Studi e Analisi
Conflitto Stato-Regioni, problemi di riparto e cresce il gap tra territori. Ecco perché l’autonomia in sanità non ha funzionato
di Walter Ricciardi e Alessandro SolipacaLa riforma costituzionale del Titolo V e il federalismo fiscale hanno introdotto nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) elementi nuovi: il principio di sussidiarietà, i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), l’obbligo del pareggio di bilancio da parte delle Regioni e il principio di solidarietà con l’istituzione del fondo di perequazione.
Oggi, mentre il dibattito politico si sta sviluppando sui temi della autonomia differenziata, l’esperienza avvenuta nell’ambito di un settore nevralgico qual è la sanità consente di fornire alcuni spunti quantitativi per rispondere a due grandi quesiti di fondo: l’autonomia riconosciuta ai Sistemi sanitari regionali ha aumentato o attenuato le differenze in termini di equità territoriale degli esiti di salute, accessibilità e garanzia dell’assistenza? I diversi schieramenti politici delle giunte regionali hanno palesato diversi modelli di allocazione della spesa per funzione?
È questo l’obiettivo all’origine del volume a nostra cura appena pubblicato "Il Servizio Sanitario Nazionale. Performance ed equità dopo decentramento, autonomia e sussidiarietà" (Vita e Pensiero).
I risultati delle analisi effettuate sollevano alcuni dubbi sull’effettivo raggiungimento degli obiettivi delle riforme. Le criticità evidenziate nel volume sono molteplici: una forte conflittualità tra Stato e Regioni, in particolare sulla definizione delle competenze, che ha complicato la gestione della Sanità Pubblica; non è stato risolto il problema della ripartizione del finanziamento che appare largamente incongruo, soprattutto in relazione ai bisogni di salute delle singole Regioni; i temuti effetti sull’equità si sono verificati, infatti i divari territoriali non solo non si sono ridotti, ma in alcune Regioni sono andati aumentando, gettando le basi per una futura insostenibilità sociale della Sanità Pubblica.
Le analisi svolte, seppur con i limiti di precisione che queste comportano per i fenomeni complessi come quelli legati alla sanità, sembrano evidenziare che le dinamiche osservate nelle Regioni non siano molto influenzate dagli orientamenti politici e dalle scelte delle Giunte regionali. In altre parole, la storia delle comunità locali è più forte degli orientamenti politici “momentanei” delle diverse Giunte regionali. Alla luce di queste evidenze, si può affermare che il principio della sussidiarietà non sembra aver prodotto i risultati attesi, il destino del funzionamento della sanità nelle Regioni appare più legato a condizioni strutturali che si sono andate formando nel corso degli anni, piuttosto che dalle scelte mirate ai bisogni della popolazione effettuate dai Presidenti di Regione.
Equità territoriale degli esiti di salute, accessibilità e garanzia dell’assistenza
L’analisi della dimensione della performance attinente agli esiti di salute, da un lato mostra evidenti segnali di miglioramento nell’arco temporale considerato (2000-2018), dall’altro conferma lo storico divario Nord-Sud ed Isole che per alcune Regioni tende addirittura ad aumentare. In particolare, in Campania, nel 2018, si viveva circa 18 mesi in meno della media italiana e, tra il 2004 e il 2018, il divario è andato aumentando di oltre 3 giorni al mese. In Sicilia l’aspettativa di vita è inferiore di 14 mesi rispetto al resto del Paese, con una forbice che si andata ampliando mediamente di quasi 12 giorni al mese. In Calabria l’aspettativa di vita è inferiore rispetto alla media italiana di circa 5 mesi e la differenza con la vita media degli italiani è andata aumentando di 14 giorni al mese.
La mortalità evitabile[1] fino a 74 anni di età in Campania è il 24% più elevata di quella registrata mediamente in Italia, svantaggi si riscontrano anche in Sicilia e Calabria, nelle quali il rapporto con il livello medio è più elevato, rispettivamente, del 12% e 6,5%, con un gap, rispetto al 2004, in aumento in tutte e tre le Regioni.
Un altro indicatore di esito rappresentato dalla mortalità infantile vede queste Regioni in evidente ritardo rispetto alla media italiana: Calabria e Sicilia +38% e Campania +31%. Riguardo al tasso di mortalità per tumore tra gli adulti, la Campania e la Sicilia registrano prevalenze più elevate della media italiana, rispettivamente +16% e +4%, con trend in aumento, soprattutto in Sicilia.
Infine, continuando il confronto con la media nazionale degli esiti di salute, le analisi palesano significativi squilibri nel Mezzogiorno anche per quanto riguarda la prevalenza della multicronicità e delle limitazioni funzionali tra gli anziani. In particolare, in Campania la quota di popolazione anziana in questa situazione è più alta del 26% rispetto alla media nazionale, in aumento rispetto al 2004. Seguono Basilicata, Calabria e Sicilia, nelle quali il rapporto si attesta, rispettivamente, al 24%,18% e 15%, con un trend stabile o in leggera diminuzione.
