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QS Edizioni - domenica 30 giugno 2024

Studi e Analisi

Il Ssn sta andando alla malora

di Ettore Jorio
immagine 13 ottobre - E gran parte della colpa è nell'assenza di una programmazione e di una politica sanitaria degne di questo nome. Senza, non si arriva da alcuna parte, si mescolano le carte come se a farlo fosse un baro. E in questo quadro il medico pubblico è ormai un soggetto da sfruttare senza rispetto. Retribuzioni assicurate con la mano corta, straordinari a gogò pagati molto meno di quanto si concede oggi a quelli retribuiti a gettone orario ovvero agli altri che arrivano persino dalle Americhe, destinati a fare ciò che non si fa nell’interesse dell’utenza

Una erogazione di sanità punitiva. E’ conseguenza delle prepotenze diffuse esercitate da chi ha le aderenze giuste per conquistarsi un posto letto, una altrimenti costosissima (da privato) prestazione di diagnostica strumentale per immagini (tac, rmn, pet, moc, esami eco) difficile da acquisire se non dopo mesi, una visita specialistica spesso salvavita.

Questa è la violenza esercitata sulla gente comune che attende tempi inenarrabili, cui spesso viene opposto un ripetitivo “rifiuto”, giustificato da sovraccarichi più o meno veritieri e da guasti sistemici non sempre credibili che favoriscono il privato accreditato. Un disagio che si aggiunge a quello sopportato a causa di una medicina di famiglia, non propriamente attenta a chi le dà da campare con l’esercizio della libera scelta, e ad una medicina preventiva, oramai in disuso persino nella letteratura, salvo qualche richiamo ai soliti progetti-obiettivo nei confronti dei quali il Ssn sbaglia spesso “la mira”.

Una situazione da governare e da non lasciare nell’attuale disordine
Il problema della sanità è comunque per sua natura complesso. Da una parte, i medici che non si trovano, manco con il lanternino. Dall’altra, i medici pubblici ospedalieri e del 118 maltrattati, fino ad essere pesantemente aggrediti e picchiati da una utenza esasperata dal malcostume, ma spesso anche irritata da azioni discriminatorie.

L’indisponibilità degli operatori sanitari, siano essi medici ovvero personale tecnico-infermieristico, costituisce l’esito del macroscopico errore di ipotesi della errata ovvero mancante programmazione. Quella che avrebbe dovuto tenere conto dell’insidia prodotta dal frequente blocco del turn over nelle 10 Regioni con piani di rientro dai disavanzi, ma destinato a cessare con conseguente incremento dell’offerta di lavoro, a rischio di risultare carentemente riscontrata dagli interessati ad una occupazione. Quella programmazione che avrebbe dovuto prevedere l’allargamento della platea degli arruolati dal sistema universitario, sia nei corsi di laurea che di specializzazione.

L’errore è della politica sanitaria che non c’è
Da un tale simile svarione politico-progettuale è venuto fuori il disastro delle assenze di laureati disponibili, delle corsie prive di medici e infermieri, delle mancate “invenzioni”, strutturali e domiciliari, organizzative da implementare nel post Covid, con relativo ricorso emergenziale agli omologhi professionisti, prima all’interno dell’UE, poi extra sino a raggiungere quelli oggi oltreoceano.

Si è smaterializzato l’ideale
Insomma, a ben vedere si è proceduto sistematicamente a de-strutturalizzare la sanità, quella che sino alla sua aziendalizzazione era considerata tra le migliori al mondo, soprattutto per l’universalità che garantiva e l’uniformità prestazionale, ancorché da realizzare meglio nel Mezzogiorno.

Un siffatto percorso decadentista ha fatto tenere non nel dovuto conto l’attività del medico pubblico, quasi fosse una inesauribile scorta e un soggetto da sfruttare senza rispetto per la persona che lo interpretava. Retribuzioni assicurate con la mano corta, straordinari a gogò pagati molto meno di quanto si concede oggi a quelli retribuiti a gettone orario ovvero agli altri che arrivano persino dalle Americhe, destinati a fare ciò che non si fa nell’interesse dell’utenza.

Un SSN andato alla malora
Tutto questo non ha a che fare con la sanità che scrissero i legislatori del 1978. Ha perso tutte le sue caratteristiche, dalla unicità alla socialità della prestazione sociosanitaria. Ha demolito, anche con il contributo del DM70, un sistema ospedaliero vocato alla presenza diffusa e alla accoglienza indiscriminata, rendendolo preda dei raccomandati seriali e out per tutto il resto dei cittadini, costretti a sopportare ritardi e omissioni, nonostante la presenza fissa ed operosa dei maltrattati di turno. I medici delle corsie e, peggio, quelli impegnati in quel 118 che ha costituito la salvazione della nazione da sempre, specie durante il Covid-19.

Senza la programmazione non si arriva da alcuna parte, si mescolano le carte come se a farlo fosse un baro. I medici pubblici, quelli impegnati nel sistema ospedaliero, nel 118 e nell’assistenza territoriale novellata dal DM77 vanno trattati meglio di chiunque. Al loro impegno dobbiamo la vita dei nostri cari. E’ giusto che ci si investa sopra e consistentemente.

Concludendo. Una attenzione particolare va spesa sulla neonata moda della retribuzione a gettoni, con similitudine alla retribuzione dello straordinario, certamente da superare nell’ottica di una riforma strutturale retributiva. Ben venga, in proposito, l’indicazione di puntare momentaneamente sulle fiches sanitarie stando però molto attenti a non investire sulla retribuzione estemporanea ma su quella che rappresenta il premio lavorativo per un impegno in una sanità stabilmente ristrutturata.

Ettore Jorio
Università della Calabria

13 ottobre 2022
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