Agenas, in collaborazione con il Dipartimento di Architettura, ambiente costruito e ingegneria delle costruzioni (ABC), Design & Health Lab del Politecnico di Milano, ha pubblicato un documento che fornisce indicazioni progettuali e funzionali per la corretta ed efficiente realizzazione degli Ospedali di Comunità (OdC).
“Alla luce delle profonde trasformazioni in atto nell’ambito dell’assistenza territoriale (Missione 6 Salute - PNRR, DM 77), l’intento del documento - spiega in una nota Agenas - è quello di definire, sulla base delle normative esistenti, del quadro esigenziale dei servizi previsti e delle best practice rilevanti (evidence based experience), un metaprogetto che possa supportare le direzioni strategiche, gli uffici tecnici e i progettisti nella programmazione e progettazione dei nuovi Ospedali di Comunità”.
“L’adozione di un metaprogetto comune per tutto il territorio nazionale - sottolinea ancora Agenas - ha il fine ultimo di garantire linee di intervento condivise e l’adozione di un linguaggio uniforme, per una facile identificazione del servizio”.
Agenas ricorda anche che “l’utilizzo del termine metaprogetto prende spunto dalla correlazione che vede coinvolte le diverse Missioni del PNRR - Missione 6 salute; Missione 1 digitalizzazione, innovazione competitività, cultura e turismo; Missione 2 rivoluzione verde e transizione ecologica; Missione 5 coesione e inclusione – con i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals), consentendo così una programmazione e realizzazione degli OdC che, oltre ad offrire servizi per la salute, siano al contempo orientati all’inclusione e benessere sociale, alla sostenibilità e resilienza climatica nonché all’efficienza energetica e impiantistica”.
I principali argomenti trattati nel documento sono:
- l’inquadramento relativo al SSN e alle diverse tipologie di presidi sociosanitari territoriali;
- la definizione degli obiettivi prestazionali dell’OdC;
- l’individuazione delle tipologie, degli utenti, delle attività e, quindi, delle diverse funzioni sanitarie e sociali da erogare in queste strutture;
- la predisposizione di raccomandazioni per la programmazione e progettazione dell’OdC.
Il lavoro di ricerca per l’elaborazione delle strategie metaprogettuali generali per la realizzazione degli OdC è stato metodologicamente articolato in tre fasi consequenziali:
- una conoscitiva, in cui è stato analizzato l’attuale panorama nazionale e internazionale riguardante il tema della rete sanitaria territoriale, con particolare riferimento alle strutture presenti sul territorio nazionale e internazionale a livello internazionale;
- una di indagine e analisi, in cui sono state analizzate tutte le normative attuative nazionali e regionali;
- una propositiva di elaborazione finale, per delineare le strategie progettuali che dovrebbero essere prese in considerazione sin dalla fase di programmazione di una struttura sanitaria territoriale.
Di seguito pubblichiamo ampi stralci del capitolo 3 del documento dedicato all'illustrazione del metaprogetto:
3.1 IL MODELLO ORGANIZZATIVO E LE TIPOLOGIE DI ODC
Modello organizzativo dell’OdC secondo il DM 77
Gli Ospedali di Comunità sono strutture intermedie tra l’assistenza domiciliare e l’ospedale e hanno l’obiettivo di evitare ricoveri inappropriati supportando al meglio il processo di dimissione dalle strutture di ricovero, garantendo assistenza a pazienti con condizioni complesse, superando la specificità per singola patologia/condizione.
Durante l’emergenza pandemica i pazienti affetti da COVID-19 hanno occupato i molteplici poli ospedalieri, i cui reparti hanno rischiato il collasso, lasciando poco spazio per le cosiddette cure a bassa e media intensità (per cura a “media intensità” si intende le degenze per acuti, le chirurgie e gli interventi materno-infantili.
Le cure a “bassa intensità” riguardano, invece, le degenze post-acute e le prestazioni ambulatoriali e diurne). L’investimento proposto dal Governo italiano all’interno del PNRR mira al potenziamento del livello di assistenza sanitaria territoriale intermedia attraverso diverse tipologie di strutture sanitari come le CdC per l’accesso, l’accoglienza, l’orientamento dell’assistito, la progettazione e l’erogazione degli interventi sanitari e gli Ospedali di Comunità destinati ai ricoveri di breve durata che necessitano di interventi di media e bassa intensità.
