Studi e Analisi
Un nuovo percorso formativo e professionale per MMG e personale infermieristico
di Roberto Polillo, Saverio ProiaInterveniamo ancora sulle anticipazioni del ministro Schillaci sulla riforma delle cure primarie soffermandoci su un secondo aspetto su cui riflettere relativo all'abolizione del corso triennale per l'accesso alla professione di MMG e alla sua sostituzione con una regolare specializzazione universitaria.
Anche su questo argomento la nostra posizione è già nota da tempo avendo sostenuto in tempi non sospetti tale necessità.
In questo secondo intervento vorremmo approfondire il perché sia indispensabile chiudere definitivamente con il corso triennale e iniziare una riflessione sulla proposta di istituire un nuovo corso universitario quinquennale per l'accesso al ruolo di MMG (avendo per modello la laurea in odontoiatria) avanzato su QS da Domenico De Felice.
Una proposta che non condividiamo ma che ci offre lo spunto per inquadrarla nel problema dell'emergenza infermieristica, attraverso l’implementazione di ulteriori competenze complesse e specialistiche anche prevedendo specifici indirizzi nel corso di laurea magistrale in scienze infermieristiche, ad iniziare da quello in infermiere di famiglia/comunità, nonché attraverso la generalizzazione dell’istituzione dello psicologo di cure primarie, come del resto prevede lo stesso articolo 8 del dlgs 502/92
Provvedimenti che permetterebbero senza dubbio di realizzare l’asse portante di quel team interprofessionale che, insieme agli altri professionisti della salute, coadiuvi il medico di famiglia.
Perché siamo a favore della specializzazione universitaria per l'accesso al ruolo di MMG
L'accesso alle strutture del SSN può avvenire solo dopo avere ottenuto un diploma di specializzazione universitaria che rappresenta il requisito (indispensabile) per la partecipazione ai concorsi pubblici.
Incomprensibilmente, deroga da questa regola, non il pediatra di libera scelta, ma il solo MMG, per il quale il requisito di accesso è un corso triennale di tipo regionale e cogestito in larga misura dai sindacati di categoria.
È evidente che tale procedura tende a mantenere da un lato la separatezza dagli altri medici rendendo dunque indispensabile il mantenimento di un rapporto libero professionale, non potendosi stabilire un rapporto di dipendenza per il mancato possesso del titolo abilitante il diploma di specializzazione di tipo universitario) e dall'altro a fidelizzare le giovani leve al sindacato da cui traggono la formazione, valori e credenze.
Un sistema formativo di tipo corporativo che rappresenta, insistiamo, una incomprensibile anomalia rispetto a tutti gli altri professionisti che accedono al servizio pubblico esclusivamente tramite il titolo universitario.
Le conseguenze in termini assistenziali e organizzativi
Le conseguenze sono dunque duplici. Da un lato la formazione è del tutto carente dal punto di vista clinico, essendo la presenza nelle strutture ospedaliere frammentaria e non comportante nessuna assunzione di responsabilità, seppur mediata dal tutor, a differenza di quanto avviene con tutti gli altri specialisti; dall'altro ipostatizza il professionista in una condizione priva di sviluppo ad esclusione della possibilità teorica ma mai realizzata di accedere alla responsabilità del distretto.
Un cortocircuito creato per mantenere il sistema convenzionale e i suoi istituti ultra garantisti e squilibrati rispetto a quelli in godimento dei dipendenti nonostante sicuramente più esposti a burn out e stress lavorativo come anche ieri richiamato da Pierino Di Silverio su QS.
L’osmosi professionale possibile
L'introduzione di un regolare titolo di specializzazione risolverebbe entrambi i problemi: darebbe ai giovani specializzandi una solida base clinica, perché per cinque anni dovrebbero alternare la loro presenza nelle strutture territoriali con quella attiva, con tanto di turni festivi e di guardia in quelle ospedaliere: dall'altro permetterebbe quella osmosi tra lavoro in corsia e in ambulatorio che Massimo Tosini, intervenendo nel dibattito in corso , ha suggerito su QS, auspicando peraltro un provvedimento di passaggio a dipendenza per tutti i MMG, immediato e senza dilazioni od eccezioni.
È ovvio che il possesso di una specializzazione equipollente a quella di medicina interna consentirebbe quella bi-direzionalità che Tosini auspica e che sarebbe anche di sollievo a medici ospedalieri che dopo anni di frontiera in corsia o PS potrebbero passare a un lavoro ambulatoriale come MMG dipendenti di minore impegno professionale ma non di minore importanza. Un processo percorribile ovviamente anche in senso contrario.
La questione infermieristica
Il Ministro Schillaci sta intervenendo in più occasioni anche sulla questione dell’emergenza infermieristica; da tempo abbiamo esposto le nostre proposte in merito e da tempo riteniamo che per affrontare la questione infermieristica non possano essere messe in essere solo a risposte tattiche, perlopiù tamponi momentanei e già sperimentati e verificatisi non risolutivi, quali l’importazione di infermieri da altri Stati, i quali hanno un rapporto medico/infermiere e infermiere/popolazione più preoccupante del nostro mentre esportiamo infermieri in altri stati europei, giustamente ritenuti tra i migliori professionisti.
No a provvedimenti tampone ma risposte incisive e durature
Per questo riteniamo che debbano essere messe in essere delle risposte incisive e durature per affrontare la questione infermieristica con una visione strategica e non solo tattica che investa sulla professione infermieristica considerata una capisaldi della valorizzazione dei professionisti della salute prevedendo:
Una diversa organizzazione del lavoro che liberi i professionisti da incombenze improprie
Il senso delle nostre proposte è volto a una ri-qualificazione del lavoro di tutti gli operatori sanitari, medici o infermieri che siano, in una logica di valorizzazione professionale e di liberazione da carichi e incombenze amministrative che incidono profondamente sulla qualità del lavoro sottraendo tempo prezioso per la cura dei pazienti.
Il passaggio a dipendenza di MMG, il loro inserimento nelle case della comunità insieme al restante personale sanitario infermieristico è il modo anzi l’unico modo attraverso cui centrare questo obiettivo
E per questo serve completare l’equipe con nuove figure professionali (OSS con nuovo profilo, amministrativi, segretari di reparto o di casa della comunità) a cui affidare compiti amministrativi e logistici non sanitari
Un ‘azione riformatrice di grande respiro per valorizzare la componente professionale senza la quale è impossibile salvare un servizio sanitario ormai al collasso.
Roberto Polillo, Saverio Proia