2 ottobre -
La proporzione di parti effettuati con taglio cesareo è uno degli indicatori di qualità più frequentemente usato a livello internazionale per verificare la qualità di un sistema sanitario. Questo perché il ricorso inferiore al cesareo risulta sempre associato a una pratica clinica più appropriata, mentre diversi studi suggeriscono che una parte dei tagli cesarei è eseguita per “ragioni non mediche”. Eppure il numero dei parti con taglio cesareo è andato progressivamente aumentando in molti Paesi. In Italia, in particolare, si è passati da circa il 10% all’inizio degli anni Ottanta al 37,5% nel 2004, la percentuale più alta d’Europa, che in media si assesta a una quota inferiore al 25%. L’indicatore viene calcolato come proporzione di parti con taglio cesareo primario (primo parto con taglio cesareo di una donna), essendo altissima la probabilità (superiore al 95%) per le donne con pregresso cesareo di partorire di nuovo con questa procedura. (VEDI TABELLA)
L'analisi. Sul fronte dei parti cesarei primari (la media nazionale esiti è del 26,7%), nonostante la media Italiana sia migliorata (era del 27,42% nel 2011) lo stivale continua ad essere spaccato in maniera netta. Le migliori performance si concentrano soprattutto in Lombardia (ben sei strutture hanno percentuali inferiori all’8%), ma il “palmares” della struttura con i migliori esiti lo conquista l’Ospedale di Palmanova in Friuli Venezia Giulia con appena il 4,6% di cesarei effettuati. la Toscana con l'Ospedale Do Borgo San Lorenzo a Firenze registra un esito pari al 5,2%. Seguono L'Emilia Romagna dove all'ospedale Maganti di Scandiano i parti cesarei sono fermi al 7,5%. In veneto al Ca Foncello di Treviso si arria all'8,2%.
In Campania la più alta concentrazione di strutture dove il parto cesareo spopola: in ben nove strutture - capitanate dalla clinica Villa Cinzia di Napoli (con una precentuale del 93,6%) - a più di sette donne su dieci viene praticato il cesareo. Nella “black list” figura solo lastruttura di un’altra regione: la clinica Mater Dei di Roma con l’87,8% di tagli cesarei (erano l’91,9% nel 2011).