Studi e Analisi
Consultori Familiari: una realtà anticipatrice da rilanciare
di David LazzariGli anni ’70 del 900 sono stati una fase caratterizzati da una forte spinta di modernizzazione, lo si vede bene nel campo della salute e dei diritti sociali dei cittadini. A livello internazionale vengono poste le basi scientifiche del “modello biopsicosociale” per leggere salute e malattia, in Italia si vara con la legge Basaglia (legge 180 del 13 maggio 1978) il superamento degli ospedali psichiatrici e nuove forme di assistenza alle persone con malattie mentali, e, dopo pochi mesi, si da il via al Servizio Sanitario Nazionale (legge 23 dicembre 1978, n. 833) sopprimendo il sistema delle mutue.
In quegli stessi anni viene varata la legge sui consultori familiari (legge 29 luglio 1975, n. 405) che ha come obiettivi la consulenza rispetto ai nuovi bisogni che la società mostrava: maternità e paternità responsabili, problemi della coppia, della famiglia anche in ordine ai minori, salute della donna e del prodotto del concepimento, promozione della natalità. Tra le funzioni consultoriali risulta presente e trasversale quella psicologica, che per la prima volta viene riconosciuta come specifica e nel suo ruolo di “consulenza” prima ancora che di terapia.
La legge 405 è anticipatrice a tutti gli effetti dei principi del SSN, che seguirà 3 anni dopo, infatti l’art. 1 della 833 (principi del SSN) recita: “Il servizio sanitario nazionale e' costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attivita' destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalita' che assicurino l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”.
L’attualità dei servizi consultoriali è testimoniata dai Livelli Essenziali di Assistenza del 2017, le prestazioni e gli interventi che il SSN deve garantire ai cittadini. Infatti all’art. 24 del Decreto LEA si legge: “Nell’ambito dell’assistenza distrettuale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie, le prestazioni, anche domiciliari, psicologiche e psicoterapeutiche necessarie ed appropriate” e vengono specificate e dettagliate una serie di situazioni, come:
I LEA 2017 prevedono, oltre a queste tematiche, ambiti diversi di prestazioni per diverse e specifiche tipologie di problemi: minori con disturbi del neurosviluppo (art. 25), persone con malattie mentali (art.26), con dipendenze patologiche (art.28).
E’ quindi evidente che la risposta del Consultorio non costituisce un servizio specialistico per il neurosviluppo, le malattie mentali o le dipendenze ma un servizio di primo livello per quelle situazioni molto diffuse di disagio, di problemi legati a fasi critiche e di transizione di vita, a problemi adattivi, alla necessità di forme di sostegno, consulenza e promozione delle risorse.
Si tratta di attività consulenziali che intercettano bisogni reali ed oggi sempre più diffusi nella popolazione e che costituiscono un tipico servizio sociosanitario di primo livello, dove gli aspetti biomedici (ginecologici, ostetrici, infermieristici, ecc.), psicologici (che sono un ponte naturale tra “bio” e “socio”) e sociali trovano un terreno naturale di integrazione.
Uno dei temi oggi più dibattuti è quello della risposta ai bisogni psicologici della popolazione. Se seguiamo la logica dei LEA questi bisogni si articolano in ambiti diversi come abbiamo visto sopra, che vanno dalle problematiche della famiglia e genitorialità, ai minori con disturbi nel neurosviluppo, alle persone con malattie mentali, a quelle con dipendenze, dalle persone con disabilità e non autosufficienza a quelle con patologie fisiche e croniche o in cure palliative.
Le attività che rientrano nell’ambito consultoriale sono un pezzo molto importante di questo discorso che andrebbe reso presente in modo omogeneo in tutte le Case di Comunità, tenendo conto che oggi non solo la natalità è in crisi ma anche la genitorialità. Siamo passati da modelli rigidi del passato allo smarrimento, all’idea negativa della regola come imposizione piuttosto che come principio da spiegare e condividere nel percorso educativo. La natalità e la genitorialità richiedono risorse psicologiche oggi sempre più compromesse e se vogliamo aiutare la famiglia, nei fatti lasciata a se stessa, lo dobbiamo fare con servizi appropriati e non solo con la retorica.
Il consultorio può essere un elemento fondamentale di una politica di rilancio della natalità ma anche di promozione di una genitorialità serena e positiva, di sostegno al ruolo dei genitori. Gli studi clinici ed epidemiologici ci mostrano come il clima psicologico relazionale tra genitori e figli nelle prime fasi di vita sia il più importante predittore dei comportamenti e della salute nelle fasi successive.
Accanto allo psicologo di base che è chiamato ad integrare le attività biomediche dell’assistenza primaria, rafforzando il ruolo proattivo di iniziativa che serve a prevenire, impedire alle situazioni di aggravarsi, responsabilizzare positivamente le persone, gli psicologi dei servizi consultoriali nelle case di comunità possono svolgere un grande ruolo nel campo specifico descritto dall’art.24 dei LEA.
I consultori ovviamente devono operare in una logica di rete con l’assistenza primaria (MMG, PLS, Psicologo di base, ecc.), con i servizi presenti nelle Case di Comunità, con i servizi sociali e la scuola, con i servizi specialistici della ASL, con le strutture ospedaliere, residenziali e semiresidenziali.
Ed assicurare una presenza adeguata di professionalità, vista ad esempio la carenza di figure psicologiche in molte realtà e di non “espropriare” gli Psicologi presenti con richieste da parte dei Tribunali come evidenziato da Marco Pingitore in un recente articolo (I Consultori Familiari ostaggi dei Tribunali?).
Tra la salute e la malattia c’è una grande zona, nella quale sono milioni di persone, che oggi è una “zona d’ombra” dei nostri servizi pubblici. Se non potenziamo i servizi per illuminare questa fascia di bisogni tra poco non saremo più in grado di sostenere gli interventi per le malattie e le situazioni di cronicità, perché una quota eccessiva di situazioni, dove le persone non stanno bene ma non hanno ancora una malattia maturerà, inevitabilmente e purtroppo, le condizioni della malattia e si riverserà negli ambiti di cura. Dobbiamo potenziare il “prenderci cura” per poter nel prossimo imminente futuro continuare ad assicurare la cura.
David Lazzari
Presidente CNOP