Studi e Analisi
Il disagio lavorativo nella sanità ospedaliera privata accreditata
di Carlo Palermo e Fabio FlorianelloGentile direttore,
“il manifesto dei medici italiani” sottoscritto da tutte le componenti mediche riunite dalla FNOMCeO il 21 aprile scorso, documento che ha avuto grande riscontro e apprezzamento, menziona fra l’altro i Medici dipendenti delle strutture private accreditate, che lavorano nell’ambito del SSN, erogano prestazioni che fanno parte dei LEA, ossia prestazioni pubbliche, ma che in gran parte si trovano in una situazione di estremo disagio privi di un rinnovo contrattuale da oltre 17 anni.
Se è ormai dimostrato il profondo disagio a cui la professione medica da tempo è costretta, umano e professionale anzitutto, il disagio presente nella sanità ospedaliera privata accreditata è altrettanto marcato in ragione anche della totale assenza di riconoscimenti e relazioni con una controparte datoriale completamente assorbita dagli investimenti strutturali. Come se le strutture potessero dare servizi e prestazioni senza la componente Personale, nei cui confronti viene esercitato un anacronistico potere che si potrebbe definire eufemisticamente “padronale”. Potere che si esplicita non solo nella assenza di un minimo di confronto sindacale ma anche nel citato e perdurante mancato rinnovo contrattuale.
“Prevedere per il personale medico dipendente del privato, accordi contrattuali omogenei all’interno del SSN, pubblico e privato, garantendo una adeguata dotazione qualitativa e quantitativa degli organici, un trattamento retributivo equiparato al settore pubblico, l’equiparazione dei titoli di carriera pubblico privato”.
È questo il punto 3 del citato Manifesto che non rappresenta soltanto un ideale percorso programmatico in favore dei Medici dipendenti del privato accreditato, bensì la richiesta di garanzie concrete, di riconoscimenti, dotazioni qualitative, quantitative e retribuzioni per quanti effettuano prestazioni in nome e per conto del SSN.
In un recente Studio ANAAO si è sottolineato la grande fuga dagli ospedali pubblici di medici, sanitari, infermieri. Fuga per sfuggire a condizioni di lavoro divenute difficilmente tollerabili e di recente aggravate ulteriormente dalla pandemia. Ma la stessa fuga sta realizzandosi nell’ambito del privato accreditato verso il quale convergono spesso medici in pensione dal pubblico o quanti sono alla ricerca di un diverso rapporto di lavoro come quello libero-professionale, con meno vincoli di incompatibilità, meno turni (forse), meno burocrazia e speranza di un maggiore riconoscimento economico.
Le moderne strutture architettoniche, i comfort alberghieri, l’organizzazione, la qualità delle prestazioni su cui si è fondato finora il prestigio del privato accreditato si va scoprendo sempre più fragile proprio per aver privilegiato gli investimenti strutturali, logistici, tecnologici a scapito, in larga parte, di quel capitale umano, eroe e martire di un recente passato, dimenticando che di quel prestigio il vero protagonista è il Personale.
Lo dimostrano lo stato delle relazioni sindacali di frequente trascurate, senza coinvolgere tutte le Organizzazioni presenti nel Servizio Sanitario Nazionale o operandone una selezione arbitraria, le arretratezze contrattuali, normative e retributive, la scarsa attenzione ai problemi emergenti che stanno alimentando ed aggravando un clima di lavoro di tante strutture, alcune prestigiose, ma di un prestigio in fase di progressivo ridimensionamento, in cui si va allontanando quel convinto senso di appartenenza che aveva contraddistinto il Personale.
Oggi questo aspetto che era stato tra i più favorevoli di questo mondo professionale si sta avviando ad un profondo ridimensionamento, senza una relazione di collaborazione o comunque di dialogo tra parte datoriale e dipendenti, sia a livello nazionale che locale.
Siamo di fronte ormai ad un aperto conflitto dove si stenta a trovare un equilibrio di rapporti di fronte alla presa di coscienza dei dipendenti riguardo alla irrisolta e grave asimmetria normativo-retributiva tra i vari contratti di lavoro. Soprattutto se confrontati con quelli del sistema pubblico, peraltro assai lontani da quelli in vigore nella UE, anche se entrambi, pubblico e privato accreditato, agiscono non in un sistema di libero mercato ma in ambito di un servizio pubblico quale il S.S.N. Ed è questa l’anomalia più grave e non più tollerabile: ricavare soldi dal sistema pubblico, il SSN, in modo omogeneo rispetto al pubblico, secondo requisiti di accreditamento comuni, e risparmiare sul costo del lavoro applicando contratti mortificanti sia dal punto di vista normativo che retributivo e non rinnovarli, in una sorta di concorrenza squilibrata.
Queste le scelte di tanto privato accreditato oggi.