Gli OdC saranno dotati di un’unità singola di degenza da 15-20 posti letto, espandibili fino ad un massimo di due unità di degenza, per un totale di massimo 40 posti letto e insieme alle CdC pongono il loro obiettivo nella riduzione degli accessi impropri ai poli ospedalieri e di Pronto Soccorso. Sono, inoltre, concepiti come struttura socioassistenziale per favorire la transizione dei pazienti dalle strutture ospedaliere per malattie acute al proprio domicilio, offrendo ai pazienti un luogo dove poter sostare per il percorso post-ricovero e per consentire alle loro famiglie di aver un periodo di tempo necessario per l’organizzazione del rientro al domicilio. Il ricovero presso l’OdC deve avere una durata massima di 30 giorni. Solo in casi eccezionali, motivati dalla presenza di situazioni cliniche non risolte, la degenza potrà prolungarsi ulteriormente.
Il modello dell’OdC è già parzialmente esistente nel territorio italiano. Si tratta, per lo più, di reparti ospedalieri riconvertiti a degenze di bassa intensità o a reparti per il periodo di transizione tra il post-operatorio e la dimissione al proprio domicilio. Sarà dunque auspicabile che anch’essi vengano interessati da interventi di adeguamento o, nel caso di quelli più obsoleti, che vengano dismessi per essere ricostruiti in altri luoghi dove possa essere consentito il raggiungimento dell’efficienza medico-assistenziale.
Come definito dal DM del 2 Aprile 2015 n. 70, (allegato 1 art 10.1), l’OdC “è una struttura con un numero limitato di posti letto (15-20) gestito da personale infermieristico, in cui l’assistenza medica è assicurata dai medici di medicina generale o dai pediatri di libera scelta o da altri medici dipendenti o convenzionati con il SSN; la responsabilità igienico-organizzativa e gestionale fa capo al distretto che assicura anche le necessarie consulenze specialistiche”. Questa struttura svolge quindi una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero.
In coerenza con quanto riportato all’interno del Decreto Ministeriale del 2015, e con il successivo DM77, l’Intesa tra Governo e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 20 febbraio 2020 definisce i requisiti di autorizzazione strutturali, tecnologici e organizzativi minimi degli OdC. L’intesa sottolinea nuovamente il ruolo dell’OdC definendolo come “una struttura di ricovero breve che afferisce al livello essenziale di assistenza territoriale, rivolta a pazienti che, a seguito di un episodio di acuzie minori o per la riacutizzazione di patologie croniche, necessitano di interventi sanitari a bassa intensità clinica potenzialmente erogabili a domicilio, ma che vengono ricoverati in queste strutture in mancanza di idoneità del domicilio stesso (strutturale e/o familiare) e necessitano di assistenza/sorveglianza sanitaria infermieristica continuativa, anche notturna, non erogabile a domicilio”. L’OdC si pone pertanto in stretta relazione con la rete ospedaliera e con la rete sanitaria territoriale, tramite un alto livello di interdisciplinarità.
Gli obiettivi principali degli OdC sono quelli di garantire continuità assistenziale e di rispondere ad una sempre più impellente esigenza di flessibilità organizzativa. Risulta essere un modello clinico e organizzativo che può congiungere personalizzazione e ingegnerizzazione delle cure. Deve poter rappresentare un luogo accogliente, che possa rendere i pazienti più consapevoli della loro malattia, e possa portare loro ad un grado di maggiore autogestione. Questo con l’obiettivo di alleggerire il carico sulle famiglie e sui caregiver. Dunque, l’OdC supporta il paziente nel suo rientro a casa e a saper gestire in maniera più autonoma i momenti di acuzie della propria malattia, al fine di evitare successive ospedalizzazioni non necessarie.
Gli Ospedali di Comunità hanno una connotazione a forte indirizzo infermieristico e saranno utilizzati sia per la presa in carico dei pazienti nelle fasi post ricovero ospedaliero sia per tutti quei casi in cui c’è bisogno di una particolare assistenza vicino al domicilio del paziente. La responsabilità igienico sanitaria e clinica complessiva della struttura è comunque in capo a un medico, che può essere un dirigente medico dipendente dell’azienda sanitaria o un MMG dedicato.