Nelle Regioni del Mezzogiorno si riscontrano punteggi degli indicatori LEA significativamente più bassi, a testimonianza delle difficoltà nel garantire l’erogazione dei servizi essenziali per la salute della popolazione. In particolare, secondo il Rapporto del Ministero della salute, Molise e Campania presentano valori al di sotto del livello di garanzia, seguite da Campania, Basilicata e Sicilia che pur raggiungendo il valore minimo accettabile sono in coda alla graduatoria, nella quale ai primi posti spiccano, nell’ordine, Vento, Toscana ed Emilia Romagna. Inoltre, deve far riflettere il legame che c’è tra garanzia dei livelli di assistenza e capacità delle Regioni di assicurare il pareggio di bilancio. Il trend osservato dal 2012 al 2019 di questi due indicatori evidenzia che le Regioni in piano di rientro hanno sistematicamente punteggi della griglia Lea più bassi, a testimonianza che il rispetto dei vincoli di bilancio si riflettono sulla capacità di assistenza ai cittadini.
Questa evidenza porta a un’altra riflessione: l’allocazione dei finanziamenti pubblici è coerente con i bisogni di salute delle popolazioni residenti nelle singole Regioni?
Divari regionali significativi, sempre lungo la tradizionale direttrice Nord-Sud ed Isole, si riscontrano anche analizzando gli indicatori di soddisfazione per l’assistenza ospedaliera, i quali palesano percentuali di persone soddisfatte del Ssn inferiori nelle Regioni meridionali rispetto a quelle osservate mediamente nel resto del Paese.
Gli indicatori di appropriatezza clinica e organizzativa evidenziano un trend in sostanziale miglioramento in tutto il Paese, seppure in presenza di una discreta variabilità. Non emergono particolari gradienti territoriali.
Giunte regionali e allocazione della spesa per funzione
Una parte delle analisi presentate nel volume si sono focalizzate sull’allocazione della spesa sanitaria da parte delle Giunte regionali che hanno governato dal 2000 al 2018, in particolare sulle quote di spesa sanitaria destinate all’assistenza erogata a gestione diretta dalle strutture pubbliche, quelle destinate all’assistenza erogata dalle strutture del settore privato accreditato. Inoltre, è stata considerata la quota di spesa sanitaria privata in capo alle famiglie, cioè quella parte di spesa sanitaria sostenuta per prestazioni che, per scelta individuale del cittadino, per difficoltà di accesso alle strutture pubbliche o perché non erogate nell’ambito dei LEA, sono state richieste al settore privato. La metodologia statistica utilizzata ha permesso di raggruppare le Giunte regionali in 4 gruppi omogenei al proprio interno ed eterogenei tra loro[2].
Il gruppo 1 si compone di Giunte regionali che hanno allocato, tra il 2000 e il 2018, una quota di spesa a gestione diretta superiore a tutti gli altri gruppi (48,8%), superiore di 3,5 punti percentuali alla quota mediana nazionale (45,3%), mentre impegnano per la spesa nel settore privato accreditato una quota che si colloca al di sotto della media nazionale: specialistica 1,6% (2,6% nazionale), ospedaliera 2,9% (5,0% nazionale). Durante la gestione delle Giunte appartenenti a questo gruppo, la spesa privata out-off pocket ha rappresentato il 21,7% della spesa sanitaria totale, una quota di poco al di sotto di quella nazionale (22,1%). Le Giunte regionali della Liguria e dell’Umbria che si sono succedute dal 2000 e al 2018 appartengono a questo gruppo, così come 18 Giunte della Toscana, 17 della Sardegna e 15 delle Marche. Questo modello allocativo ha caratterizzato soprattutto gli anni dal 2006 al 2012.
Il gruppo 2 è caratterizzato da Giunte regionali che assegnano una quota di spesa bassa alla gestione diretta e quella allocata per il settore privato accreditato è in linea con la media nazionale. Parallelamente, nelle Regioni da loro amministrate si è osservata una percentuale di spesa elevata in carico alle famiglie.
La quota di spesa erogata attraverso l’assistenza diretta si attesta al 41,7%, 3,6 punti percentuali in meno rispetto al valore medio nazionale. La spesa farmaceutica ha assorbito il 7,9% della spesa, in linea con il valore nazionale, la medicina di base il 4,3%, poco al di sotto della media. La quota di spesa in carico al settore privato accreditato per la specialistica ammonta al 2,9% (2,6% valore medio nazionale), quella per l’ospedaliera erogata da strutture accreditate al 5,6% (5,0% valore nazionale). La spesa allocata per la riabilitazione ha assorbito il 2,5%, 0,8 punti percentuali inferiore alla media. Per le Regioni di questo gruppo si riscontra una quota elevata di spesa out-of pocket, il 26,6%, a fronte del 22,1% registrato mediamente in Italia tra il 2000 e il 2018. L’allocazione della spesa in questo gruppo ha caratterizzato 18 Giunte della Lombardia e del Veneto, 13 del Lazio e 12 del Piemonte. Questo modello di spesa è stato più frequente agli inizi degli anni 2000.
