“Mi sentirei più tranquilla se fossimo nella situazione dell’Italia”: queste, più o meno, le parole di Angela Merkel nella sua ultima conferenza stampa e torna alla mente il confronto con l’efficienza teutonica nel momento più drammatico della pandemia; quanti letti di terapia intensiva avevano in Germania, tanti da ospitare i nostri pazienti!
Poi, alla distanza, la vituperata sanità del paese dei cervelli in fuga si è rivelata assai migliore di quanto potessimo sperare e, molti secoli dopo il diario di Martin Lutero che voleva importare in Germania gli ospedali italiani, Santa Maria Nuova di Firenze in particolare, per le cure offerte ai pazienti e per la pulizia degli ambienti, finalmente un riconoscimento inaspettato.
Questo costringe a riflettere su due fatti: uno che il nostro servizio deve essere profondamente cambiato, specialmente il territorio, ma che i principi sono solidi e guai a metterli in discussione, l’altro che i professionisti impegnati ci credono e fanno il loro dovere. Tuttavia molte cose non vanno e le difficoltà economiche, strutturali e del personale sono sotto gli occhi di tutti.
Prendiamo atto che la pandemia ha segnato un grosso passo avanti della scienza medica che, per la prima volta, sta sconfiggendo un enorme flagello non solo con i vecchi mezzi della polizia sanitaria ma con la cura, dal domicilio alle terapie intensive, e con la prevenzione, i vaccini. Prendiamo anche atto che qualche preoccupante reazione avversa si manifesta con violente proteste.
“La razionalità, che nell’ora più cupa palesa la sua potenza risolutrice, lascia il posto in molti casi a un’irragionevole disponibilità a credere alle più improbabili fantasticherie, a ipotesi surreali e a teorie infondate, a cantonate e strafalcioni, a svarioni complottisti, in un’onda di irrazionalità che risale dal profondo della società.” Questo scrive il CENSIS nel suo 55° Rapporto e prosegue. “l’irrazionalità ha infiltrato il tessuto sociale, sia le posizioni scettiche individuali, sia i movimenti collettivi di protesta che stanno infiammando le piazze”.
La Signora Merkel conosce meglio di noi questa ondata di irrazionalità tutta moderna, esaltata da un pessimo uso dei social, ma il vero dilemma, per chi lotta contro il virus su tutti i piani della terapia, della prevenzione e della ricerca, è che questo fenomeno, regressivo e variamente motivato, colpisce anche i medici e deve essere analizzato e contrastato.
Colpisce la violenza dei no vax tra anarchismo libertario, irrazionalità, sfiducia nella scienza, complottismo e irriducibile terrapiatttismo. Però circa 3.000 medici sono già sospesi per rifiuto vaccinico e ben 281 sanitari (non solo medici), a una prima indagine, sono stati scoperti dai NAS mentre esercitavano incuranti della sospensione.
Il che mostra come la sospensione, sia pur solo trasmessa dall’Ordine ma da questo annotata nell’albo, ha valore per la professione in ogni sua forma e quindi prevede, ove ugualmente praticata, il reato di esercizio abusivo penalmente perseguibile.
Siamo al di fuori dell’etica e della cultura medica o, forse, della mera intelligenza, quando si legge del dentista di Biella che ha offerto al medico vaccinatore un braccio in silicone quasi a schernire chi crede che il Covid sia una triste realtà, altro che complotto dei poteri forti. Talora qualche negazionista osservante finisce in terapia intensiva, e si pente, e i medici lo curano praticando quella deontologia di cui questi no vax fanno strame e su cui è bene riflettere.
Che siano sospesi dalle ASL o denunciati dai NAS questi medici, a maggior ragione dopo le modifiche apportate dal D.L. 26/11/21 n. 172, debbono essere chiamati subito dal Presidente dell’Ordine a norma dell’art. 39 per verbalizzare le loro dichiarazioni. E’ anche un loro diritto di fronte a possibili errori nella procedura. E vanno loro poste quattro domande: perché non si sono vaccinati, se consigliano ai cittadini di vaccinarsi, cosa sanno dei vaccini, come si sono comportati durante la pandemia.
In questa vicenda sono in gioco da un lato la credibilità degli Ordini professionali, la ferma e convinta difesa della responsabilità sociale dei medici e della visione solidaristica della medicina, dall’altro la garanzia offerta ai cittadini della salvaguardia del livello scientifico e culturale di chi esercita la professione.
Insomma, dopo aver ringraziato i colleghi che hanno speso tutto se stessi contro la pandemia fino al sacrificio della vita, proprio per il rispetto loro dovuto, occorre prendere sul serio questa vicenda.
Anche i medici, come tutto il popolo no vax, risentono delle carenze della scuola in cui oggi si dà ampio spazio alla tecnica ma non si insegnano le basi concettuali della scienza e i vantaggi portati all’uomo dalla razionalità, anche come fondamento del vivere civile.
I medici renitenti al vaccino, inoltre, sono laureati, il che chiama in causa l’Università che dà per scontata una cultura filosofica e etica che può mancare del tutto. Anche se un solo medico sconsiglia i vaccini, e potrebbero essere di più, questa è una grave sconfitta per l’Accademia.
Ora, col DL 172/21. la vicenda è del tutto in mano alla FNOMCeO e agli Ordini. Il principio giuridico, sul quale si sono unanimemente espressi i magistrati compresa la Corte Costituzionale e il Consiglio di Stato fino alla più recente esemplare ordinanza, non cambia: il medico che rifiuta il vaccino viene meno a un onere di servizio.
Gli Ordini non possono fermarsi a questo: il Codice Deontologico è in causa, dal rischio clinico alla conoscenza dei farmaci alla solidarietà alla formazione: la scienza e la coscienza del medico comprendono anche l’etica della responsabilità sociale.
Non bastano i NAS a difendere la professione dall’abusivismo, gli Ordini debbono saper isolare e sanzionare la cialtroneria pseudoscientifica. Questa è la garanzia da offrire alla gente. La mancanza di una specifica norma sull’obbligo vaccinale dei medici nel Codice Deontologico vigente è un altro, ineludibile stimolo per por mano al Codice e rinnovarlo di fronte alle sfide poste dalla pandemia.
Antonio Panti