19 settembre -
Come già accennato, le difficoltà legate alla cura del mesotelioma pleurico sono diverse. Da una parte c’è il problema di una difficile diagnosi precoce, visto che la patologia non ha una sintomatologia nella fase iniziale, né sono ancora stati trovati biomarker in grado di aiutare a riconoscere il tumore. Inoltre, questa patologia è particolarmente resistente ai farmaci e per questo presenta percentuali di sopravvivenza dal momento della diagnosi piuttosto basse.
Ecco perché, come scrivono gli esperti all’interno dell’ultimo Quaderno del Ministero della Salute a tema amianto, “il mesotelioma rappresenta per la ricerca una sfida, i miglioramenti nelle varie discipline non hanno ancora prodotto risultati soddisfacenti”.
Ma quali sono gli ambiti di ricerca?
Quella pre-clinica si sta occupando del riconoscimento di pathway candidabili a terapie, dunque è impegnata nella stessa comprensione del processo di carcinogenesi. La diagnostica per immagini vuole ottimizzare la proposta terapeutica, dunque sta verificando il ruolo di TAC, PET e risonanza magnetica, che ad oggi rappresentano i migliori strumenti in mano ai medici.
E per il trattamento vero e proprio?
La chirurgia si è rivolta ad interventi sempre più radicali dal punto di vista oncologico, allontanandosi sempre più da interventi demolitivi e avvicinandosi a quelli conservativi. Per migliorare i trattamenti sistemici, invece, risulta fondamentale lo studio del profilo molecolare della patologia, e per questo sono oggetto di studi clinici terapie target e l’analisi di fattori predittivi.
Senza contare la sempre maggiore attenzione dedicata all’ambito psicologico della malattia: i soggetti che ne sono affetti vivono uno stato d’ansia, poiché sono coscienti della durata dell’esposizione alle fibre di amianto. Anche l’ambito psico-oncologico, dunque, è terreno di studio.