2 ottobre -
È questo il significato che si nasconde dietro i dati evidenziati nella ricerca del Censis sul rapporto tra gli italiani e l’informazione sanitaria secondo Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria; Alberto Bobbio, portavoce del ministro della Salute, Renato Balduzzi; Francesco Marabotto, caporedattodell’agenzia Ansa; Giuseppe De Rita, presidente del Censis; Carla Collicelli, vicedirettore del Censis; Ketty Vaccaro, Responsabile del settore Welfare e Salute del Censis; e Mario Morcellini, preside della Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma.
“Negli ultimi 10 anni – ha spiegato
Giuseppe De Rita introducendo la ricerca – i farmaci e l’informazione acquisita attraverso i media erano gli elementi centrali del rapporto tra i cittadini e la salute. Questo riduceva il ruolo del medico, che dall’ultima rilevazione del Censis dimostra invece riconquistare terreno per due ragioni in particolare: il desidero del cittadino, nella malattia, di comprendere bene e il bisogno di una comunicazione diretta”.
Dall’indagine del Censis, illustrata nel dettaglio da
Ketty Vaccaro, emerge infatti che la principale fonte del proprio bagaglio di conoscenze resta il medico di medicina generale (per il 55,6%), segue a grande distanza Internet (10,8%), i familiari e gli amici (10,1%) e la televisione (5,9%). In particolare, secondo il 41,3% degli italiani p convinto che troppe informazioni possano confondere chi non è esperto e che sulla salute debbano decidere i medici.
Insomma, ha sottolineato nel suo intervento
Massimo Scaccabarozzi, “emerge con chiarezza che se è vero che la salute è anche economia, politica, costi, burocrazia, bellezza e malasanità, quello che al cittadino interessa veramente quando si parla di salute è proprio la salute. In questa indagine il cittadino ci dice che quando è malato vuole essere curato. E questo è un messaggio forte, che deve arrivare anche ai politici, agli economisti e ai giornalisti”.
Il presidente di Farmindustria ha poi voluto sottolineare come spesso le imprese del farmaco siano “spesso descritte negativamente dai media e visti negativamente dai cittadini. Ma se oggi si muore meno, se alcune malattie mortali sono diventate malattie croniche, se in certi casi si fanno terapie invece di sottoporsi ad interventi, significa che le imprese del farmaco hanno fatto anche molto di buono”.
Scaccabarozzi si unisce quindi all'appello dei cittadini per un'informazione seria, puntuale e non confusa. A differenza di quanto accaduto sulla norma sul principio attivo", ha aggiunto. "Sulla questione non c'è in atto nessuna guerra - ha proseguito Scaccabarozzi -, ma i cittadini sono confusi e le imprese non vogliono essere discriminate". Il presidente di Farmindustria ha detto poi le imprese stesse ricevono "richieste di informazioni di pazienti preoccupati di non poter avere il farmaco che magari prendono da molti anni. Non è stato spiegato bene che si può sempre avere, pagando la differenza di prezzo con il generico. La norma va spiegata bene".
La comunicazione sanitaria, allora, deve diventare più un servizio e meno spettacolo, ha osservato
Francesco Marabotto. “I cittadini stanno dicendo basta alla spettacolarizzazione della sanità. Basta all’overdose di malasanità e di bellezza. Questo non significa che i giornalisti debbano smettere di denunciare le criticità della sanità, ma che la comunicazione deve diventare anche in questo ambito più informativa e meno urlata”. Secondo Marabotto, inoltre, deve crescere lo spazio dato alla scienza, la cultura sanitaria e anche le buone informazioni come quelle, ad esempio, sulle strutture di eccellenza presenti in Italia. “Inoltre la comunicazione deve anche informare sui servizi e le strutture presenti sul territorio, perché su questo c’è poca informazione non solo da parte dei cittadini ma anche dei medici”.
Ma una informazione davvero corretta, ha sottolineato Marabotto, “va costruita insieme. Serve la collaborazione di tutti i soggetti interessati, e cioè medici, istituzioni, ricercatori e giornalisti, per offrire ai cittadini un’informazione credibile e accreditata”.
Osservazioni condivise dal portavoce del ministro della Salute,
Alberto Bobbio, che ha voluto sottolineare come l’attuale ministri della Salute abbia scelto la strada della trasparenza con i cittadini. “Abbiamo pubblicato i rapporti degli ispettori nei casi di malasanità, i dati sull’Ilva, l’ordinanza sulle protesi Pip e anche gli esiti delle performance delle strutture ospedaliere italiane. Abbiamo scelto di comunicare in modo trasparente con il cittadino anche su questioni che solitamente venivano tenute riservate e crediamo di avere fatto una buona scelta”.
Anche per Bobbio, comunque, gli italiani vogliono “più qualità e approfondimento” dall’informazione e “dicono basta all’ossessione sulla malasanità, che è un’informazione fine a se stessa e non illumina quello che c’è alla base di quella vicenda, cioè i contesti, i processi, i costi, le persone. I cittadini – ha ribadito Bobbio –vogliono capire e affinché questo avvenga dobbiamo mettere a loro disposizione gli elementi utili per dominare l’informazione. Se i giornalisti non fanno questo, allora creano solo indignazione raccontando scandali senza fare comprendere e responsabilizzare il cittadino”. Il portavoce del ministro della Salute ha messo in guardia, infine, dall’informazione “miracolosa”. È giusto, quindi, semplificare il linguaggio per aiutare la comprensione, “ma l’informazione non deve essere semplicistica e diventare narrazione in termini miracolosi, altrimenti saranno i miracoli che i cittadini chiederanno alla sanità e questo non potrà che rendere ancora più critico il rapporto tra pazienti, medici e sistema sanitario”.
Tuttavia, ha osservato
Carla Collicelli intervenendo sulla pubblicazione degli esiti da parte del ministero della Salute, “accanto ai dati clinici e tecnici, dovrebbero contenere anche dati di carattere oggettivo e qualitativo sui servizi, perché sappiamo bene che per il cittadino non è importante solo il risultato clinico, ma anche il modo in cui viene accolto e assistito nel sistema. Altrettanto importante è l’introduzione di dati che ci informino sull’empowerment tra gli operatori della sanità”.
Il presidente della Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza di Roma,
Mario Morcellini, ha infine sottolineato come in sanità ci sia stato spesso “più spam” che non informazione. Ma se è vero, come rileva la ricerca del Censi, che “un terzo degli italiani traducono in pratica quello che sentono e leggono sui media e il 17% modifica anche i suoi stili di vita, allora significa che il potere della comunicazione è ancora forte e può e deve essere utilizzato in modo strategicamente positivo”.