La responsabilità organizzativa è invece affidata ad un responsabile infermieristico (cfr. DM n. 70/2015), secondo quanto previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 20 febbraio 2020. A coadiuvare il servizio di assistenza infermieristica, garantendone la continuità H24, vi sono gli Operatori Socio-Sanitari, in coerenza con gli obiettivi del Piano Assistenziale Individualizzato (PAI) e in stretta sinergia con il responsabile clinico e gli altri professionisti coinvolti (es. assistenti sociali, fisioterapisti, specialisti).
In generale per ogni modulo di 20 posti letto dovrà essere comunque garantita la presenza delle seguenti figure professionali:
- 7-9 infermieri (di cui 1 Coordinatore infermieristico eventualmente condivisibile sui due moduli se presenti nell’OdC e di cui 1 responsabile delle transizioni di cura dei pazienti assicurandone la presa in carico e la continuità assistenziale);
- 4-6 Operatori Socio Sanitari (OSS); 1-2 o più unità di altro personale sanitario con funzioni riabilitative;
- 1 Medico per 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7.
All’interno degli OdC possono essere ammesse solo alcune tipologie di pazienti, che sono tendenzialmente soggetti appartenenti alle categorie fragili della popolazione, che pur avendo un inquadramento diagnostico già esaurito, un programma terapeutico già definito e un quadro clinico nel complesso stabilizzato, hanno ancora bisogno di sorveglianza clinica o dell’erogazione di prestazioni infermieristiche, ma con una valutazione prognostica di risoluzione a breve termine (entro 30 giorni).
In generale, le modalità di accesso sono distinte in:
- diagnosi o prognosi già definita;
- eventuale punteggio scala/e di valutazione;
- programma di trattamento già stilato e condiviso con il paziente e/o con la famiglia.
In particolare dalle indicazioni del DM 77 emerge che i pazienti degli OdC rientrano essenzialmente in quattro tipologie:pazienti fragili e/o cronici, provenienti dal domicilio, per la presenza di riacutizzazione di condizione clinica preesistente, insorgenza di un quadro imprevisto, in cui il ricovero in ospedale risulti inappropriato;
- pazienti, prevalentemente affetti da multimorbidità, provenienti da struttura ospedaliera, per acuti o riabilitativa, clinicamente dimissibili per conclusione del percorso diagnostico terapeutico ospedaliero, ma con condizioni richiedenti assistenza infermieristica continuativa;
- pazienti che necessitano di assistenza nella somministrazione di farmaci o nella gestione di presidi e dispositivi, che necessitano di interventi di affiancamento, educazione e addestramento del paziente e del caregiver prima del ritorno al domicilio;
- pazienti che necessitano di supporto riabilitativo-rieducativo, il quale può sostanziarsi in:
- valutazioni finalizzate a proporre strategie utili al mantenimento delle funzioni e delle capacità residue (es. proposte di fornitura di ausili);
- supporto ed educazione terapeutica al paziente con disabilità motoria, cognitiva e funzionale;
- interventi fisioterapici nell’ambito di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali, Protocolli, ecc. già attivati nel reparto di provenienza e finalizzati al rientro a domicilio.
Vista la tipologia di pazienti, si tratta quindi di un’elevata complessità assistenziale a fronte di una bassa intensità di cure.
L’intero modello del servizio sanitario territoriale, così ripensato attraverso le CdC, gli OdC e le COT, vuole essere un sistema diffuso in grado di soddisfare tutta l’offerta extra-ospedaliera, integrata con il servizio sociale e in grado di rispondere alle diverse esigenze di assistenza di persone e famiglie con bisogni di salute semplici e complessi.
Di conseguenza, cambiano anche gli obiettivi e le finalità della nuova rete sanitaria territoriale, che vuole conseguire un’erogazione di servizi sempre più mirati ed appropriati, utilizzando i diversi setting assistenziali a propria disposizione (ospedaliero, residenziale/domiciliare, pubblico/privato accreditato) e utilizzando maggiormente le risorse della comunità, che sono più prossime al paziente (famiglia, servizi, rete formale e informale). Ci si auspica che l’utilizzo di questo modello porti al superamento di alcune criticità evidenziate nella rete sanitaria, soprattutto a scala locale, come la varietà delle prese in carico, la ripetizione degli interventi, le disuguaglianze di accessibilità ai servizi sociosanitari da parte dei soggetti fragili. Per raggiungere tutti gli obiettivi prefissati, la rete sanitaria territoriale si avvarrà del cosiddetto Progetto Individuale di Salute, che rappresenta la storia della persona e della sua malattia, per l’erogazione delle prestazioni e dei servizi necessari e appropriati.
