Studi e Analisi
L’Agorà sulla sanità del PD. Il rischio di non cogliere il cambiamento in atto
di Grazia LabateIl Covid-19 è stata la più grande sfida che il sistema sanitario e assistenziale ha dovuto affrontare. E non è finita qui. La variante Omicron 5 spinge i contagi Covid in Italia e nel resto del mondo e per molti esperti si sta osservando una nuova ondata estiva, con il picco che si potrebbe avere a fine luglio.
È essenziale che si traggano insegnamenti da questa esperienza, soprattutto per il PD, che nonostante il calo vistoso di partecipazione alle elezioni amministrative da parte dei cittadini, comunque si connota come il primo partito italiano e dunque con la maggiore responsabilità nel trovare le adeguate risposte per il futuro della promozione e tutela della salute per tutti i cittadini.
La prima cosa è non dimenticare: gli straordinari contributi di milioni di dipendenti e volontari del SSN, i rapidi progressi raggiunti nella digitalizzazione e nella trasformazione di alcuni servizi, e soprattutto le carenze e disuguaglianze messe a fuoco, prodotte da una politica di austerity e definanziamento della spesa pubblica in sanità, all’ombra delle più svariate teorie: insostenibilità del sistema, sprechi e ruberie, risparmi mirabolanti da ottenersi con la maggiore efficientizzazione, medici famelici di guadagni impropri, il terrorismo della privatizzazione del sistema, agitato in tutte le occasioni e al quale però si è dovuto ampiamente ricorrere anche nel caso della pandemia perché sennò avremmo collassato ampiamente.
Quanta ideologia nelle discussioni in tutti questi anni ed anche quanta ipocrisia nell’affrontare le questioni della politica sanitaria, non volendo sciogliere nodi strutturali che da diversi decenni ci portiamo dietro.
Primo fra tutti un SSN universalistico, che poggia sui piedi d’argilla di un sistema fiscale iniquo, vessatorio per lavoratori dipendenti e pensionati, connotato da una evasione fiscale senza precedenti in Europa.
Non voglio ricordare l’annosa vicenda dei ticket, superticket, codici bianchi ospedalieri, quali risposte improprie all’inappropriatezza terapeutica e diagnostica, all’erosione della medicina del territorio, della prevenzione in tutti i suoi aspetti fino alla magrezza dei servizi di epidemiologia, che ci hanno detto chiaro e tondo, in costanza di pandemia, come eravamo combinati e cosa abbiamo scontato con un sistema a 21 voci stridenti e asincrone tra loro.
Con una organizzazione centrale, esautorata di fatto, dalla Conferenza Stato Regioni, incapace persino di coordinare fattivamente, controllare, dovendosi avvalere dei pur lodevoli Generali, per tenere a freno con le vaccinazioni di massa, il virus e le sue mutazioni. Ben vengano le Agorà, ma per favore discutiamo nel merito e facciamola finita con l’ideologia e le casacche di convenienza.
Mi fa piacere che oggi si parli di sostenibilità e maggiori risorse, anche se non più tardi di 4 anni fa, gli stessi parlavano solo di risparmio per efficientamento del sistema, dell’ordine di 10 miliardi.
Ora non è solo un imperativo ripristinare la fornitura dei servizi, rimanendo preparati per possibili future ondate di virus, ma basarsi su questo apprendimento per apportare cambiamenti e rinnovamenti positivi, in modo che il sistema sanitario possa supportare i maggiori miglioramenti possibili in termini di salute e benessere per tutti, ben oltre questa crisi.
Cinque priorità. Questo bisogna avere in mente, e stabilire non tutto, ma quattro o cinque priorità, per aiutare a guidare l'approccio al rinnovamento attraverso la salute e l'assistenza, cogliendo l’occasione delle risorse PNRR e dandosi un metodo e delle priorità:
1. mettere la forza lavoro al centro della scena;
2. un cambio di passo sulle disuguaglianze e sulla salute della popolazione;
3. dare sostanza alla riforma dell'assistenza sociale con priorità al tema della non autosufficienza;
4. incorporare e accelerare il cambiamento digitale ed erigerlo con la telemedicina a sistema;
5. ridefinire il rapporto tra comunità e servizi pubblici.
Queste aree dovranno avere la priorità da parte del governo se desidera fornire servizi sanitari e assistenziali di qualità, migliorare la salute della popolazione e mantenere le sue promesse di "far salire di livello" la qualità del sistema sanitario.
