Studi e Analisi
La crisi del sistema sanitario e la responsabilità dei partiti
di Roberto Polillo e Mara TognettiL’ampio dibattito in corso sulla crisi del servizio sanitario a cui si aggiunge l’ultimo accorato appello delle regioni al governo Meloni è la testimonianza della gravità della situazione e di quanto sia urgente ripensare un sistema di governance complessivo della sanità dimostratosi nei fatti fallimentare e comunque allo stato attuale non più adeguato ai bisogni di salute.
Di questo portano la piena responsabilità i governi che si sono succeduti alla guida del paese negli ultimi 15 anni con le loro politiche di tagli lineari sulle risorse materiali e immateriali che danno sostanza al servizio sanitario; una responsabilità di omissione hanno tuttavia anche molti autorevoli esperti, eccellenti nella “pars destruens” nei confronti di governi non amici, ma renitenti nella “pars costruens” che dovrebbe impegnare un governo “qualsiasi” in un grande progetto di rifondazione della nostra sanità.
In altre parole quello che manca nel dibattito attuale è l’indicazione chiara di una linea di riforma della governamentalità del servizio sanitario che deve andare oltre la pur giustissima critica alla proposta di autonomia differenziata in fase di discussione e che invece assorbe quasi esclusivamente il dibattito politico assieme a quello “usuale” della scarsezza delle risorse.
L’eterno gioco delle parti tra governo e opposizioni
Lo schema finora adottato non senza una “buona dose di faccia tosta” da parte dei partiti politici e dei suoi leader, è quello di essere di manica larga quando si è all’opposizione gridando al lupo e di diventare immediatamente di manica stretta quando come diceva Nenni si entra nella stanza dei bottoni.
Il perché di questo reiterato gioco delle parti è fin troppo evidente: la sanità assorbe il 70% delle risorse regionali rappresentando il principale volano di spesa per la regione e poiché i gestori di tali risorse ( direttori generali di ASL e Aziende ospedaliere ed Universitarie e a scendere capi di dipartimento, di distretto e Dirigenti apicali) sono di nomina regionale diretta o indiretta , nessun presidente di regione vuole e può rinunciare al “controllo” politico del più importante comparto di spesa del proprio territorio.
Ne consegue che tra partiti di governo e di opposizione ci si attacca per le risorse o gli ambiti di autonomia delle regioni ma si è totalmente d’accordo nel difendere un modello di governance che si è dimostrato nei fatti fallimentare e responsabile della profonda crisi per non dire sfascio in cui si trova oggi il nostro SSN.
Rifondare la govenamentalità del Servizio Sanitario Nazionale
Parliamo di riforma della governamentalità perché a nostro giudizio alla base della crisi del servizio sanitario c’è una pessima regolazione dei rapporti istituzionali ai diversi livelli analitici in cui è strutturato lo specifico campo istituzionale. Un concetto che abbiamo più volte espresso ma che vogliamo ribadire scusandoci in anticipo per un certo schematismo delle nostre proposte
Il livello Macro
Nella suddivisione di poteri e competenze il Ministero della Salute è rimasto nei fatti un Ministero senza portafoglio. La gestione delle risorse dedicate alla sanità è infatti sottratta al Ministro della salute restando una competenza del Ministro dell’economia. Le conseguenze sono state i pesantissimi tagli ex-post del fondo sanitario per motivi di cassa e di equilibrio di finanza pubblica
La prima riforma da chiedere al legislatore sarebbe dunque quella di indicare con chiarezza che il finanziamento del SSN non può essere inferiore alla media dei paesi europei con caratteristiche demografiche simili (7-8% del PIL) e che le risorse messe a disposizione dallo Stato sono di competenza del Ministro della salute, in concerto con Economia, vietando la possibilità di tagli ex post su un settore di importanza primaria per la tenuta sociale ed economico del paese come ha chiaramente dimostrato l’attuale pandemia da COVID 19.
