20 ottobre -
Dove si fanno più interventi è molto probabile che l’esito della cura sia migliore. Questa una delle principali evidenze dal Piano nazionale Esiti 2014 di Agenas e Ministero della Salute che sottolinea però come per molti indicatori (dai parti fino alle operazioni per tumore vi siano ancora molte strutture al di sotto degli standard minimi fissati da linee guida internazionali o dagli stessi standard ospdalieri). Dai numeri del PNE emerge come “il volume di attività rappresenta una delle caratteristiche misurabili di processo che possono avere un rilevante impatto sull’efficacia degli interventi e sull’esito delle cure”.
In questo quadro, uno degli indicatori più importanti è quello relativo al volume di
ricoveri per parto per struttura dove ancora molte strutture non raggiungono ancora gli standard. Il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera rimanda all’accordo Stato Regioni che, già nel 2010, prevedeva la chiusura delle maternità con meno di 500 parti. “Le evidenze scientifiche – si legge nel focus - sull’associazione tra volumi di parti ed esiti di salute materno-infantile mostrano una associazione tra bassi volumi ed esiti negativi per i bambini di basso peso alla nascita. Nel 2013 in Italia le strutture ospedaliere con meno di 500 parti/anno sono 133 (26% delle strutture con più di 10 parti/anno)”. )”. Le Regioni dove vi sono più ospedali con meno di 500 parti sono la Campania con 20 presidi al di sotto della soglia, seguita dalla Sicilia con 18 e il Lazio con 12.
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Altro indicatore è quello relativo al volume dei
ricoveri per bypass aortocoronarico per cui “la mortalità a 30 giorni dopo l’intervento risulta elevata e non significativamente eterogenea tra le strutture con volumi inferiori a circa 100 interventi/anno, e si riduce decisamente all’aumentare dei volumi di attività, mantenendo la tendenza alla riduzione anche oltre i 250 interventi/anno”. Nel 2013, in Italia, 112 strutture ospedaliere hanno eseguito interventi di bypass, tra queste, solo 26 strutture (il 23%) hanno presentato un volume di attività superiore a 200 interventi annui. Da evidenziare come il regolamento del Ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell’assistenza ospedaliera fissa a 200 il numero minimo di interventi chirurgici di bypass aortocoronarico per struttura.
Ma l’evidenza che a maggiori volumi corrispondono esiti cura migliori è evidenziato anche per quanto riguarda la mortalità per i tumori di colon, polmone, mammella e stomaco dove però sono ancora molte le strutture con bassi volumi (il dato non riporta l’attività per singola Unità di cura complessa ma identifica solo le strutture). Per quelli del colon, nel 2013 in Italia, 805 strutture ospedaliere hanno eseguito interventi chirurgici per
tumori del colon, tra queste, 106 (il 13,2%) hanno presentato un volume di attività superiore ai 50 interventi annui (la mortalità a 30 giorni diminuisce decisamente fino a 50/70 interventi annui). Per il
tumore al polmone solo il 16% delle strutture (36 su 231) presentano volumi di attività superiore ai 100 interventi annui (anche in questo caso la mortalità a 30 giorni diminuisce decisamente fino a 50/70 interventi annui). Per il
tumore alla mammella, le linee guida internazionali fissano lo standard di qualità minimo in 150 interventi annui. In Italia solo 13% delle strutture (98 su 761) hanno presentato volumi superiori ai 150 interventi l’anno. Per il
tumore allo stomaco la mortalità a 30 giorni dopo l’intervento diminuisce profondamente fino circa 20/30 interventi l’anno, ma nel nostro Paese solo 108 su 662 strutture ospedaliere che eseguono l’operazione fanno più di 20 interventi annui. In ogni caso, sottolinea il Focus di Agenas “le conoscenze scientifiche, da sole, non consentono di identificare per gli indicatori di volume un preciso e puntuale valore soglia, minimo o massimo. Alla scelta di “volumi minimi di attività” al di sotto dei quali non deve essere possibile erogare specifici servizi nel SSN devono necessariamente contribuire, oltre alle conoscenze sul rapporto tra efficacia delle cure e loro costi, le informazioni sulla distribuzione geografica e accessibilità dei servizi.