Le funzioni da inserire all’interno degli OdC sono riportate all’interno dell’Intesa Stato-Regioni del 20 febbraio 2020, insieme ai requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi. Il DM 77 sancisce che in prossimità di Ospedali Pediatrici è possibile prevedere la realizzazione di OdC dedicati a pazienti pediatrici, con la responsabilità clinica del pediatra e la presenza di personale di assistenza specificamente formato e competente per tale target di pazienti.
3.2 LOCALIZZAZIONE DELL’ODC E CONTIGUITÀ CON ALTRE STRUTTURE SANITARIE
L’OdC è una struttura sanitaria territoriale che si pone tra l’ospedale per acuti, l’assistenza domiciliare integrata e/o i complessi residenziali assistenziali. La sua applicazione sul territorio, insieme a quella delle CdC e al potenziamento della Rete di Prossimità e dell’Assistenza Domiciliare, costituiscono i cardini attuativi del processo di rinnovamento di tutta la rete assistenziale, soprattutto a scala territoriale. In virtù della sua specifica funzione di transizione tra diverse modalità e/o strutture di assistenza, secondo il DM 77, l’OdC può avere una sede propria, oppure essere collocato in una Casa della Comunità, o in strutture sanitarie polifunzionali, o presso strutture residenziali sociosanitarie, RSA, ecc. oppure essere situato in una struttura ospedaliera (ma sempre riconducibile ai servizi ricompresi nell’assistenza territoriale distrettuale).
Anche nel caso degli OdC sarà molto importante programmare il loro inserimento nella rete socio sanitaria territoriale valutando diversi aspetti quali ad esempio il contesto demografico e sociale di riferimento, la dotazione infrastrutturale e la possibile riconversione di edifici esistenti piuttosto che la realizzazione di una nuova costruzione. Altro aspetto importante da valutare è se integrare l’OdC presso una Casa della Comunità (di tipo Hub), magari in compresenza anche di una COT. Tendenzialmente tale soluzione è da preferirsi, in quanto la contiguità favorisce l’efficacia del servizio sia per gli utenti che per gli operatori sanitari.
Gli Ospedali di Comunità (con o senza CdC e/o COT) potrebbero inoltre essere localizzati all’interno di poli ospedalieri o edifici socio-sanitari già operativi ad esempio localizzandoli all’interno di un padiglione ospedaliero o su un piano di un ospedale monoblocco oppure in presidi autonomi all’interno di edifici esistenti oppure con la realizzazione di una nuova costruzione.
Tale scelta può essere valutata in relazione alla disposizione di edifici esistenti e/o di terreni ove poter inserire nuovi edifici, che dovranno tuttavia essere ben inseriti nel contesto territoriale ed infrastrutturale, al fine di aumentarne l’accessibilità inclusiva.
Per definire la più adeguata localizzazione di un OdC (esattamente come effettuato già per la CdC), sotto il profilo metodologico, occorre effettuare alcune analisi preliminari al fine di definire le successive scelte operative e strategiche.
Si suggerisce quindi di analizzare:
- la rete dei servizi sanitari e socio-complementari esistenti e programmati (per i rapporti di prossimità funzionale e per la gestione di eventuali emergenze sanitarie);
- il bacino d’utenza attuale e potenziale (dati demografici e sanitari) per ogni distretto (per definirne il dimensionamento);
- il sistema infrastrutturale esistente e programmato (per accessibilità delle aree); il sistema ambientale in tutta la sua complessità (per localizzazione in aree di qualità ambientale e minore rischio climatico); possibile disponibilità e localizzazione di aree ed edifici di proprietà delle Aziende.
Tali analisi saranno utili all’individuazione di alcune possibili aree o edifici da adibire ad OdC e valutare le possibili alternative in funzione di:
- dimensionamento, appropriatezza dell’area o adattabilità dell’eventuale edificio esistente; posizionamento ottimale rispetto ai flussi e al bacino d’utenza;
- accessibilità (pubblica e privata) e visibilità dell’area.