Queste priorità dovranno anche connettersi ad una più ampia strategia economica, che deve sostenere gli investimenti nei determinanti socioeconomici della salute, e nell’innovazione tecnologica di sistema.
Dove siamo adesso? L'epidemia di Covid-19 ha mostrato al meglio molti aspetti del sistema sanitario e assistenziale facendo piazza pulita di molti luoghi comuni.
Gli operatori sanitari hanno mostrato tutta la loro dedizione e competenza; medici e dirigenti sono andati ben oltre, per sviluppare rapidamente nuovi modi di fornire servizi in sicurezza ; gli ospedali hanno unito le forze per offrirsi l'un l'altro aiuto reciproco e garantire la fornitura continua dei servizi essenziali; e in alcune aree il SSN, il governo locale e altri servizi locali hanno lavorato insieme come mai prima d'ora, per coordinare le loro risposte e supportare le comunità. La Pandemia ha anche evidenziato il sostegno pubblico al SSN e al personale sanitario, sottolineandone il valore collettivo.
Ma gli eventi dell'ultimo anno hanno anche messo in luce problemi evidenti e in alcuni casi hanno esacerbato le carenze esistenti.
Le persone che sono state più colpite dal virus sono generalmente quelle che avevano peggiori risultati di salute prima della pandemia, comprese le persone delle comunità che vivevano nelle aree più povere. A seguito della scarsa aspettativa di vita, il Covid-19 ha messo in luce le profonde disuguaglianze che esistono tra i diversi gruppi di popolazione e le aree del paese.
Il Covid-19 ha messo a nudo le debolezze di un sistema di assistenza sociale che è stato sottofinanziato e trascurato per troppo tempo e che non è mai riuscito ad integrarsi con il sistema sanitario. Il settore è stato trascurato dal governo all'inizio della pandemia, con tragiche conseguenze per gli utenti dei servizi, le famiglie e il personale, e con un numero inaccettabile di decessi. Ciò fornisce ulteriori prove (se ce ne fosse bisogno) che l'assistenza sociale ha un disperato bisogno di attenzione, investimenti e riforme soprattutto delle RSA.
Anni di scarsa pianificazione della forza lavoro, politiche deboli e responsabilità frammentate, hanno portato a una crisi della forza lavoro sia nel settore sanitario che nell'assistenza sociale. Già sottoposto a enormi sforzi, il personale ora ha dovuto far fronte alle esigenze della pandemia; l'impatto sul loro benessere non è da sottovalutare.
Dopo la più lunga compressione di fondi della sua storia, prima della pandemia i servizi del SSN erano già sotto stress con lunghe liste d’attesa e profondi tagli ai budget degli enti locali avevano messo in ginocchio il sistema di assistenza sociale. Ciò ha significato che il sistema è entrato in pandemia già al limite; per evitare che gli ospedali venissero sopraffatti, sono state necessarie lunghe sospensioni, riduzioni nell'erogazione di cure non di emergenza, lasciando molte persone senza il livello di assistenza o supporto che normalmente potevano aspettarsi di ricevere.
Al di là dell'impatto immediato del Covid-19 sulla salute e l'assistenza, i lock down hanno causato gravi danni alle finanze pubbliche e all'economia in generale. Le conseguenze sociali ed economiche della crisi, ora con la vicenda della guerra, crisi energetica, ed inflazione avranno senza dubbio un impatto sulla salute e sul benessere della popolazione e rischieranno di aggravare ulteriormente le disuguaglianze.
Il sistema sanitario e assistenziale deve dunque affrontare sfide significative, per il ripristino dei servizi, non solo negli ospedali, ma anche nell'assistenza sociale, nelle cure primarie, nella salute mentale e nei servizi di comunità. Il sistema sanitario e assistenziale dovrà inoltre affrontare la sfida di fornire cure di routine e allo stesso tempo continuare a fornire la campagna di vaccinazione che sarà necessaria per garantire la protezione dal Covid.
In terzo luogo, sarà necessario uno sforzo notevole e sostenuto per affrontare l'arretrato della domanda di cure e ridurre i tempi di attesa. È importante sottolineare che ciò sarà possibile se si avrà il personale disponibile per fornire assistenza; non è realistico aspettarsi che il personale esausto passi direttamente dalla risposta alle pressioni del Covid all'aumento delle attività di routine senza tempo sufficiente per riposarsi e riprendersi.
