Studi e Analisi
Il Milleproroghe e la norma discriminatoria sull’elenco degli idonei al ruolo di Dg
di Ettore Jorio, Federico JorioIl Senato della Repubblica, per come puntualmente riferito su Qs da Giovanni Rodriquez, ha approvato il c.d. Milleprogroroghe.
Interessante la fissazione del termine, scandito al prossimo 30 aprile, per integrare le domande per essere promosso a fare parte dell’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale delle aziende sanitarie. Corretta anche il pass a partecipare a coloro che hanno svolto funzioni di commissario o sub-commissario in Regioni commissariate.
Su tema degli esiti della prima tornata, da tempo scaduta, abbiamo scritto criticamente (vedi QS del 23 dicembre 2022 e 9 gennaio scorso) in quanto li abbiamo ritenuti illogicamente discriminatori, puntando il dito sia sulle previsioni legislative che sulla libera creatività attribuita agli esaminatori delle istanze relative. Quanto alle norme, di certo saranno eccepite nei loro riguardi eccezioni di incostituzionalità, in via incidentale, nell’ambito dei numerosi processi che si instaureranno a cura dei soggetti lesi, perché violentemente “espulsi” dalle variazioni apportate al d.lgs. 171/2016 a cura dei D.L. 126/2017 e D.L. 44/2021.
Quei certi ricorrenti al Giudice che, non comprendendo neanche le ragioni non garanti della buona amministrazione, sono stati ritenuti idonei a fare i DG solo in Valle d’Aosta o in Molise. In quanto tali francamenti vilipesi nella loro professionalità, perché promossi a svolgere le loro funzioni esclusivamente nelle regioni che contano meno di 500 mila abitanti.
Al di là della ilarità che un siffatto “spartiacque” stimola, un tale discrimine rappresenta il massimo delle bad practice normativa e amministrativa che affliggono la gestione della sanità, ove chi scrive le leggi non si rende conto neppure di cosa mette su carta, su quella dalla quale dipendono le sorti delle persone.
Quanto al legislatore, si disciplina senza capire di cosa si stia decidendo, atteso che è davvero difficile comprendere, nel caso di specie, due cose: 1) che amministrare e gestire aziende della salute in regioni che vadano al di sotto o al di sopra di 500 mila abitanti richiede le stesse professionalità e il medesimo impegno, dunque uguali requisiti. Forse nelle più piccole comporta addirittura maggiori oneri quotidiani riferiti alla mancata pratica delle economie di scala esercitabili nell’acquisto e nell’uso dei supporti di consumo medicale (per esempio reagenti); 2) che le valutazioni effettuate, a valle delle domande, hanno rappresentato la concretizzazione di arbitri estimativi sui quali sono state redatte le ingiuste “graduatorie” finali, impeditive a tanti, ancorché in possesso delle professionalità ed esperienze specifiche.
Oltre a questi due rilievi: una discriminazione che si traduce in un’offesa costituzionale ai principi di uguaglianza e di universalità, e non solo. La metodologia legislativa testimonia infatti l’esigenza di graduare in capacità manageriale gli under 500 dagli over 500 abitanti. Comporta la redazione di una classifica tra i più efficienti e i quasi. Il dramma che destina i secondi alla Valle d’Aosta e il Molise, anche essi ritenuti cittadini di seconda classe. E’ conforme anche questo alla Costituzione? Non crediamo affatto.
Ettore Jorio
Federico Jorio
Università della Calabria