrati anche in Francia.
A livello di personale sanitario, il nostro Paese può vantare un numero di medici per 1.000 abitanti in linea con gli standard Ocse, ma persiste una forte carenza di infermieri. Molto male anche il dato relativo alla dotazione di posti letto ospedalieri. Peggiora la speranza di vita alla nascita: storicamente l'Italia si assestava sempre ai primi posti insieme al Giappone, oggi scivola al nono posto.
Quanto ai fattori di rischio, per il nostro Paese dati positivi sul consumo di alcol e tasso di popolazione obesa, male per il numero di fumatori e molto male per il dato sui decessi causati dall'inquinamento atmosferico che arriva quasi a doppiare la media Ocse.
Questi alcuni dei principali dati raccolti nella nuova edizione appena pubblicata di Health at a Glance dell’Ocse che ogni anno raccoglie statistiche economiche e medico sanitario dei paesi aderenti offrendo un panorama esaustivo della realtà dei loro servizi sanitari.
Aspettativa di vita alla nascita. In quanto a speranza di vita l’Italia scivola al nono posto della classifica (eravamo terzi nella scorsa edizione) con una media di 82,7 anni, insieme al Lussemburgo, a fronte di una media Ocse di 80,3. Sopra l’Italia troviamo: Giappone (84,5), Svizzera (83,9), Corea (83,6), Australia (83,3), Spagna (83,3), Norvegia (83,2), Islanda (83,2) e Svezia (83,1).
Positivo il tasso di mortalità evitabile che vede l’Italia al settimo posto con 146 per 100.000 abitanti, ben al di sotto della media Ocse di 237.
Fattori di rischio. Il fumo, il consumo di alcolici e l'obesità sono i tre principali fattori di rischio individuali per le malattie non trasmissibili, che contribuiscono a un'ampia quota di decessi a livello mondiale. Anche l'inquinamento atmosferico è un determinante ambientale critico per la salute.
Il fumo uccide 8 milioni di persone ogni anno a livello globale. I tassi di fumatori sono diminuiti nella maggior parte dei Paesi Ocse nell'ultimo decennio, passando in media dal 20,4% del 2011 al 15,9% del 2021. Nella Repubblica Slovacca, Lussemburgo e Turchia, invece, i tassi sono leggermente aumentati. In Italia la percentuale di fumatori quotidiani tra gli over 15 è di 19,1, un dato che si attesta sopra la media Ocse del 16%.
Vanno meglio le cose riguardo il consumo di alcol. Quanto al consumo pro capite nella popolazione over 15 l’Italia si attesta al 7,7 al di sotto della media Ocse di 8,6.
Anche guardando all’obesità i numeri italiani possono considerarsi positivi con un dato che si ferma a 12 al di sotto alla media Ocse di 19,5.
Molto negativo invece il dato riferibile a decessi causati dall’inquinamento atmosferico. In Italia si registra un dato di 40,8 decessi per 100.000 abitanti ben al di sopra della media Ocse di 28,9.
Spesa sanitaria. Mentre la spesa sanitaria è cresciuta in genere più velocemente del Pil nell'ultimo decennio, la sua quota nell'economia generale complessiva è diminuita nella maggior parte dei Paesi dall'apice della pandemia Covid, riflettendo il difficile clima economico attuale.
Per spesa pro capite a parità di potere d’acquisto l’Italia spende 4.291 dollari, un dato che continua ad attestarsi sotto la media Ocse di 4.986 dollari. Il confronto resta impietoso rispetto ai grandi Paesi europei come la Germania che spende quasi il doppio (8.000 dollari) e la Francia (6.630). Spende più dell’Italia anche la Spagna con4.432 dollari pro capite.
Il dato ovviamente non migliora in rapporto al Pil. L’Italia destina il 9% del Pil alla sanità, una quota leggermente al di sotto della media Ocse del 9,2%, ma ancora una volta di molto inferiore rispetto a Germania (12,7%) e Francia (12,1%).
Personale sanitario. Quanto al numero di operatori sanitari in rapporto agli abitanti, l’Italia conferma di avere una buona quantità di medici ma una forte carenza di infermieri. Nel nostro Paese si contano infatti 4,1 medici ogni 1.000 abitanti, dato superiore rispetto alla media Ocse di 3,7; ma soli 6,2 infermieri a fronte di una media Ocse di 9,2 per 1.000 abitanti.
