29 maggio -
“Bisogna tenere alta l’attenzione affinché la necessaria lotta al tabagismo tramite l’aumento di prezzi e accise non finisca poi per incentivare il ricorso al mercato illecito. La sfida è stabilire un equilibrio sempre più precario”. E’ il monito lanciato da
Roberto Fanelli, direttore della sezione Accise dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli durante il Convegno ‘Tabagismo e Servizio Sanitario Nazionale presso l’Istituto Superiore di Sanità. “Lo Stato deve perseguire l’interesse pubblico – ha aggiunto - evitando provvedimenti che favoriscano il mercato nero. Il fattore prezzo è il perno intorno cui si regge tutto il sistema e deve essere approcciato contemperando diverse componenti”.
Di tutt’altro avviso
Silvano Gallus, ricercatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. “Abbiamo elaborato studi che evidenziano come a un aumento del prezzo delle sigarette pari al 10% corrisponda una diminuzione dei consumi del 4%”. La ricerca esposta mostra che un ipotetica accisa aggiuntiva del 20% consentirebbe di vendere 1 miliardo di sigarette in meno e di incassare 400 milioni in più. “La perdita delle entrate fiscali conseguente al calo delle vendite sarebbe più che controbilanciata dall’aumento dell’accisa”, ha sottolineato Gallus.
E, aggiunge il ricercatore, un’indagine Doxa effettuata in 18 Paesi europei su oltre 18mila adulti rivela che l’80% degli europei e degli italiani condivide un aumento dei prezzi, a patto che le entrate addizionali siano allocate per sostenere misure finalizzate alla cessazione del fumo. “Una maggiore tassazione – conclude – sarebbe quindi efficace, attuabile e ben accetta dalla popolazione. I vantaggi per la salute e per le finanze pubbliche sarebbero enormi e l’impatto esercitato su elusione ed evasione limitatissimo”.
Gennaro Barbieri