Il gruppo 3 è composto da Giunte regionali caratterizzate da un profilo di allocazione basato su una spesa diretta inferiore alla media nazionale, il 43,4%, e una quota più elevata della media per l’assistenza ospedaliera delegata al settore privato accreditato. La quota di spesa in carico alle famiglie è la più bassa in assoluto.
Nello specifico, per la spesa farmaceutica le Giunte hanno impegnato il 9,4% della spesa pubblica totale (7,9% a livello nazionale), per la medicina generale il 5,5%, per la spesa specialistica il 3,1% e per la spesa per la riabilitazione il 4,0%. Come anticipato, la spesa per l’assistenza ospedaliera erogata da strutture accreditate ha assorbito il 7,0% della spesa totale, che rappresenta la quota più elevata nell’intero arco temporale considerato. In questo gruppo, la quota di spesa a carico delle famiglie è la più bassa e ammonta al 19,8%.
Le scelte allocative di questo gruppo hanno caratterizzato le principali Regioni del Mezzogiorno, in particolare 19 Giunte della Sicilia, Puglia, Calabria, Campania e 13 Giunte dell’Abruzzo. Come il gruppo precedente, queste scelte allocative sono state impiegate più frequentemente nei primi anni Duemila.
Le Giunte regionali appartenenti al gruppo 4 hanno un profilo allocativo simile al gruppo 1, ma le Regioni da loro governate si distinguono per la quota della spesa out-off pocket che, nel periodo considerato, è la più alta in assoluto. La percentuale assorbita dalla spesa a gestione diretta ammonta al 46,5%, 1,2 punti percentuali più elevata della media nazionale. Bassa, rispetto alla media nazionale, la spesa destinata al privato accreditato: il 6,1% della spesa è allocata per la farmaceutica, il 4,0% per la Medicina Generale, 1,4% per la specialistica, 1,9% per l’ospedaliera e la riabilitazione. La spesa a carico delle famiglie è pari al 28,5%, ben 6,0 punti percentuali più elevata della media nazionale. In questo gruppo la spesa privata a carico delle famiglie assume un ruolo supplementare rispetto al settore pubblico. Questo gruppo ha caratterizzato 18 Giunte in Friuli Venezia Giulia e 10 in Emilia-Romagna.
Schieramenti politici e allocazione della spesa per funzione
Le Giunte guidate dai Democratici di sinistra e Partito Democratico si collocano per metà nel primo gruppo (alta quota di spesa a gestione diretta, medio bassa quella affidata alle strutture accreditate e quella della spesa privata) e per un terzo nel terzo gruppo (medio bassa la quota a gestione diretta, alta quella in convenzione e bassa quella in carico alle famiglie). Le analisi evidenziano che i rappresentanti di questa area politica hanno attuato frequentemente strategie allocative diametralmente opposte tra loro.
I Presidenti di Regione del Popolo delle Libertà e Forza Italia hanno fatto scelte allocative che li collocano in prevalenza in tre gruppi, in particolare oltre un terzo nel gruppo 2 (bassa spesa a gestione diretta, medio alta quella in convenzione e privata) e per il 30% nei gruppi 3 (medio bassa la quota a gestione diretta, alta quella in convenzione e bassa quella in carico alle famiglie) e 1 (alta quota di spesa a gestione diretta, medio bassa quella affidata alle strutture accreditate e medio bassa anche quella della spesa privata). Da queste evidenze si desume che i rappresentanti di questi gruppi politici non hanno un unico profilo di riferimento.
Le Giunte della Lega hanno fatto le scelte allocative tipiche del gruppo 2 (14 su 16 Governi) (bassa, rispetto alla media, la spesa a gestione diretta e medio alta quella in convenzione e privata). I Presidenti di Alleanza Nazionale hanno evidenziato comportamenti di spesa riconducibili, in egual misura (5 su 10 Governi), al gruppo 3 (medio bassa la quota a gestione diretta, alta quella in convenzione e bassa quella in carico alle famiglie) e 2 (bassa spesa a gestione diretta e medio alta quella in convenzione e privata). Questa vasta area politica si caratterizza in maniera significativa per scelte orientate a un ricorso molto frequente al privato accreditato.
Le Giunte guidate da Rifondazione Comunista e Sinistra Ecologica si collocano tutti nel gruppo 3 (medio bassa la quota a gestione diretta, alta quella in convenzione e bassa quella in carico alle famiglie).
Walter Ricciardi e Alessandro Solipaca
Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiana
Università Cattolica campus di Roma
[1] Decessi di persone la cui causa di morte è identificata come trattabile (gran parte dei decessi per tale causa potrebbe essere evitata grazie a un’assistenza sanitaria tempestiva ed efficace, che include la prevenzione secondaria e i trattamenti) o prevenibile (evitata con efficaci interventi di prevenzione primaria e di salute pubblica)
[2] La metodologia statistica utilizzata è la cluster analysis con metodo di aggregazione non gerarchico k-means