La sempre maggiore sensibilità e attenzione da parte del Personale nei confronti degli aspetti di equità interna e di competitività con il mercato sanitario del lavoro ha fatto emergere tutte le criticità finora tollerate silenziosamente.
Da una parte la valutazione oggettiva delle differenze presenti tra i vari ruoli e posizioni organizzative, spesso con analoghe mansioni e funzioni nell’ambito della stessa struttura, o addirittura nella stessa unità operativa, che ha evidenziato l’assoluto contrasto tra quanto si richiede alle persone in termini di impegno e responsabilità e gli aspetti di disparità contrattuale normativo-retributivi.
Dall’altra le differenze che sempre più emergono all’interno del mercato del lavoro in quel confronto tra quello che viene corrisposto ad un dipendente che ricopre un determinato ruolo in una determinata struttura sanitaria e quanto percepisce un lavoratore di un'altra azienda dello stesso settore, in pari ruolo e posizione.
Grave è dunque l’anomalia che si consuma a danno dei Medici e Sanitari dipendenti delle strutture sanitare private, anomalia per la quale a parità di remunerazione delle prestazioni da parte del SSN al pubblico e al privato, quest’ultimo invocando l’autonomia imprenditoriale (o insufficienti profitti) retribuisce fino al 40% in meno ai dipendenti delle strutture “for profit” e dal 13 al 18% in meno ai dipendenti delle strutture “non profit”.
E l’anomalia non sta nella incontestabile libertà imprenditoriale in base alla quale il trattamento retributivo può essere legittimamente diverso, ma nel fatto che non trattandosi di libero mercato ma di prestazioni accreditate e remunerate analogamente dal SSN non vengono rispettate le regole che lo stesso accreditamento impone.
Regole che come abbiamo ripetuto più volte comprendono quei requisiti minimi organizzativi generali tra cui è presente anche la gestione delle risorse umane. Gestione da rivolgere ai fattori oggettivi ma anche a quelli soggettivi in cui si va sempre più esplicitando il disagio crescente nei confronti del senso di appartenenza ad un sistema ritenuto finora prestigioso e gratificante, ma che sotto la pesante pressione della pandemia ha messo in rilievo l’aspetto predominante del profit sanitario (e del non profit se pure in misura minore) rivolto all’investimento strutturale e al business sanitario. Una sorta di rincorsa all’acquisizione di maggiori quote di mercato per un ampliamento dell’offerta, di una maggior quota di prestazioni, trascurando in modo evidente “chi” l’offerta e le prestazioni le gestisce, le effettua e ne è responsabile. Prestazioni che fuori dal SSN non assicurerebbero una facile remunerazione.
E non possiamo che ripetere ancora una volta che la gestione delle risorse umane non è la semplice organizzazione del lavoro, della turnistica, delle guardie, dell’orario di lavoro, dei riposi e delle ferie, ma comprende quell’insieme di attività che vanno dal reclutamento, selezione, addestramento, formazione, sviluppo, valutazione fino al piano retributivo. Piano retributivo o trattamento salariale che costituisce il corrispettivo della prestazione del lavoratore che ha diritto ad un compenso proporzionato alla quantità, alla qualità e alle responsabilità presenti nel suo lavoro, ancor più trattandosi di Servizio Sanitario e non di libero mercato.
Nei diversi contratti di lavoro di tutti i dipendenti che operano nell’ambito del SSN secondo regole comuni al pubblico e al privato è d’obbligo trovare un riferimento comune. I piani retributivi sono infatti composti da voci cosiddette fisse e accessorie. Le prime permettono di soddisfare i requisiti minimi di accreditamento, le voci accessorie permettono di esercitare autonomia e libertà imprenditoriale pur legittimata da accordi locali.
Diversamente assisteremmo, come avviene oggi, ad una sorta di “dumping salariale” che avvantaggia il privato rispetto al pubblico in una sorta di evidente squilibrio concorrenziale. Stessa remunerazione dal SSN per pubblico e privato ma con costi contrattuali inferiori, in certi casi notevolmente inferiori, per il personale dipendente del privato.
Come è possibile che nell’ambito di un SSN che opera con pari regole e requisiti di accreditamento riguardanti tutte le strutture e le diverse prestazioni nessuna regola sia rispettata per il personale?
Specialità, stato giuridico, dotazioni quantitative, retribuzione di base, equiparazione dei titoli sono i requisiti riaffermati con grande chiarezza nel Manifesto dei Medici Italiani per un reale cambio della sanità, di tutta la sanità, quale presupposto fondamentale, anche e non solo, per un diverso e proficuo rapporto pubblico/privato.
Fabio Florianello
Esecutivo Nazionale ANAAO ASSOMED e Coordinatore Commissione Nazionale Sanità Privata Accreditata
Carlo Palermo
Segretario Nazionale ANAAO ASSOMED