Come è cambiata la vita degli italiani dopo la pandemia da Covid-19? Non chiederselo sarebbe poco lungimirante. Primo, perché la pandemia è stata in realtà una sindemia, drammatica da più punti di vista. Secondo, perché è sempre meglio imparare dagli errori passati. Terzo, non sia mai! Saperlo consentirebbe invece di indirizzare meglio programmi e politiche, non solo per migliorare l'accesso all'assistenza sanitaria, ma anche affrontare la diffusa insicurezza economica e - perché no? - aumentare la fiducia nella scienza in tempo di vaccinazioni. Se poi ce lo dice un autorevole studio internazionale e si può confrontare l’Italia con altri paesi, allora è ancora meglio.
Tra i mesi di marzo e maggio 2023 l’Insitute of Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington insieme alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco, la University of Maryland e Meta hanno intervistato 621.000 persone di 21 paesi di età pari o superiore ai 18 anni, per capire come è cambiata la loro vita durante la pandemia. Tra questi, gli Italiani sono stati quasi 18.000 (
vedi dettaglio Survey).
Per fortuna, circa la metà di noi è ancora soddisfatto della propria vita, anche se altri europei lo sono di più, e dichiara di essere in buona salute o molto buona, mentre altrove queste percentuali sono leggermente più basse.
Tuttavia, sull’offerta sanitaria i dati non sono così rassicuranti. Alla domanda “ha ricevuto cure da un operatore sanitario per le sue condizioni negli ultimi sei mesi?" circa il 36% dice di no, mentre tra coloro che ne hanno ricevute (il 63,4%), le donne sono meno degli uomini, 60,4% e 65,9% rispettivamente, e c’è pure un 17,4% che riceve cure quando non ne ha più bisogno. Tutte le percentuali aumentano per i giovani tra i 18 e i 39 anni. I motivi? Problemi personali da un lato e cattiva organizzazione del SSN dall’altro.
Inoltre, alla domanda “se non è stato in grado di ricevere cure preventive negli ultimi sei mesi, la mancanza di soldi è stata un fattore che ha contribuito?” il 28,9% degli Italiani dice di sì. E anche qui le donne sono più degli uomini. Facciamo peggio di Regno Unito (24,8%), Spagna (18,5%) e Germania (15,4%). I dati riguardano le cure dentistiche, oculistiche, dell'udito e per la salute riproduttiva, gli esami del sangue, lo screening del diabete, la colonscopia, il pap test e la mammografia, a cui hanno rinunciato il 38,3% degli over 40 e il 33,3% dei 18-39enni.
Ma non c’è solo la sanità. Il 30.3% degli italiani dichiara di avere un reddito familiare più basso rispetto a prima della pandemia e trova complicato sostenere anche le altre spese, come comprare del cibo, pagare l’affitto o il mutuo. Il cibo è la voce di spesa più decurtata. È ancora sufficiente in termini di quantità ma lo è meno in qualità. E poi c’è chi, più sfortunato, circa il 14% degli intervistati, addirittura non ha abbastanza da mangiare. Tra quelli in difficoltà, pochi hanno potuto chiedere un prestito e qualcuno ha attinto ai propri risparmi.
Sul fronte vaccini, permane ancora dello scetticismo, più da noi che negli altri paesi europei citati. Il 34.2% degli italiani li considera sicuri solo a volte, mentre sull’efficacia le cose migliorano e più della metà, soprattutto i giovani, li ritiene efficaci ed importanti per la propria salute. La percentuale aumenta al 73% se si parla della salute dei bambini, sebbene resti un 32% che non ha ritenuto opportuno vaccinare i propri figli. Per il Covid 19, la maggior parte degli italiani ha ricevuto tre o più dosi di vaccino (76,1%). Fanno meglio di noi solo alcuni paesi extraeuropei: Vietnam (76,4%), Perù (79,3%) e Cile (86%).
E la scuola? Quasi l’8% degli Italiani in età scolastica l’ha lasciata durante la pandemia e un terzo di quelli rimasti hanno visto ridursi le loro abilità di lettura e di calcolo (sempre peggio le donne rispetto agli uomini).
Insomma, problemi noti ma in peggioramento. E ci voleva una survey internazionale per ricordarci della pesante eredità lasciata dalla pandemia, che ancora oggi chiama in causa una politica certo alle prese con una delicata congiuntura e, a quanto pare, costretta a fare i conti con italiani sempre più sfiduciati. Alla domanda “quanto consideri affidabile il governo nazionale?” gli intervistati hanno risposto per il 65,3% di fidarsi poco o per niente. Siamo secondi tra tutti i paesi europei dopo la Polonia (69,2%) e con una diffidenza molto più alta tra i giovani di 18-39 anni (72,9%) e tra le donne (68,2%).
Cristiana AbbafatiSapienza Università di Roma e Italian GBD Initiative Lorenzo MonastaIRCSS Burlo Garofolo di Trieste e Italian GBD Initiative Link alla survey: https://www.healthdata.org/sites/default/files/2023-09/PRS_Country%20Brief_Italy.pdf