3 ottobre -
La proporzione di parti effettuati con taglio cesareo è uno degli indicatori di qualità più frequentemente usato a livello internazionale per verificare la qualità di un sistema sanitario. Questo perché il ricorso inferiore al cesareo risulta sempre associato a una pratica clinica più appropriata, mentre diversi studi suggeriscono che una parte dei tagli cesarei è eseguita per “ragioni non mediche”. Eppure il numero dei parti con taglio cesareo è andato progressivamente aumentando in molti Paesi. In Italia, in particolare, si è passati da circa il 10% all’inizio degli anni Ottanta al 37,5% nel 2004, la percentuale più alta d’Europa, che in media si assesta a una quota inferiore al 25%. L’indicatore viene calcolato come proporzione di parti con taglio cesareo primario (primo parto con taglio cesareo di una donna), essendo altissima la probabilità (superiore al 95%) per le donne con pregresso cesareo di partorire di nuovo con questa procedura.
Proporzione di parti con taglio cesareo primario – valore medio 27,42% (Vedi tabella).
A fronte di una media italiana del 27,42%, lievemente in calo rispetto all’ultima analisi del Pne, gli esiti per quanto riguarda la proporzione di parti con taglio cesareo primario, ancora una volta vede lo stivale diviso in due. Così, le dieci migliori performance si concentrano in sole tre Regioni (Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia). In testa troviamo l’ospedale V. Emanuele II di Carate Brianza con un esito del 4%. A seguire troviamo l’ospedale Ca' Foncello di Treviso con il 5,3%, mentre in terza posizione si attesta l’ospedale di Palmanova con il 5,8%.
Il maggior ricorso al cesareo si riscontra inv nel Lazio, e soprattutto in Campania e Sicilia. Al primo posto troviamo la CC Mater Dei di Roma con il 91,9% di parti con taglio cesareo primario. Seconda in graduatoria c’è invece la CCA Villa Cinzia di Napoli con il 90%, mentre in terza posizione si attesta la CCA Lucina di Catania con l’84,8%.
Legenda
Per facilitare la lettura abbiamo selezionato le prime dieci e le ultime dieci strutture a livello nazionale con esiti favorevoli e sfavorevoli rispetto alla media nazionale. Le diverse strutture sono state collocate, così come realizzato dagli epidemiologi dell’Agenas, in tre fasce: quella blu, i cui dati aggiustati (ossia quei dati per i quali sono state considerate le possibili disomogeneità tra le popolazioni come l’età, il genere, presenza di comorbità croniche, etc..) e favorevoli, sono statisticamente certi; quella rossa in cui dati aggiustati sfavorevoli non presentano margini di errore statistico; quella grigia dove invece c’è un rischio relativo di errore di un risultato (quello che i tecnici chiamano fattore “p”).