Tra le persone non vaccinate quelle senza una pregressa infezione hanno un rischio di infezione da SARS-CoV-2 all’incirca sette volte più alto rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa da almeno 180 giorni, e di trentuno volte maggiore rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa fra 90-180 giorni.
Tra le persone vaccinate, quelle che non hanno avuto una diagnosi pregressa hanno un rischio di infezione maggiore rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa.
A parità di fascia di età e di condizione di pregressa infezione, in tutte le classi di età > 12 anni, si osserva una tendenza alla riduzione del rischio di malattia grave associato alla vaccinazione.
Queste le principali conclusioni di un nuovo rapporto dell’Istituto superiore di sanità divulgato oggi che ha stimato il rischio assoluto di infezione da SARS-CoV-2 (sintomatica e asintomatica) e di malattia grave tenendo conto non solo dello stato vaccinale ma anche dell’infezione pregressa.
Lo studio nasce dalla considerazione che “ad una larga parte della popolazione italiana è stata diagnosticata almeno una volta l’infezione da Sars-Cov-2” e che conseguente è difficile “stimare correttamente l’impatto della sola vaccinazione disgiunto dall’immunità conferita dall’infezione pregressa”.
La nuova stima verrà aggiornata mensilmente e sarà disponibile in un documento separato (Impatto della vaccinazione e della pregressa diagnosi sul rischio di infezione e di malattia grave associata a SARS-CoV-2) al link https://www.iss.it/covid-19-efficacia-vaccinale
Queste le principali conclusioni del rapporto:
- Al 14/11/2022, la percentuale di popolazione con ultima dose da meno di sei mesi sulla popolazione suscettibile è pari all’8,7% e quasi esclusivamente rappresentata da persone con età >60 anni (Tabella 1).
Il 50% dei vaccinati ha ricevuto l'ultima dose da almeno 310 giorni (range interquartile: 284-343 giorni dall'ultima dose) (Tabella 2).
- Al 14/11/2022, la percentuale di popolazione senza una pregressa diagnosi è pari al 64% della popolazione suscettibile (Tabella 1). Di questa, il 50% avuto una diagnosi di infezione da SARSCoV-2 da almeno 284 giorni (range interquartile: 196-319 giorni dall'infezione pregressa) (Tabella 2).
- Il rischio di malattia grave aumenta all’aumentare dell’età, ad esclusione della fascia 0-4 anni. Sotto i sessant’anni (0-4, 5-11, 12-39, 40-59), il rischio di malattia grave nel periodo considerato non supera mai i 10 casi per 100.000 per la popolazione vaccinata (Figura 3).
Il rischio di malattia grave per la popolazione con età maggiore di 12 anni e senza una diagnosi pregressa di infezione da SARS-CoV-2 è approssimativamente sette volte più alto nei non vaccinati rispetto ai vaccinati.
- Il rischio di infezione e di malattia grave è influenzato sia dallo stato vaccinale che da infezioni pregresse. Il rischio assoluto di infezione e di malattia grave è maggiore nelle persone non vaccinate e che non hanno mai avuto una pregressa diagnosi. In generale si osserva che le persone con immunità ibrida (ovvero con infezione pregressa e vaccinazione), sono a minor rischio di infezione da SARS-CoV-2 e di incorrere in una forma grave di COVID-19 e che a parità di fascia di età e di condizione di pregressa infezione, in tutte le classi di età > 12 anni, si osserva una tendenza alla riduzione del rischio di malattia grave associato alla vaccinazione.
- Complessivamente, il rischio di infezione, nel mese di novembre 2022, aumenta all’aumentare dell’età (Figura 2). Tra le persone non vaccinate quelle senza una pregressa infezione hanno un rischio di infezione da SARS-CoV-2 all’incirca sette volte più alto rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa da almeno 180 giorni, e di trentuno volte maggiore rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa fra 90-180 giorni. Tra le persone vaccinate, quelle che non hanno avuto una diagnosi pregressa hanno un rischio di infezione maggiore rispetto a chi ha avuto una diagnosi pregressa.