Nonostante siano meno visibili nei dati nazionali e nelle liste di attesa, le pressioni sulla domanda si estenderanno anche ai servizi alla comunità, alle cure primarie e ai servizi di salute mentale.
Questi servizi dovranno affrontare gli effetti sulla salute del Covid-19, comprese le esigenze riabilitative derivanti dal virus e dai soggiorni prolungati nelle unità di terapia intensiva, e supportare coloro la cui salute è peggiorata a causa di prestazioni ritardate o lacune nelle cure di routine.
In particolare, si prevede un aumento significativo dei bisogni di salute mentale nei prossimi anni a causa della pandemia, constatando che la domanda di servizi di salute mentale per adulti e servizi di salute mentale per bambini e adolescenti, potrebbe aumentare rispettivamente del 40% e del 60.
Ciò sottolinea la necessità di una risposta dell'intero sistema che abbraccia ospedali per acuti, cure primarie, comunità, salute mentale e servizi di assistenza sociale. La sfida sarà cogliere questa necessità contestualmente al ripristino dei servizi e alla gestione del rischio in corso da Covid-19, per ottenere sia la ripresa che il rinnovamento.
Le cinque priorità a cui ho fatto riferimento, forniscono un quadro per aiutare a guidare l'approccio al rinnovamento attraverso la salute e l'assistenza. Mettere al centro la sostenibilità dei sistemi sanitari significa dunque indicare quali e quante risorse per i prossimi 5 anni, per quali obiettivi salute, ridurre le attuali disuguaglianze e con quali innovazioni rinnovare profondamente il sistema.
L'Agorà del Pd. Infatti, mentre il Pd era riunito nella sua Agorà si concludeva a Stoccolma l’Health Summit 2022, presso il Karolinska Institutet, in Svezia: questo evento di due giorni ha riunito professionisti sanitari, esperti, imprenditori, investitori e innovatori di tutta Europa, per immaginare come sarà il futuro dell'assistenza sanitaria.
Gli esperti hanno convenuto che dobbiamo avere un approccio coordinato per rafforzare i sistemi sanitari europei a diventare più sostenibili. Hanno posto l'accento sull'innovazione incentrata sull'uomo mentre ci muoviamo verso un'assistenza sanitaria delocalizzata fino al domicilio e incentrata sul paziente.
Se c'è qualcosa che dobbiamo imparare dalla pandemia di COVID-19, è un cambiamento fondamentale nel modo in cui guardiamo e valutiamo il valore dell'innovazione sanitaria. Diversi leader di pensiero, al Health Summit hanno ribadito come sia giunto il momento di vedere l'assistenza sanitaria e l'innovazione come risorse nazionali strategiche in cui tutto il sistema dovrebbe essere incoraggiato ad investire. Ciò a sua volta garantirà una maggiore sostenibilità ai nostri sistemi sanitari. Parlando di investire in assistenza sanitaria e innovazione, Jessica Mahoney, analista politica dell'OCSE , ha aggiunto alla richiesta di maggiori investimenti da parte dei governi che: “Il mondo ha bisogno di innovazione in tutti gli aspetti dell'assistenza sanitaria. Abbiamo la responsabilità e il dovere condivisi di abilitare i sistemi sanitari ad essere resilienti e sostenibili e un'industria della salute, sia tecnologica che farmaceutica, fortemente innovativa. La pandemia di COVID-19 ha mostrato come la salute interagisce con i risultati economici, sociali e relazionali e ha sottolineato l'importanza degli approcci globali negli investimenti, da parte dei governi per migliorare la qualità e l’efficienza delle politiche per la salute pubblica”.
I cambiamenti che sono stati implementati durante la pandemia come la telemedicina e una maggiore dipendenza dai dati per prendere decisioni basate sull'evidenza nell'assistenza sanitaria, sono qui a dimostrare che l’innovazione di alcune start-up, che sono state usate durante la Pandemia, come il sistema Wellola, hanno offerto a ospedali e medici di famiglia piattaforme sicure di telemedicina e portali per i pazienti, affinchè l'assistenza sanitaria si sia potuta spostare dalle strutture cliniche a quelle domestiche, con soddisfazione dei pazienti. “Il 44% dei pazienti ha utilizzato nuovi dispositivi o app per aiutare a gestire le diverse situazioni da remoto durante il COVID-19. Ora il 60% dei pazienti desidera utilizzare maggiormente la tecnologia per comunicare con i fornitori di servizi sanitari".
