Studi e Analisi
Le risorse umane intangibili che il Ssn sta disperdendo
di Claudio Maria MaffeiCome è logico gran parte del dibattito sulla crisi del Ssn si sta concentrando sul suo sottofinanziamento e sulle carenze di personale legate tra l’altro, ma non solo, al relativo tetto di spesa imposto alle Regioni. Ma c’è qualcosa che il Ssn sta perdendo e che rischia di non essere più recuperato: il valore aggiunto che i professionisti davano con le relazioni che costruivano e i processi che attivavano con competenza e passione. Non è il mio campo (se mai ne avessi uno), ma ho trovato questa definizione a proposito delle risorse “intangibili” del capitale umano: “le competenze e le esperienze delle persone, la loro motivazione ad innovare incluso il loro impegno e supporto al contesto della governance dell’organizzazione e ai suoi valori etici, la loro abilità a comprendere ed implementare le strategie dell’organizzazione e la loro fedeltà e motivazione a migliorare i processi, i beni e prestazioni di servizi, inclusa la loro abilità di leadership e di collaborazione. È un fatto riconosciuto che queste risorse sono in grado di generare una ampia quota del valore ancorché non possono essere possedute direttamente da parte di una organizzazione e rappresentano quella parte del capitale intellettuale che lascia l’azienda al termine dell’orario di lavoro”.
Lo so che una definizione aziendalista così fa un po’ l’effetto del gessetto rotto sulla lavagna, ma mi sembra che abbia dentro le parole chiave giuste: competenze, esperienze, motivazione, impegno, fedeltà, collaborazione, leadership. Ho provato allora a vedere se una ricerca sulle risorse intangibili nel Ssn mi potesse aiutare e il primo riferimento che ho trovato è stato un Dossier della Regione Emilia-Romagna del 2008 su “La rappresentazione del capitale intellettuale nelle organizzazioni sanitarie”. E sempre dalla stessa Regione viene un Documento di qualche anno prima del Distretto di Modena su “L’intangibile in bilancio: la misurazione del capitale intangibile in sanità” ed è qui che ho trovato una distinzione, magari banale ma per me utilissima, all’interno del capitale intangibile tra le componenti umana, relazionale e organizzativa: “ Il Capitale Umano è rappresentato dalle persone, dal know how, dai talenti, dal coinvolgimento, dalle motivazioni e dalle competenze. Il Capitale Relazionale è rappresentato da una serie di sinergie, di alleanze, di relazioni, di valori condivisi e di rapporti di fidelizzazione. Il Capitale Organizzativo è rappresentato dalla capacità d’innovazione, dal livello di soddisfazione sul lavoro, dalla capacità di valorizzazione delle risorse umane e dalla cultura aziendale”.
Leggere queste espressioni nel 2023, a distanza di quindici anni, fa una enorme impressione perché ti fanno capire di quanto ci siamo allontanati dal clima in cui quei documenti sono stati prodotti a livello istituzionale, certo in una Regione avanzata che al tempo aveva come Assessore alla Sanità Giovanni Bissoni, la cui figura ricorda che anche i politici possono rappresentare una quota importante del Capitale Umano del Ssn.
Oggi siamo in presenza di una situazione in cui rimane persino difficile di valori condivisi con e tra i professionisti e di una loro fidelizzazione, vista la loro fuga dal Ssn pubblico. Siamo in una fase in cui purtroppo ormai è passata l’idea che “uno vale uno” e che quel che conta è avere più personale, comunque formato e selezionato. Questo clima è reso clamorosamente evidente dal fenomeno dei medici gettonisti, che fa saltare completamente il ruolo delle equipe, ormai spesso inesistenti come tali in punti chiave del sistema come i Pronto Soccorso e i Dipartimenti dell’area Materno-Infantile.
Ma lo stesso vale per gli altri professionisti, come giustamente ricordato alla fine di un suo intervento qui su Qs da Nicola Draoli parlando della carenza di infermieri: “Il rischio di una narrazione solo numerica sono le soluzioni tampone di reclutamento selvaggio. Il tentativo urgente di coprire “un numero” e non “un professionista”. Il cercare l’assoluzione sui numeri sacrificando il patrimonio scientifico, culturale, specialistico di tutti noi. L’abdicare un ragionamento più faticoso e complesso ma necessario e vitale sul riconoscimento delle specializzazioni infermieristiche, sul rapporto qualitativo con gli operatori di supporto, sulle valorizzazioni delle competenze, sui processi assistenziali innovativi su cui investire. Ragionare solo sui numeri, isolandoli dal resto, rischia di far sembrare il dibattito un dibattito di, perdonate l’espressione, pura manovalanza. Non va assolutamente eliminato ma forse dovremmo sempre sforzarci di affiancarlo a qualcos'altro.” Espressioni che valgono per tutti gli altri professionisti del Ssn.
Se non si torna ad un Ssn in cui le risorse intangibili hanno un valore riconosciuto e tutelato a pagarne le conseguenze saranno la qualità complessiva dell’assistenza e i suoi esiti. Nel contesto attuale ogni forma di innovazione organizzativa, anche di quelle più tradizionali come ad esempio i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), i gruppi di miglioramento aziendali su specifici temi o le reti cliniche regionali hanno difficoltà anche solo “a respirare”. Figuriamoci le innovazioni più complesse, ma indispensabili, come la introduzione delle strutture, funzioni e figure previste dal PNRR o il trasferimento governato di competenze tra figure professionali o la revisione del sistema territoriale dell’emergenza.
Più personale va bene, ma anche più valore al personale. Ricordiamocelo.
Claudio Maria Maffei
Coordinatore Tavolo Salute Pd Marche