In generale la buona pratica prevede che, ove disponibili strutture in disuso nel territorio comunale, l’inserimento di un OdC integrato con la CdC e COT in un edificio esistente può risultare la soluzione più ottimale per generare rigenerazione urbana, ridurre l’impatto sull’ambiente e permettere la valorizzazione patrimonio costruito esistente: il riuso di edifici dismessi o sottoutilizzati (ad esempio nel caso di edifici sanitari), favorisce la riorganizzazione della rete sanitaria ed al contempo consente la riqualificazione di comparti urbani, grazie all’inserimento di nuovi servizi e funzionalità.
Il patrimonio costruito dismesso (anche di carattere sanitario) nel nostro paese è infatti spesso un bene storico-architettonico prezioso, ma al tempo stesso una difficile criticità in quanto poco sostenibile, energicamente impattante oltre che spesso inadatta ad ospitare le funzioni a cui è dedicato.
In questo contesto, la quota delle strutture ospedaliere attualmente dismesse è incisiva. La riqualificazione degli edifici sanitari abbandonati rappresenta infatti, un caso estremamente complesso nell’ambito del recupero del patrimonio edilizio dismesso, perché spesso tali strutture risultano troppo rigide e poco adattabili all’evolversi delle esigenze sanitarie in particolare per i servizi high-care.
Tuttavia il loro adattamento contemporaneo potrebbe risultare maggiormente compatibile con funzioni di low-care, servizi sociali, hospitality e/o uffici, come nel caso degli OdC. In relazione all’analisi sulle potenzialità di riuso di edifici esistenti, o di parte di essi, per la realizzazione di un OdC, è necessario preventivamente verificare che non siano presenti vincoli e/o condizioni che rendano difficile il rispetto dei requisiti strutturali, tecnologici, ambientali e organizzativi oltre che delle condizioni di comfort e benessere degli utenti.
A tale scopo è opportuno esaminare almeno i seguenti vincoli:
- storici e artistici;
- economici, connessi all’asseto delle proprietà, alla tipologia strutturale e costruttiva dell’edificio, e alle doverose opere da integrare, soprattutto dal punto di vista impiantistico; urbanistici e localizzativi; accessibilità;
- dimensionali dell’area e/o dell’edificio di riferimento.
Al fine di adottare una scelta adeguata e coerente in merito a queste specificità, occorre effettuare un’analisi preliminare dell’efficacia e convenienza di riutilizzo del patrimonio esistente.
Tale scelta deve essere attuata al fine di garantire un’adeguata accessibilità dell’area in particolare dalle categorie fragili, principali utenti dell’OdC. Pertanto, alla rilevazione dei bisogni di salute del bacino d’utenza e all’analisi delle caratteristiche di accessibilità, si unisce la verifica delle caratteristiche naturali e antropiche del territorio fisico di riferimento, soprattutto in quei casi in cui l’OdC risponde alle esigenze di più contesti urbani, e pertanto deve essere localizzato in aree che possano garantire un’adeguata raggiungibilità e fruibilità della struttura.
Si conclude tale sezione con due ultime considerazioni: in primis, si sottolinea che le medesime strategie argomentate in questo capitolo valgono anche per la definizione di strutture sanitarie che prevedono strutture integrate con CdC, OdC e/o COT, il che richiederà però dimensioni differenti; in relazione alla disponibilità di strutture esistenti e/o aree libere (adeguate alle necessità della funzione da ospitare), si suggerisce che:
- se l’OdC ha un bacino che corrisponde ad un intero Comune o una parte, essa venga localizzata all’interno del contesto urbano – purché l’area sia facilmente accessibile e raggiungibile da tutti i cittadini anche con il trasporto pubblico;
- se l’OdC serve invece più Comuni, è necessario valutare di localizzare la struttura: o in un’area baricentrica rispetto ai centri urbani, se il numero di cittadini è similare tra un Comune e l’altro, per garantire equità tra tutti – purché l’area sia facilmente accessibile e raggiungibile da tutti i cittadini anche con il traposto pubblico;
- o all’interno del centro urbano di uno dei comuni di riferimento, magari quello con un bacino di utenti maggiore – purché facilmente accessibile e raggiungibile da tutti i cittadini anche con il trasporto pubblico.