La soluzione Wellola ha il potenziale per risparmiare fino al 52% sui costi, aumentando l'efficienza degli appuntamenti medici e lasciando più tempo ai pazienti con una maggiore necessità di essere trattati di persona in ambito clinico. BioXplor ha consentito di massimizzare l'efficienza nella scoperta di farmaci in fase iniziale e negli studi clinici sui pazienti oncologici. La piattaforma genera prove per risparmiare tempo e risorse per medici e ricercatori.
Altre start-up che hanno impressionato il pubblico del Summit con le loro innovazioni sanitarie incentrate sull'uomo includevano: SolasCure , che ha sviluppato un trattamento per le ferite croniche; Luminate Medical, che sta costruendo dispositivi per porre fine agli effetti collaterali del trattamento del cancro come la caduta dei capelli; Brightlobe, che ha sviluppato un'app di salute digitale per valutare in modo intelligente il neurosviluppo dei bambini.
Molti relatori hanno riconosciuto che la transizione verso una maggiore sostenibilità non sarà facile.
È una trasformazione sistematica, che richiede grandi investimenti nell'innovazione. Se si vuole affermare una solida sostenibilità dei sistemi sanitari non c’è un’altra strada, occorre essere convinti che: Sistemi sanitari robusti e resilienti non rappresentano un costo. Al contrario, sono un investimento a lungo termine e un'esigenza di solidarietà e prosperità.
Dunque per affrontare le imminenti sfide è tempo di unire le forze tra gli Stati membri dell'UE e gli strumenti dell'UE, per la salute, superando la visione nazionalista di ogni stato membro e avviando così una vera e propria politica solidale e comunitaria europea per la salute.
E per l’Italia vuol dire avviare una riflessione seria e senza veli su quel che si deve fare? In una situazione così critica per le finanze pubbliche italiane, si deve salvaguardare la tutela della salute, rivedendo almeno le contraddizioni più eclatanti del sistema.
A partire da una profonda revisione del sistema delle esenzioni, in modo da renderlo più equo tra le fasce di reddito, ma anche tra le generazioni con regimi di compartecipazione alla spesa più uniformi tra le regioni e tetti ai ticket per evitare esborsi eccessivi.
Ma anche raccogliere le compartecipazioni alla spesa su una base più ampia, che includa anche l’assistenza ospedaliera, almeno per quanto riguarda le spese di soggiorno, rapportate ad opportune fasce di reddito.
E infine il recupero di risorse da evasione fiscale senza penalizzazioni, solo se legate ad investimenti in salute, quali potenziamento di tecnologie laddove mancano e sono necessarie, potenziamento di forme di assistenza domiciliare per riabilitazione o non autosufficienza, forme di cohousing di quartiere per evitare solitudini e cronicizzazioni, fino al potenziamento dei diversi step di ricerca nei vari campi.
Insomma hai evaso? Niente multe ma obbligo di acquistare un presidio, una tecnologia, pacchetti di prestazioni per la salute di tutti.
Costruire società sane ed eque e guidare la trasformazione del settore sono due temi che sono stati intrecciati anche nell'agenda dell'incontro annuale del World Economic Forum (WEF) a Davos, in Svizzera.
La pandemia ha illustrato chiaramente l'importante ruolo svolto dai sistemi sanitari nel sostenere le società economicamente attive, facendo luce sui fattori strutturali di lunga data delle disuguaglianze sanitarie legate ai determinanti sociali della salute, alle condizioni di lavoro precarie e allo stato di salute pre-pandemia. Pertanto, non solo l’aumento delle disuguaglianze sanitarie, ma anche le crescenti disparità economiche, mettono a dura prova le relazioni tra governi e cittadini in tutto il mondo, provocando proteste contro le misure di salute pubblica che limitano le libertà e i mezzi di sussistenza individuali.
Durante e dopo la crisi, lo stato dei sistemi sanitari nel mondo è diventato il centro dell'attenzione del grande pubblico grazie ai titoli di notizie su carenze della catena di approvvigionamento, arretrati di procedure e carenza di operatori sanitari. A un osservatore casuale, può sembrare che la pandemia sia la causa di gran parte dei problemi che il settore sanitario sta vivendo, ma questa è solo una parte della storia.
