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QS Edizioni - giovedì 26 dicembre 2024

Studi e Analisi

La parola fine sull’obbligo vaccinale

di Fernanda Fraioli
immagine 10 febbraio - L’ha messa nero su bianco la Consulta. Tecnicamente è stato ritenuto che “non è una soluzione irragionevole o sproporzionata” in quanto l’obbligo vaccinale perseguiva la finalità di salvaguardare la funzionalità del sistema sanitario e di prevenire la diffusione del virus. In una parola, prevalenza della tutela dell’interesse generale della collettività su quello individuale dei singoli

Condivisibile o meno, ormai la pronuncia c’è e, anche se rispetto alla pandemia appena superata che le ha dato origine è decisamente in ritardo, il principio di diritto è fissato e, per una malaugurata reiterazione in futuro, i comportamenti da ritenere leciti e legittimi da parte delle istituzioni sono chiari.

La Consulta ha reso note ieri le motivazioni della decisione adottata lo scorso 1 dicembre sulla questione di legittimità costituzionale posta da numerosi tribunali in merito all’obbligo legislativamente introdotto di imporre ad operatori sanitari e sociosanitari, il vaccino contro il Covid-19 e l’esecuzione di un tampone.

Tecnicamente è stato ritenuto che “non è una soluzione irragionevole o sproporzionata” in quanto l’obbligo vaccinale perseguiva la finalità di salvaguardare la funzionalità del sistema sanitario e di prevenire la diffusione del virus.

In una parola, prevalenza della tutela dell’interesse generale della collettività su quello individuale dei singoli.

Correva l’anno 2021 e, soprattutto correvano i contagi nell’incontrollabile modo che tutti abbiamo avuto l’opportunità di registrare, quando l’allora Ministro della Salute decise l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario di qualunque struttura pubblica o privata, RSA ecc…, pena la sospensione dal servizio e dalla retribuzione con la precisa finalità di arrestare la diffusione del virus, proprio partendo dagli ambienti e dagli operatori maggiormente deputati e soggetti alla sua propalazione.

Nel frattempo, l’assoluta modifica della situazione ed il cambio di Ministro al vertice del dicastero, ha portato ad un ripensamento dell’obbligo, addirittura facendolo cessare con qualche giorno di anticipo sulla naturale scadenza fissata nel provvedimento normativo.

Ora le sollecitazioni effettuate dai molti operatori sanitari interessati che avevano adito le vie giudiziarie per vedersi riconosciuto quello che ritenevano un proprio diritto a non sottoporsi all’obbligo vaccinale, hanno visto la conclusione giudiziale delle loro doglianze ed aspettative in merito.

Anche se le rimessioni dei giudici territoriali di merito sono state numerose, perché numerosi sono stati i sanitari a sentirsi coartati da quello che ritenevano un obbligo innaturale, le principali recriminazioni hanno portato all’affermazione di tre principi di un certo rilevo.

Nell’ordine:
- la scelta dell’obbligatorietà non è stata ritenuta irragionevole “alla luce della situazione epidemiologica e delle risultanze scientifiche disponibili”, operando così una circoscrizione temporale e spaziale del fenomeno per affermare, con un chiaro richiamo all’art. 32 della Costituzione, che lo Stato (e per esso il legislatore) “ha il preciso compito di bilanciare il diritto dell'individuo all'autodeterminazione col coesistente diritto alla salute degli altri, quindi nell'interesse della collettività”, tanto da giustificare il trattamento coatto sia con riferimento al vaccino ed all’accertamento col tampone;
- la legittimità della scelta della connessa esecuzione del tampone ad uso diagnostico – anch’esso ritenuto non irragionevole o oltre misura – pena la sospensione dal servizio senza la possibilità di essere assegnato, come invece valeva per i soggetti non immunizzabili per motivi di salute, a differente occupazione;
- infine, l’inaccettabilità di una richiesta di svolgimento delle funzioni da remoto, ovvero in regime di smart working.

La pronuncia è scaturita dalla questione sollevata da un’operatrice alla quale era stato opposto il rifiuto dalla struttura sanitaria di operare quale psicologa con tali modalità nel vano tentativo di aggirare l’obbligo vaccinale generalmente posto per tutti gli operatori sanitari, senza differenze sostanziali che non fossero, come visto, quelle legate e giustificate da una propria fragilità di salute che mal sopportava la sottoposizione a trattamenti vaccinali per possibili e imprevedibili implicazioni, con peggioramento del proprio stato generale di salute.

Tutto ciò premesso, anche se fuori tempo, atteso che le necessità dettate dalla pandemia mal si conciliano con i tempi giudiziari, i principi fondanti del vivere collettivo sono stati ribaditi a conferma che nessun individuo è una monade isolata, ma partecipa di qualcosa di più grande e comprensivo come la collettività la cui sicurezza e salute sono primarie rispetto a qualsivoglia determinazione individuale laddove dovessero entrare in conflitto, ma soprattutto si deve ritenere un silenzioso riconoscimento di serietà, professionalità e spirito di abnegazione di quanti silenziosamente (e magari anche non condividendo) si sono sottoposti all’obbligo vaccinale ricevendone in cambio unicamente la qualificazione di eroi.

Fernanda Fraioli
Consigliere della Corte dei conti

10 febbraio 2023
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