3.3 DEFINIZIONE MACRO-AREE, AREE FUNZIONALI E UNITÀ AMBIENTALI
Macro-Aree omogenee
A partire dal DM 77, nello specifico dall’elenco delle funzioni dell’OdC, i servizi sono stati classificati secondo 2 macro-aree omogenee:
Macro-Area DEGENZA che ospita tutti i servizi di natura sanitaria quali degenze, ambulatori e aree per la riabilitazione; Macro-Area GENERALI E LOGISTICI che accoglie tutte le funzioni non sanitarie che permettono il funzionamento della struttura quali accoglienza utenti e personale sanitario, aree logistiche e locali tecnici. Questa macro-area può essere suddivisa in: servizi di accoglienza per gli utenti (area CUP, area amministrativa, ecc.); servizi di accoglienza per il personale sanitario e non (spogliatoi, aree relax, ecc.); servizi logistici (magazzini, depositi, ecc.); locali tecnici (locali tecnici, centrale tecnologica, locali UTA, ecc.).
Aree Funzionali
Ogni Macro-area è suddivisa in Aree funzionali e le singole Aree Funzionali sono state strutturate al fine di dare indicazioni metaprogettuali per ottimizzarne il funzionamento interno in termini di layout spaziale, di sistema relazionale e di definizione delle singole unità ambientali minime.
Unità Ambientali
Ogni Area Funzionale è composta da unità ambientali (singoli ambienti fisici), che possono essere: unità ambientali operative, che caratterizzano l’area funzionale e il servizio da erogare; unità ambientali per i servizi annessi e di supporto, cioè i locali che utili per lo svolgimento delle funzioni quali depositi, locali lavoro, ecc., che possono essere in comune con altre aree funzionali; unità ambientali per l’accoglienza pazienti e caregiver, cioè gli spazi destinati agli utenti e accompagnatori, che possono essere in comune con altre aree funzionali.
In caso di OdC realizzata all’interno di poli ospedalieri o edifici sanitari già operativi (edifici interi e/o porzioni di esse) oppure di OdC integrate con CdC e/o COT, diverse aree funzionali non sanitarie afferenti alla Macro- area Servizi Generali e Logistici possono essere in comune e/o condivisione, quali per esempio l’area accoglienza, aree di deposito, spogliatoi per il personale, aree tecnologiche, ecc., come le seguenti immagini sintetizzano.
3.4 RELAZIONI FUNZIONALI E SPAZIALI DELL’ODC
In riferimento alle relazioni funzionali e, nello specifico, quelle spaziali, risulta strategico accentuare la necessità di compattezza dell’intero complesso al fine di ottimizzare i percorsi e rendere pressoché contigue aree funzionali che necessitano di un’effettiva vicinanza. Per la definizione del metaprogetto spaziale, solitamente in ambito ospedaliero vengono prima definite e individuate le relazioni (funzionali e spaziali) delle diverse unità funzionali presenti nella struttura.
Questo processo viene elaborato tramite due matrici che evidenziano rispettivamente: la relazione funzionale, ovvero il livello di relazione funzionale (alto, medio, standard, basso) tra due funzioni sanitarie o non sanitarie.
Viene valutato il livello di collegamento che le due attività hanno in termini di servizio; la relazione spaziale, cioè il livello di prossimità e vicinanza che due funzioni devono avere tra di loro all’interno della struttura.
La matrice delle relazioni spaziali deriva dalla matrice delle relazioni funzionali ed è la base sulla quale viene articolata la matrice spaziale dell’OdC
Come da DM 77 gli OdC possono prevedere ambienti protetti, con posti dedicati a pazienti con demenza o con disturbi comportamentali, in quanto affetti da patologie croniche riacutizzate a domicilio o in dimissione ospedaliera. Queste strutture potrebbero ridurre l’istituzionalizzazione e l’ospedalizzazione in ambienti ospedalieri non idonei (cfr. Piano nazionale demenze approvato con accordo del 30 ottobre 2014 dalla Conferenza Unificata - Rep. Atti n.135/CSR). Nel caso sarebbe opportuno attrezzare tali spazi con arredi appropriati alla tipologia di utenza a tutela della loro sicurezza e incolumità. Tali degenze dovrebbero essere di tipo singolo ed essere le più prossime alla postazione controllo infermieri.
Naturalmente le seguenti indicazioni risultano più efficaci per i nuovi interventi e nel caso di riuso di edifici in disuso e/o porzioni di strutture sanitarie, una serie di valutazioni sulle relazioni spaziali e sull’assetto distributivo dovranno essere prese in considerazione puntualmente per garantire le migliori performance organizzativo-gestionali.