Molto prima della comparsa del COVID-19, i sistemi sanitari di tutto il mondo stavano lottando per tenere il passo con la domanda di servizi e contenere i costi a causa dell'invecchiamento della popolazione e dell'aumento delle malattie non trasmissibili come il cancro, le malattie cardiovascolari e il diabete. I problemi della forza lavoro in sanità, sono una preoccupazione di vecchia data. Nel 2016 l'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva previsto una carenza di 18 milioni di operatori sanitari entro il 2030, principalmente nei paesi a reddito basso e medio-basso.
La pandemia è stata uno stress test per misurare la capacità dei sistemi sanitari di rispondere alla crisi e, ha posto l’accento sull'importanza di avere sistemi sanitari ben funzionanti. Dopo aver sentito il commento “se solo riusciamo a superare la pandemia, le cose andranno meglio”, oltre 30 anni di lavoro nel settore mi dicono che questo è un punto di vista ingenuo. A causa di problemi di vecchia data, le persone devono rendersi conto che il COVID-19 è solo un esempio della tensione che i sistemi sanitari potrebbero subire in futuro, a causa di nuove emergenze di salute pubblica, disastri naturali o effetti del cambiamento climatico. Per ricostruire un migliore post-pandemia, i sistemi sanitari fondamentalmente dovranno essere progettati, finanziati e gestiti in modo diverso.
Ma, nonostante la chiara consapevolezza della necessità di cambiamento, c'è anche un tema molto evidente cui non si può sfuggire. La dimensione e la complessità della trasformazione necessaria, richiederà la collaborazione a livello di sistema di tutte le parti interessate, governi, società scientifiche, organizzazioni rappresentative del personale medico e non, fornitori pubblici e privati, gruppi industriali biotech ed informatici, contribuenti sanitari e organizzazioni rappresentative dei cittadini.
I finanziatori del sistema devono fare un cambio di paradigma, da un approccio di cura alla prevenzione e alla gestione della salute della popolazione per affrontare i fattori di rischio prevenibili (ad esempio, uso di tabacco, cattiva alimentazione, mancanza di attività fisica e consumo di alcol) che contribuiscono all'aumento del tasso di malattie croniche.
Contribuenti e fornitori che riallineano le loro strategie e i sistemi di rimborso per supportare il passaggio a modelli di assistenza integrati basati sulla comunità, contribuendo a garantire che l'assistenza venga fornita al momento giusto in contesti a basso costo per consentire l'accesso e migliorare i risultati dei pazienti.
I finanziatori del sistema devono rivedere i piani di investimento di capitale a lungo termine per garantire che i sistemi sanitari dispongano dell'infrastruttura digitale necessaria per l'interoperabilità per supportare l'erogazione di assistenza integrata e digitale.
Gli attori privati come le società di scienze biologiche e tecnologiche che utilizzano le loro capacità per innovare e fornire nuovi farmaci, tecnologie e strumenti digitali che possono salvare vite o semplicemente contribuire a rendere l'assistenza sanitaria più accessibile e conveniente.
Le istituzioni di ricerca e formazione che devono affrontare meglio l'impatto dell'innovazione e della tecnologia sui modelli di erogazione del sapere e sulle capacità necessarie in futuro, per il personale sanitario e non, per fornire al personale le competenze per le migliori occupabilità per il futuro.
Con la crescente evidenza che i risultati sanitari sono influenzati da un ampio spettro di determinanti sociali non ultimo l'alloggio, l'istruzione, la povertà e l'alimentazione vi è la necessità per le organizzazioni sanitarie di collaborare con gruppi e industrie che contribuiscono alla vita delle persone e non solo ai pazienti.
Gli esiti clinici stanno diventando sempre più importanti. Ciò richiede maggiori collaborazioni e partenariati pubblico-privato che aiutino a migliorare la salute e il benessere. Per realizzare una trasformazione fondamentale saranno probabilmente necessarie le competenze e le capacità chiave di un ampio spettro di partner per mantenere i sistemi sanitari sostenibili e resilienti.
