Studi e Analisi
L’estinzione dei Lea
di Ettore JorioIn questi giorni ho ricevuto una lezione che non dimenticherò mai. Verso la conclusione della sua tesi di laurea sullo “spessore di esigibilità della salute erogabile in favore della Nazione”, una brava studentessa mi ha declinato i Lea come i diritti concepiti, disattesi sino ad essere “estinti”. Una estinzione sociale e non ovviamente giuridica.
Il leggere questo suo “vocabolario”, mi ha generato una grande amarezza. Il termine estinti, analizzato nei suoi diversi aspetti, è infatti evocativo di profonde disgrazie esistenziali, tra le quali le definitive scomparse di specie animali (es. i dinosauri), di piante (65 specie) e anche di etnie (solo cinque nella madre Russia, tra i quali i Mator, i più grandi cacciatori di renne sterminati dal vaiolo).
Se da una parte una tale immagine-presagio suscita le sensazioni di un mondo che passa e non ritorna, quella portatami alla mente dalla quasi laureata (che ringrazio per avermi prodotto un così naturale timore umano) mi ha generato una sollecitazione che, se vissuta nel mio privato e non destinata ad essere collettiva, è produttiva del disastro della persona. Un pensiero orribile che vale la pena di una crociata.
LEA sta per strumento e spartito attraverso i quali viene ad essere assicurato il godimento armonico del diritto alla salute. Quella invenzione del revisore costituzionale del 2001 che ha rappresentato il giro di do per garantire a tutti quanto concepito dai Padri costituenti e riconosciuto come diritto fondamentale, l’unico in Costituzione. Quel diritto alla salute che, si ripete, è il solo ad essere definito come tale nella Carta a decorrere dall’1 gennaio 1948 come universale e gratuito per gli indigenti. Il più solare dei diritti sociali al quale la Costituzione ha attribuito anche il principio dell’uniformità, ovverosia dell’esigibilità assicurata ovunque nello spessore individuato, per l’appunto, nel livello essenziale di assistenza.
In relazione a tutte queste previsioni di alto spesso giuridico e sociale, si è realizzato quanto non ci si aspettava, una calamità. Ovverosia una erogazione del diritto alla salute scesa a valori millesimali, specie in alcune aree del Mezzogiorno laddove occorre persino mendicarlo.
Del resto, questo non è altro che il risultato di una strada tracciata dal 2006 dal quale, a fronte della migliore disciplina del mondo approvata dal Parlamento il 1978 (legge n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale universale), si è dato tutto per scontato.
Non si è più approvato, in primis, il Piano sanitario nazionale con conseguente difetto di quelli regionali. Di guisa, si è supposto di pensare solo all’economia della salute, senza però compensare le differenze territoriali e le condizioni umane presenti nelle diverse regioni. E ancora. Si è trascurata la legalità negli appalti; si è tollerata la presenza delle mafie; si è dato peso decisionale ad una politica sgangherata da esercitare direttamente ovvero attraverso i peggiori omologhi; e via dicendo.
Il minimo che poteva capitare è capitato. Che lo strumento costituzionale dei Lea - che si è supposto erroneamente di definire una tantum il 2001 per poi essere ripreso solo il 2017 capendo così ben poco di come siano i livelli assistenziali suscettibili di cambiamento, anche radicale - andasse in fondo sino a raggiungere la sua estinzione.
D’altronde, il sistema non si è neppure accorto di un tale pericolo, tanto da limitarsi ad affiancare ad una scala di valori improvvisata il peso di reale godimento dei Lea, tali da assegnare ad ogni Regione un punteggio di erogazione. Peggio di come è in uso fare nelle gare di tango argentino.
Il Covid ha fatto emergere la pericolosità di una siffatta scala di valori, senza però sollecitare e pretendere una correzione immediata, tant’è che i Lea sono rimasti nel post Covid quelli di tre anni prima dell’avvento della pandemia. Quelli dimostratisi inadeguati per affrontarla.
Rimane un’aspettativa, quella di scorgere una nuova dimensione di ciò che tocca quali-quantitativamente alla salute delle persone, (quasi) soddisfatta nell’avere visto sbirciare lo scorso aprile un tariffario predisposto dall’attuale ministro Schillaci con Lea e tariffe che entreranno in vigore, però, l’1 gennaio e l’1 aprile del 2024, rispettivamente per specialistica ambulatoriale e protesica.
Basta, questo? Assolutamente no. Manco a pensarci.
La cura per l’estinzione dei Lea è ben lontana dal mostrare i suoi effetti, la sua efficacia.
La soluzione verrà fuori da una serie di cose, ove a sbagliarne una sarà comunque il disastro. Non sarà affatto sufficiente la riedizione aggiornata dei Lea - da rivedere ovviamente almeno una volta l’anno - se non si offrirà la certezza erogativa da parte di un sistema efficiente. Se non si riscostruirà in modo da assicurare l’assistenza reale agli individui (Costituzione, dixit).
Nuova programmazione del territorio dettagliando e finanziando l’organizzazione delle strutture di prossimità, di cui al DM 77 (Case e Ospedali della salute e COT); riprogrammazione ospedaliera rivedendo sensibilmente quei criteri di cui al DM70 del 2015 che hanno bloccato ogni crescita strutturale pubblica in otto anni di inapplicabilità; individuazione e previsione delle fasi di erogazione assistenziale intermedia; rafforzamento dell’assistenza domiciliare con grande impegno della telemedicina costituiscono le quattro regole guida per tutte le Regioni.
E’ ovvio che rimangono essenziali due progetti coesistenti e un impegno. Quello di procedere ad una immediata integrazione delle prestazioni sociosanitarie e quello di generare un progetto territoriale che sia correttamente interconnesso con il sistema di assistenza delle farmacie, garanti della cura alla persona da oltre un secolo.
Quanto all’impegno, esso è da spendere in favore della Cabina di regia, di cui alla legge 197/2022 (art. 1, comma 792), nella definizione dei LEP (e dunque dei LEP onnicomprensivi dal 2017 dei già Liveas) e nella determinazione dei costi/fabbisogni standard relativi. Un impegno ineludibile perché anche necessario a conciliare la diversa modalità di finanziamento prevista con i fabbisogni standard quantitativi, ex d.lgs. 216/2010, da quelli qualitativi del d.lgs. 68/2011. I primi valorizzativi delle prestazioni sociali; i secondi per quelle sanitarie. Entrambi da dovere mettere insieme, pena un ulteriore corto circuito.
Un contributo in tal senso potrebbe assicurarlo l’Osservatorio che FederSanità, Anci e Agens hanno costituito in stretta rappresentanza delle istituzioni coinvolte nella concretizzazione dell’offerta sociosanitaria.
Ettore Jorio