3.5 DIAGRAMMA FUNZIONALE PER L’ODCA partire dalle considerazioni emerse nei paragrafi precedenti, è stato elaborato un diagramma schematico-funzionale per gli OdC. Nello specifico prendendo in considerazione le macro-aree funzionali, le aree Funzionali e le matrici di relazione spaziale, l’Ospedale di Comunità risulta così composto
1 macro-area sanitaria:
- Macro-area Degenza, composta da 1 o 2 moduli da 20 posti letto ciascuno;
1 macroarea non sanitaria Macro-area Servizi Generali e Logistici caratterizzata da:
- Servizi Generali di Accoglienza utenti;
- Servizi Generali di Accoglienza personale sanitario;
- Area logistica e Locali tecnici.
In relazione ai flussi principali si predilige la presenza di un unico ingresso PUBBLICO centrale e riconoscibile che possa indirizzare l’utente verso le funzioni esistenti nella struttura e la presenza di possibili accessi secondari (sanitari, merci, ecc.) che possano – in caso di esigenza- supportare la gestione di flussi separati di entrata e/o uscita (vedi esperienza COVID-19).
Se l’OdC è all’interno di una struttura sanitaria con più servizi sanitari, si suggerisce di garantire gli accessi in condivisione con la struttura ospitante ma separabili in caso di emergenza. A livello distributivo, il posizionamento dei percorsi orizzontali e/o verticali gioca un ruolo strategico ed è preferibile, ove possibile, garantire i percorsi del pubblico e quelli sanitari differenziati, attraverso due corridoi, e in caso di strutture a sviluppo verticale, con ascensori differenziati.
3.6 DIMENSIONAMENTO COMPLESSIVO DELL’ODCAll’interno del PNRR, gli OdC faciliteranno la transizione dei pazienti presi in cura dalle strutture ospedaliere tipiche per pazienti affetti da malattie acute, al proprio domicilio, consentendo ai caregivers di adeguare le strutture domiciliari private alle esigenze di cura dei pazienti.
L’investimento previsto dal PNRR per la creazione degli OdC è di circa 1 MLD € e l’orizzonte temporale per la creazione di tali strutture è il 2026. Ogni OdC dovrà essere realizzato per ospitare un solo blocco degenza di massimo 20 posti letto, ampliabile ad un massimo di due blocchi degenza a seconda della necessità di copertura territoriale.
Il dimensionamento dell’OdC deriva dalla tipologia organizzativa, ad esempio se collocato all’interno di edificio esistente o di una CdC, e dal numero di posti letto. Pertanto, esso sarà variabile a seconda delle risultanze delle indagini preliminari alla progettazione a scala territoriale e locale, anche secondo le indicazioni che le diverse regioni predisporranno. A livello nazionale nel DM 77 sono state fornite indicazioni organizzative e in relazione alla programmazione degli OdC sull’intero territorio italiano e dalle stime del PNRR, il dimensionamento medio per un OdC da 20 pl potrebbe attestarsi indicativamente come suggerito nella tabella riportata di seguito.
I dimensionamenti, che corrispondono ai valori minimi individuati, possono variare in relazione ad una serie di fattori dovuti alla tipologia edilizia (monoblocco, a corte, torre, ecc.) e distributiva (corpo doppio, triplo o quintuplo). Per esempio se si tratta di interventi su edifici esistenti, si deve supporre che tali riferimenti zi generali e aree logistiche possono essere in condivisione con gli altri servizi sanitari e quindi la superficie lorda di pavimento potrebbe ridursi.
In generale, per SLP si intende la Superficie Lorda di Pavimento di tutti gli spazi dell’OdC e quindi relativi:
- alle degenze;
- agli spazi pubblici: un’area comune di attesa per utenti (pazienti diurni e caregiver) e i servizi igienici per il pubblico suddivisi per genere;
- ai servizi annessi e di supporto per lo svolgimento dell’attività sanitaria e non; alla distribuzione dei percorsi.
Per il dimensionamento minimo dei locali si rimanda ai riferimenti di accreditamento regionale e al DPR 14/01/1997.
Nell’OdC, si possono individuare gli spazi dedicati all’area sanitaria e ai servizi generali e logistici, organizzati in termini dimensionali percentuali come indicato nella seguente tabella, rispetto alle diverse tipologie edificio in cui si insediano.