Le organizzazioni accademiche, non governative, delle scienze della vita, della sanità e delle imprese si sono unite dal 2020 per formare la Partnership for Health System Sustainability and Resilience(PSSR). Istituita per la prima volta dalla London School of Economics, dal World Economic Forum e da AstraZeneca, a questo gruppo collaborativo a livello globale si sono successivamente aggiunti Royal Philips, KPMG, Apollo Hospitals e il Center for Asia-Pacific Resilience, di ricerca indipendenti basati sull'evidenza, che studiano le aree del sistema sanitario che includono finanziamento, governance, forza lavoro, farmaci e tecnologia, fornitura di servizi, salute della popolazione e sostenibilità ambientale, al fine di identificare punti di forza, debolezze, opportunità e rischi.
A Davos la sessione "Collaborare per costruire sistemi sanitari resilienti e sostenibili" è stata sponsorizzata dal PHSSR. In questo evento i relatori hanno discusso di come i partenariati pubblico-privato (PPP) abbiano un ruolo nel garantire che i sistemi sanitari siano attrezzati per affrontare stress e shock futuri. Dato che i sistemi sanitari tendono a essere frammentati, i relatori hanno citato la necessità di una forte collaborazione, non solo tra il settore pubblico e privato, ma tra tutte le parti interessate coinvolte per consentire il successo.
Sistemi sanitari sostenibili e resilienti sono le pietre miliari necessarie per costruire società sane ed eque. Per raggiungere questo obiettivo, tutte le parti interessate all'interno dei sistemi sanitari dei paesi devono assumersi la responsabilità collettiva e lavorare insieme per supportare e realizzare strategie di trasformazione.
Ed anche il Canada, alla cui esperienza in tanti abbiamo guardato e studiato, soprattutto nei sistemi universalistici, al caso dell’Ontario, oggi è messo a dura prova.
A Toronto, il 7 giugno il Canada ha annunciato con orgoglio il lancio della Partnership for Health System Sustainability and Resilience (PHSSR). Prima della pandemia, il loro sistema sanitario stava già lottando per contenere i costi e soddisfare la domanda tra l'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle malattie croniche insieme alla carenza di forza lavoro e ad altre sfide.
Il COVID-19 ha ulteriormente esacerbato molti di questi problemi e messo a nudo le debolezze del sistema sanitario. Il PHSSR in Canada è affiancato da Philips Canada, Institute of Health Policy, Management and Evaluation (IHPME) presso l' Università di Toronto e il North American Observatory on Health Systems and Policies (NAO). In Canada , il PHSSR e i suoi partner cercheranno di lavorare con accademici, governi, responsabili politici, pazienti e altre parti interessate locali per costruire conoscenze e guidare l'azione attraverso un rapporto di ricerca che offrirà raccomandazioni politiche basate sull'evidenza per migliorare la sostenibilità e la resilienza del sistema sanitario.
In collaborazione con Sara Allin, Professore Associato presso l'Institute of Health Policy, Management and Evaluation (IHPME) dell'Università di Toronto e Direttore del North American Observatory on Health Systems and Policies, il PHSSR sta iniziando il suo studio sul sistema sanitario in Canada, oggi in crisi.
Allin utilizzerà un framework sviluppato dalla London School of Economics per valutare il sistema sanitario canadese in sette domini chiave: finanziamento; governo; forza lavoro; medicinali e tecnologia; erogazione dei servizi; salute della popolazione e la sostenibilità ambientale; al fine di identificare punti di forza, potenziali debolezze, opportunità e rischi.
Un rapporto sarà sviluppato e convalidato con il contributo di un gruppo di esperti pancanadesi, di leader e studiosi del sistema sanitario. Il professor Alistair McGuire, capo del dipartimento e presidente di economia sanitaria presso il Dipartimento di politica sanitaria, London School of Economics , ha aggiunto che "il PHSSR sta cogliendo l'opportunità che la pandemia ci ha offerto di agire e affrontare i problemi di salute globale. Stiamo trasformando la ricerca in azione collaborando con oltre 20 paesi per identificare le soluzioni con il maggiore potenziale, supportarne l'adozione e condividere le conoscenze oltre i confini." I risultati dello studio di ricerca PHSSR in Canada dovrebbero essere pubblicati nell'autunno 2022".