Va abolita la riforma del titolo V della Costituzione del 2001 “targata centrosinistra” e da respingere con altrettanta forza ogni ulteriore proposta di autonomia differenziata “targata centro destra” ma non solo (vedi Regione Emilia Romagna) riportando le competenze esclusive sulla sanità allo Stato.
Per quanto riguarda la regolazione dei contratti di lavoro questa deve restare di esclusiva competenza dello Stato mentre deve essere definita una specifica area contrattuale della dirigenza medica e sanitaria con la definizione di un unico contratto di filiera per tutto il personale che opera nel SSN (pubblico o privato che sia) con alcune articolazioni interne rispettose dei diversi ruoli.
Il personale deve comunque uscire dal pubblico impiego acquisendo le caratteristiche di area contrattuale speciale ed avere un sistema di regolazione interno sottratto allo strapotere dei politici che decidono incarichi e carriere spesso non tenendo conto delle competenze ma piuttosto delle appartenenze.
Il Livello Meso
La governance delle aziende sanitarie e ospedaliere deve uscire dall’assoggettamento al potere monocratico del direttore generale, punto di riferimento del politico di turno con tutto quello che esso comporta in termini di consenso.
Questo richiede l’istituzione in ogni Azienda sanitaria e Azienda ospedaliera di un consiglio di amministrazione plurale con funzioni di indirizzo e controllo e la definizione di organismi collegiali di consultazione in cui siano presenti i Comuni singoli o associati, rappresentanti delle associazioni e del personale a cui compete valutare le proposte avanzate dal direttore generale, esprimere un loro parere e un giudizio periodico sull’operato del management aziendale.
Per quanto riguarda invece la nomina dei dirigenti di struttura è necessario sottrarre al direttore generale qualsiasi discrezionalità nella scelta del candidato. La nomina va riservata al candidato che sulla base dei titoli e delle competenze risulta nella graduatoria di merito primo.
Lo stesso meccanismo deve valere per i dirigenti sub apicali che debbono essere scelti con identici criteri di merito e competenza.
Il livello micro
La fuga dagli ospedali con le dimissioni anticipate di migliaia di medici è il frutto di una politica di mortificazione del personale medico. Una mortificazione che di declina in eccessivi carichi di lavoro, in crescenti rischi professionali (liti temerarie e vere e proprie aggressioni fisiche da parte di parenti inferociti), ma soprattutto dalla perdita si status e di autonomia dei professionisti sanitari.
Il personale sanitario sa di non contare nulla e di essere spesso la vittima di ingiustizie e a volte vere e proprie prepotenze da parte del management aziendale.
Gli ospedali da luoghi di crescita professionale e di lavoro condiviso si sono trasformati in non-luoghi dove sono sempre altri a decidere su temi organizzativi e di sviluppo della professione in un processo top-down che annulla le competenze di chi opera sul campo.
Una deriva autoritaria che è alla base della disaffezione degli operatori e che impedisce di fatto il miglioramento dell’assistenza che in campo totalmente labour intensive si implementa solo con la valorizzazione del general intellect.
Conclusioni
Molti i nodi problematici e le derive del Servizio Sanitario Nazionale che sia per l’importanza sociale (il bene comune salute) sia per l’importanza economica (la maggior azienda produttiva delle regioni) non possono essere palleggiati fra i decisori pubblici e i decisori politici guidati dai soli fini elettorali.
Quelli da noi indicati sono i principali (lo scheletro) aspetti da rivedere in modo organico e che costituiscono la struttura portante di ridefinizioni, misure locali, specificità che il sistema deve avere in funzione delle specificità territoriali non tanto per creare differenze ma per valorizzare i virtuosismi che possono diventare occasione di confronto e spunto per tutto il territorio nazionale.
La criticità attuale che ha raggiunto il Servizio sanitario nazionale necessità di un’azione organica, condivisa profonda. Piccoli aggiustamenti non potranno che affondare definitivamente quel che resta del sistema sanitario nazionale.
Roberto Polillo e Mara Tognetti