Molto male anche la dotazione di posti letto ospedalieri. L’Italia ha 3,1 posti letto ospedalieri per 1.000 abitanti, la media Ocse è di 4,3. La Germania ne ha oltre il doppio (7,8) e anche la Francia quasi doppia il dato italiano (5,7).
Spesa farmaceutica. La spesa per i prodotti farmaceutici al dettaglio (esclusi cioè quelli utilizzati durante le degenze ospedaliere e in altre strutture sanitarie) rappresenta un sesto della spesa sanitaria complessiva dei Paesi Ocse. Mentre i prodotti farmaceutici al dettaglio sono la terza componente della spesa sanitaria dopo le cure ospedaliere e ambulatoriali. L’Italia è al 63% dei farmaci acquistati dallo Stato, di poco sopra la media Ocse del 58%; mentre la spesa sostenuta di tasca propria dai cittadini è del 37% (la media Ocse è del 39%).
Una varietà di fattori influenza invece il livello di spesa pro capite sui prodotti farmaceutici al dettaglio, come le modalità di distribuzione, prescrizione ed erogazione; politiche di prezzo e di approvvigionamento; modelli di adozione dei farmaci nuovi e generici. Nel 2021, la spesa farmaceutica media pro capite al dettaglio nei paesi Ocse è stata pari a 614 dollari (dato aggiustato per le differenze di potere d’acquisto); l’Italia ha fatto registrare un dato superiore arrivando a 692 dollari. Un dato ad ogni modo inferiore rispetto sia alla Francia (701 dollari), sia soprattutto alla Germania (1.006 dollari).
Farmacie e farmacisti. Tra il 2011 e il 2021 il numero dei farmacisti pro capite sono aumentati nei paesi Ocse del 20% in media, a 85 farmacisti per 100.000 abitanti, con una densità che tuttavia varia molto da paese a paese. L’Italia risulta al terzo posto con 128 farmacisti per 100.000 abitanti, un dato inferiore solo a Belgio (131) e Giappone (199). La maggior parte dei farmacisti lavora nelle farmacie comunitarie, ma molti lavorano anche negli ospedali e nell'industria, oltre che nella ricerca e in ambienti accademici.
Quanto al numero di farmacie, in Italia sono 33 per 100.000 abitanti a fronte di una media Ocse di 28. In questo caso la dotazione italiana è superiore rispetto a Francia (31) e Germania (23).
Farmaci generici e biosimilari. Tutti i paesi Ocse considerano i mercati dei generici e dei biosimilari come un'opportunità per aumentare l'efficienza della spesa farmaceutica, ma molti non ne sfruttano appieno il potenziale. Nel 2021, i generici rappresentavano più di tre quarti del volume dei farmaci venduti in Cile, Germania, Nuova Zelanda, Regno Unito, Paesi Bassi, Canada e Lettonia. E in Italia? Il nostro Paese si piazza al terzultimo posto con un dato che si ferma ad appena il 27% a fronte di una media Ocse del 54%. Differenze nella struttura del mercato (in particolare il numero di medicinali a brevetto scaduto) e nelle pratiche di prescrizione spiegano alcune difformità tra paesi, ma molto dipende anche da eventuali politiche di incentivo. Negli ultimi decenni, Francia e Ungheria, ad esempio, hanno introdotto incentivi per i medici di medicina generale che prescrivono farmaci generici. In Svizzera, i farmacisti ricevono una commissione per la sostituzione del generico; in Francia, le farmacie ricevono bonus se i loro tassi di sostituzione sono elevati.
Per quanto riguarda i biosimilari, l’entità della penetrazione di questi prodotti in un paese dipende dal protocollo di rimborso. Ad esempio, in Irlanda, solo uno dei cinque biosimilari autorizzati dall’Agenzia europea per i medicinali per epoetina alfa è disponibile nell'elenco dei medicinali rimborsabili. La competizione tra biosimilari ha portato i produttori sia degli originator che dei biosimilari di eritropoietine (usate per trattare l’anemia) ad abbassare i loro prezzi. Nel periodo 2021-22 sono stati contabilizzati i biosimilari per il 28% del volume del “mercato accessibile” per le eritropoietine. Questi biosimilari rappresentavano oltre il 70% del mercato in Grecia e Italia, ad esempio. In tutti i paesi analizzati escluso il Belgio, dall’arrivo del biosimilare sul mercato i prezzi di listino sono diminuiti per le eritropoietine, con un calo medio del 42%.
Giovanni Rodriquez