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QS Edizioni - lunedì 25 novembre 2024

Disabilità, politica troppo disattenta

20 ottobre - Non ci sono risorse certe per fare funzionare uniformemente, su tutto il territorio nazionale, un sistema socio-sanitario integrato che offra percorsi personalizzati ai pazienti. E così aumenta da parte dei disabili e delle famiglie una richiesta sempre più pressante di assistenza. Mentre all’assenza di tutele istituzionali le famiglie sono costrette a rispondere con un fai da te inaccettabile per un Paese civile. È quanto emerso dalla tavola rotonda organizzata oggi al Senato nell’ambito della presentazione della ricerca del Censis sulla percezione sociale delle disabilità alla quale hanno partecipato tra tanti, l’onorevole Livia Turco, la Coordinatrice della commissione Affari sociali delle Regioni, Lorena Rambaudi  e Stefano Inglese, della Ausl di Bologna.
Su un punto tutti hanno concordato: il grande tema delle disabilità è legato a un problema di accettazione sociale connessa alla presa in carico istituzionale. Una presa in carico che, nonostante alcune buone pratiche, non è garantita per tutti in eguale misura. Per questo Governo e Regioni devono dare al più presto delle risposte. A partire dall’approvazione dei Lea e dei Liveas.
Una denuncia forte alla politica è arrivata dall’onorevole Livia Turco (Pd) ex ministro della Salute e da sempre impegnata sul fronte delle tutele socio-sanitarie. “È aumentata la solitudine delle famiglie che vivono la disabilità – ha detto – soprattutto è cresciuta la disabilità intellettiva. Nel nostro Paese lo stigma c’è, e questo nonostante siano cresciute pratiche sociali d’integrazione e presa in carico. Abbiamo un panorama di grande ricchezza sul territorio con esperienze virtuose a livello territoriale. Ma constato il permanere di una difficoltà intellettiva. Una difficoltà legata alla crisi economico e sociale che sta vivendo il nostro Paese”. Le famiglie devono far fronte a un disagio imprevisto legato alle condizioni economiche e quelle che fino a ieri ce la facevano a tirare avanti, ora sono in crisi. E così le difficoltà economiche fanno cadere nell’invisibilità tutte le altre forme di disagio che diventano privatizzate perché se ne fa carico la famiglia.
“Soprattutto -ha aggiunto Turco - quello che vedo è una lontananza della politica dai problemi delle persone, in particolare dal tema della disabilità. E in questa legislatura, in particolare, questa lontananza è accentuata. Denuncio questa lontananza della politica, non solo come parlamentare di Opposizione, ma soprattutto come persona Non è un caso che una delle prime battaglie che abbiamo dovuto condurre è stata quella in difesa della legge 104/92 sui congedi parenterali considerata troppo permissiva”.
Sul tema delle disabilità, ha ricordato Turco, ci sono punti ben chiari in agenda: in primis l’applicazione delle leggi. Leggi che ci sono. “È drammatica la cancellazione dei diritti sociali – ha sottolineato Turco – pensiamo alla  legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, non se ne parla più eppure è un provvedimento che individua priorità essenziali per il sistema, come la personalizzazione delle cure e la presa in carico delle persone”. Altro punto in agenda e l’applicazione dei Liveas. “Se si vuole realmente realizzare la presa in carico dei pazienti disabili si deve realizzare la rete integrata dei servizi. Deve diventare l’altro pilastro del welfare del nostro Paese. abbiamo in Italia una ricchezza di pratiche istituzionali, di professioni, e di chi la sofferenza la vive quotidianamente. Tutto questo deve diventare un punto di riferimento per costruire un nuovo sistema” ha concluso Turco.
Anche per l’assessore Lorena Rambaudi, Coordinatrice della commissione Affari sociali delle Regioni, il sociale è una cenerentola. Non ci sono risorse. Non c’è integrazione con la Salute. E a farne le spese sono i disabili e le loro famiglie. “Mi piacerebbe – ha sostenuto – che la persona disabile venisse messa realmente al centro delle politiche socio-sanitarie. Ma sono molte le criticità a livello territoriale. Abbiamo da parte delle famiglie una richiesta forte di sostegno sia a reddito sia di assistenza dei servizi. Anzi, paradossalmente le famiglie più che sostegno economico chiedono soprattutto aiuto da parte dei servizi socio assistenziali. Anche se questo non cancella l’esigenza di ripensare ad un sostegno economico per garantire condizioni minime alle famiglie”.
Governo e Regioni, secondo l’assessore dovrebbero quindi aprire una riflessione seria sulla compartecipazione alla spesa del disabile. “La legge quadro 328/2000 – ha aggiunto Rambaudi – è una bella legge, ma il fondo sociale (75 mln in tutta Italia) ha un andamento storico in decrescita e ora siamo all’azzeramento. Non abbiamo risorse certe, né Lea che si traducono in diritti soggettivi. Questo è l’anello debole del sistema socio sanitario: non ha dignità né un budget gli consenta di sedersi a un tavolo con la Sanità per dare una risposta integrata alle famiglie. E le prospettive che abbiamo davanti non mi sembrano siano ottimali”.
Eppure esperienze riuscite a livello territoriale non mancano. Un esempio su tutto, quanto realizzato in Emilia Romagna. “Il nostro territorio vanta una grande esperienza – ha detto Stefano Inglese, responsabile della comunicazione della Ausl di Bologna – ma il passaggio essenziale è arrivato nel 2007 con il varo della legge per la gestione del fondo per la non autosufficienza che ha catalizzato molte buone pratiche già in pista. Soprattutto ha garantito una spinta anche alla presa in carico delle disabilità”. Un impegno finanziario, ha ricordato Inglese, che si traduce in 100milioni di euro annui garantiti appunto con risorse proprie della regione Emilia Romagna. “I sindaci hanno giocato un ruolo importante nella gestione del fondo regionale – ha spiegato – in particolare, integrazione, equità di accesso e coinvolgimento dei familiari sono stati i punti cardine che hanno permesso sul fronte dell’assistenza al disabile di fare un salto di qualità”.
Tra gli atout vincenti: l’attenzione alla personalizzazione dell’intervento e la presa in carico multidimensionale con percorsi ben definiti che assistono i pazienti dal primo contatto (attraverso lo sportello sociale) passando per le equipe territoriali e multidimensionali (composte da Mmg, fisiatri, riabilitatori, ecc) con tutor che assistono i pazienti, per arrivare fino alla presa i carico da parte dei servizi socio-sanitari integrati. Il tutto con modalità uniformi di accesso ai servizi.
Criticità? Ci sono, ha ammesso Inglese, “mancano strumenti adeguati per capire quali sono i bisogni reali dei cittadini e non esistono strumenti comuni per la predisposizione del progetto personalizzato”.
 (E.M.)
20 ottobre 2010
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