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QS Edizioni - sabato 17 agosto 2024

L’identikit delle badanti in Italia

16 luglio - Spina dorsale del welfare fai da te e sostegno cruciale per una popolazione che invecchia, le badanti e, in senso più ampio, le collaboratrici domestiche hanno raggiunto nel nostro Paese quota 1 milione 538 mila, e cresciuti, grazie anche all’effetto regolarizzazione, di 50 mila unità rispetto all’anno precedente. Lo rileva l’indagine del Censis che indaga sugli infortuni domestici ma, nel farlo, scatta una fotografia delle caratteristiche delle badanti in Italia. L’indagine del Censis, per la precisione, unisce i dati delle badanti con quelle delle colf, ma specifica - ad esempio - che il 41,5% di chi lavora in casa di altri accudisce anziani e il 27,6% assiste persone non autosufficienti (tuttavia la possibilità di risposta del campione intervistato era multipla, e quindi indicatore potrebbe contenere anche una quota dell’altro).

Il 71,6% dei collaboratori sono stranieri, provenienti in prevalenza dall’Europa dell’Est, Romania (19,4%), Ucraina (10,4%), Polonia (7,7%) e Moldavia (6,2%), ma sono numerosi anche i Filippini (9%). Più di 8 collaboratori su 10 sono donne, presenza che si mantiene costante sia tra gli italiani che tra gli stranieri, mentre con riferimento all’età, emerge un profilo piuttosto giovane, soprattutto tra la componente straniera: il 15,8% ha meno di 30 anni, il 51,4% meno di 40 (tra gli stranieri la percentuale sale al 57,3% contro il 36,5% degli italiani) e soltanto il 17,5% è al di sopra dei 50.

Dall'analisi del Censis emerge un trend di “professionalizzazione” di questa attività. Chi svolge tale lavoro lo fa nella quasi totalità dei casi in maniera esclusiva: ben il 90,1% dei collaboratori, infatti, dichiara di svolgere tale occupazione in via principale (percentuale che sale al 92,4% tra gli stranieri e scende all’84,2% tra gli italiani) mentre “solo” il 9,9% lo fa come secondo lavoro. Alcuni hanno anche svolto corsi di assistenza sanitaria.
Siamo infatti sempre più di fronte ad un profilo di collaboratore multifunzionale: solo il 23,9% dei collaboratori domestici interpellati dichiara di essere occupato in una sola attività, prevalentemente di pulizia, mentre la stragrande maggioranza svolge più di una funzione. Nel dettaglio, ad occuparsi delle pulizie di casa è l'80,9% dei collaboratori domestici, il 48,7% cucina, il 37,9% fa la spesa, il 41.5% accudisce anziani e il 27,6% assiste persone non autosufficienti.


Le condizioni retributive e contrattuali
La maggioranza dei lavoratori percepisce uno stipendio mensile sotto la soglia dei 1.000 euro netti al mese, il 22,9% guadagna meno di 600 euro, il 20,2% da 600 a 800 euro netti al mese, il 24,5% tra 800 e 1000, e vi è poi una fetta consistente, il 32,4%, che sta sopra la soglia dei 1.000 euro, e di questi, il 14,6% supera i 1.200 netti al mese. Ma gli stranieri guadagnano mediamente un euro in meno all'ora degli italiani (6,83 euro contro 7,81 euro).
Sotto il profilo contrattuale, l’irregolarità continua a rappresentare una condizione estremamente diffusa.Sono infatti il 39,8% gli intervistati che dichiarano di essere totalmente irregolari, e il 22% quelli che si districano in una giungla fatta di rapporti a volte regolari, altre volte no, o rispetto ai quali vengono versati contributi per un orario inferiore a quello effettivamente lavorato. A fronte di questa maggioranza, pari complessivamente al 61,8% degli intervistati, vi è invece un 38,2% che dichiara di svolgere un lavoro totalmente regolare.
Volendo calcolare quanto ciò incida in termini di evasione contributiva, si consideri che su cento ore di lavoro, sono soltanto 42,4 quelle per cui vengono effettivamente versati i contributi; ciò significa che quasi 6 ore di lavoro su dieci risultano prive di qualsiasi forma di copertura previdenziale, e dunque che più della metà del lavoro svolto avviene al di fuori del quadro di regole, tutele e garanzie previste dalla legge.
Il livello di informalità del rapporto di lavoro risulta fortemente condizionato dal contesto territoriale. Al sud, il livello di irregolarità sale al 72,7%, con il 58,8% dei lavoratori (contro il 24,4% del nord ovest e il 38,8% del centro) che dichiarano di essere totalmente irregolari, e il 13,9% parzialmente irregolari. Più alto risulta anche il livello di contribuzione evasa, considerato che su 100 ore lavorate, solo 24,8 sono coperte da contributi.
Di contro, al nord e al centro il livello di regolarità risulta più alto; in particolare al nord ovest, dove “solo” il 24,4% dei lavoratori è totalmente irregolaei, e sono più diffuse le forme di irregolarità parziale (32,1%): un dato che si riflette anche sul versante fiscale, considerato che è l’unica area del Paese dove vengono versati contributi per la maggior parte (57,1%) delle ore lavorate. Diversa è invece la situazione del nord est, dove permangono sacche di irregolarità contrattuale e fiscale più basse del sud, ma molto maggiori rispetto all’area del centro e del nord ovest.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, sono gli italiani ad essere maggiormente coinvolti nel fenomeno: lavora infatti completamente in nero il 34,7% degli stranieri e il 53,9% degli italiani.
 
16 luglio 2010
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