Anche la London School of Economics utilizzerà i risultati della valutazione del Canada per migliorare continuamente il proprio quadro di ricerca. Per condividere liberamente il know-how generato dal PHSSR a livello globale, la scuola renderà disponibile il framework nel 2023 a tutte le parti interessate che desiderano condurre periodicamente valutazioni nazionali mentre i sistemi sanitari si adattano e trasformano la loro resilienza e sostenibilità. Per ulteriori informazioni sul PHSSR, o per rimanere aggiornati su notizie, eventi e risultati delle ricerche più recenti, visitare: www.weforum.org/phssr.
Anche da noi in Italia si è formata la “Partnership for Health System Resilience and Sustainability (Phssr)”, progetto in cui è stata coinvolta l’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari (Altems) dell’Università Cattolica, coordinato dalla London School of Economics, con il coinvolgimento di AstraZeneca e del World Economic Forum. L’iniziativa, che vede protagonista l’Italia insieme ad altri sette paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (Oecd), ha prodotto anzitutto uno studio pilota, volto a comprendere i fattori che assicurano resilienza e sostenibilità ai sistemi sanitari con particolare riferimento alla pandemia da Sars-Cov2.
Grazie all’utilizzo di un framework per misurare la resilienza e la sostenibilità dei sistemi sanitari con riferimento a 5 domini (governance, finanziamento, personale, farmaci e tecnologie ed erogazione dei servizi sanitari), il gruppo di ricercatori dell’Altems, coordinato dal direttore, Americo Cicchetti, ha prodotto 24 raccomandazioni e i primi risultati che sono stati presentanti il 16 marzo nel webinar dal titolo « Partnership for Health System Sustainability and Resilience.
“La pandemia da Coronavirus ha messo a dura prova il nostro sistema sanitario ma la sfida più grande è adesso – ha affermato Cicchetti, Ordinario di Organizzazione Aziendale all’Università Cattolica –. Il Recovery Plan ci offre la grande opportunità di puntellare il nostro sistema sanitario al fine di garantire la sua sostenibilità e renderlo sempre più resiliente. In questo lavoro del gruppo di ricercatori dell’Altems ha analizzato a fondo il nostro sistema sanitario nazionale, nei suoi punti di forza e di debolezza e proponendo un serie di raccomandazioni di policy che, se implementate, potranno contribuire a garantire sostenibilità e la resilienza rispetto ai futuri shock che potranno presentarsi”. “Per rendere il sistema più sostenibile e resiliente – ha concluso Cicchetti – occorre lavorare sul coordinamento tra il livello centrale e le regioni, rafforzare la continuità di cura tra i diversi setting assistenziali, rivedere le modalità di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, adattare i modelli di competenza del personale, sia sotto il profilo tecnico che manageriale, digitalizzare la sanità, e promuovere una regia centrale per l’Health Technology Assessment e riorganizzare le cure primarie“.
Sono intervenuti all’incontro Jill Morris, ambasciatore UK in Italia, Stefano Lorusso, capo della segreteria tecnica del Ministero della Salute, Rosanna Tarricone (SDA Bocconi School of Management), Walter Ricciardi, Ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica e consigliere del Ministro della Salute per la pandemia da Covid-19, Luca Richeldi, Ordinario di Malattie dell’apparato respiratorio all’Università Cattolica, Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia del Lavoro e delle organizzazioni all’Università Cattolica, e Francesca Patarnello VP Market Access & Government Affairs Astra Zeneca la quale ha commentato: “È quanto mai evidente che l’approccio collaborativo tra tutti gli attori del sistema debba diventare strutturale”.
Fare previsioni non è mai facile, soprattutto dopo la disruption degli ultimi anni. Ma una visione almeno per i prossimi 5 anni è fondamentale. Non è più tempo di rammendi e rattoppi e nemmeno di vestali a difesa di tempi e metodi che non sono più utili.
Conservare la memoria e la difesa di una delle conquiste più importanti del nostro Paese il SSN, non vuol dire sclerotizzarsi su posizioni ideologiche che non rispondono né alla domanda sempre più esigente di salute, ne all’offerta che oggi ha più di ieri bisogno di modernizzarsi ed essere all’altezza delle sfide, che una maggiore longevità con il suo carico di patologie e di maggiore assistenza ci impone in un contesto socio ambientale che non ha più niente a che vedere con il 1978. Quando poi ci si mette la ribellione della natura e lo spillover virale, 44 anni di contesto, reclamano il cambiamento.
Grazia Labate
Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità