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QS Edizioni - domenica 30 giugno 2024

Tutti i numeri del Libro Bianco sulla salute dei bambini

30 gennaio - All’interno dello studio sullo stato di salute della popolazione pediatrica italiana fino ai 18 anni di età e sulla qualità dell’assistenza sanitaria ricevuta nella varie Regioni italiane da questa importante fetta di popolazione, sono stati analizzati vari indicatori che andremo ad esaminare qui di seguito.
 
La Campania è la regione “più giovane”, la Liguria è la “più vecchia”. 
L’Italia ha un volto sempre più vecchio, infatti, sebbene la popolazione italiana dal 2001 al 2010 sia aumentata del 5,9%, tale incremento non ha interessato la fascia di età 0-18 anni che, invece, è diminuita del 2,64%. 
A livello territoriale, la percentuale maggiore di giovani under18  (21,6%) si è registrata in Campania che, ormai da anni, detiene il record di regione “più giovane”. Valori elevati vengono riscontrati anche nella PA di Bolzano (21%), in Sicilia (20,2%) e in Puglia (19,6%). Al contrario, la Regione con la struttura per età meno sbilanciata verso la classe “giovane”, è la Liguria che presenta il dato più basso (14,6%) e che, da anni, risulta essere la regione “più vecchia”. Seguono il Friuli Venezia Giulia (15,7%), la Toscana (15,9%) e, a pari merito, il Piemonte e la Sardegna (16,1%). 
 
 
Natalità: primato di nascite alla PA di Bolzano, maglia nera al Molise.
L’evoluzione della natalità, nei due periodi temporali in esame (2002-2004; 2008-2009), è rimasta costante e pari al 9,5‰. Dal triennio 2002-2004 al biennio 2008-2009 la natalità è diminuita nelle regioni dove era più alta (PA di Bolzano, Campania, PA di Trento e Sicilia) e nelle regioni meridionali, a eccezione dell’Abruzzo che presenta un lieve incremento (+0,2 %) e della Sardegna il cui valore è rimasto costante. Nel biennio 2008-2009 i valori più alti si registrano nella PA di Bolzano (10,7‰), nella PA di Trento (10,4‰) e, a pari merito, in Valle d’Aosta e Campania (10,3‰), mentre i valori più contenuti si riscontrano in Molise (7,6‰), Liguria (7,7‰) e Sardegna (8,1‰). 
 
 
Sempre meno figli, aumentano i parti delle coppie straniere soprattutto al Centro-Nord.
L’Italia è uno dei Paesi europei dove i livelli di fecondità totale, seppur in crescita, risultano tra i più contenuti. Nel 2008, il Tft è stato pari a 1,4 figli per donna. Tale valore, anche se in lieve aumento rispetto agli anni precedenti (+0,1% rispetto al 2000), risulta, comunque, inferiore al livello di sostituzione (circa 2,1 figli per donna) che garantirebbe il ricambio generazionale. Questa ripresa, imputabile sia alla crescita dei livelli di fecondità delle over-30 che all’apporto delle donne straniere, richiede un’attenzione specifica da parte dei servizi sanitari che devono adeguarsi alle esigenze della domanda con reparti, ad esempio, dedicati alla diagnosi perinatale e con personale in grado di poter dialogare efficacemente con l’utenza straniera. 
Il valore più alto si registra nella PA di Bolzano, nella PA di Trento e in Valle d’Aosta (pari merito 1,6 figli per donna) e, in generale, nelle regioni del Centro-Nord, mentre il valore minimo si riscontra in Sardegna (1,1 figli per donna). 
Dal Libro Bianco emerge chiaramente l’incremento delle nascite da cittadini stranieri, sia con uno che con entrambi i genitori stranieri. Le regioni del Nord sono nel 2008 quelle con la più elevata incidenza di nati da almeno un genitore straniero: l’Emilia-Romagna (madre 25%; padre 21,7%), il Veneto (madre 24,4%; padre 21,6%) e la Lombardia (madre 23,2%; padre 20,6%). 
Al contrario, nelle regioni del Mezzogiorno la quota di nati con almeno un genitore straniero risulta non solo inferiore al dato nazionale, ma estremamente contenuta. 
Sono i romeni, la prima comunità per presenza (20,5%), a generare il più alto numero di nati tra gli stranieri (17,2%). Al secondo posto la comunità marocchina con il 16,9%. Segue la comunità albanese con il 12,6%. 
 
 
Mortalità infantile e neonatale in calo, ma ancora presenti troppe disuguaglianze regionali. 
In Italia nel periodo 2003-2008 sia la mortalità infantile, sia quella neonatale sono notevolmente diminuite rispettivamente dell’8,7% e del 9,9%. 
I tassi triennali di mortalità infantile, sia nella componente neonatale che post-neonatale, dal 1991-1993 al 2008 mostrano un andamento decrescente. Tale dato risulta ancora più eclatante se messo a confronto con quello riportato negli ultimi 40 anni dagli altri Paesi dell’area europea comparabili per condizioni socio-economiche e che pone l’Italia in una posizione di avanguardia. 
Nonostante il tasso di mortalità infantile nel nostro Paese sia in continua riduzione è, però, ancora presente un evidente divario tra le regioni, con un forte svantaggio per quelle meridionali, anche se le differenze sembrano in costante riduzione. Le differenze Nord-Sud nella mortalità infantile sono da addebitarsi a differenze nella mortalità neonatale. 
Il range di variabilità dei tassi di mortalità infantile regionali oscilla, nel triennio 2006-2008, da 1,60 casi per 1.000 della PA di Trento a 4,82 casi per 1.000 della Calabria. 
Una costante riduzione della mortalità neonatale si evidenzia particolarmente nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno. Tale mortalità si riduce, infatti, più della post-neonatale in tutte le regioni del Centro-Sud, a eccezione di Abruzzo e Sardegna. 
Nelle regioni del Nord è soprattutto la mortalità post-neonatale a diminuire ulteriormente, a eccezione della PA di Trento, della Valle d’Aosta (che presenta, comunque, una scarsa significatività del dato legata al numero esiguo di eventi) e del Friuli Venezia Giulia che già presentavano i migliori tassi a livello nazionale. 
Nonostante nei dati più recenti si continui a osservare una significativa e costante riduzione dei tassi di mortalità infantile in tutte le macroaeree esaminate (Nord, Centro e Mezzogiorno), permangono disparità geografiche Nord-Sud che, seppure in riduzione, rappresentano una delle più gravi disuguaglianze che persistono nel nostro Paese. 
Meno morti tra i giovanissimi.  
Muoiono meno maschi rispetto al passato: nel periodo 2001-2006 e nelle classi 10-14 e 15-19 anni, si registra una diminuzione della mortalità. La maggiore contrazione si è registrata nella classe 15-19 anni (-33,3%). 
La mortalità femminile registra un forte decremento nella prima classe di età (1-4 anni: -50%), mentre nelle restanti fasce di età si è riscontrata stabilità. 
Differenze territoriali: nel 2006 per la classe che va dai 15 ai 19 anni, che presenta valori più alti rispetto alle altre fasce di età considerate, le regioni con il tasso di mortalità più alto sono per i maschi le Marche, l’Abruzzo e la Basilicata (pari merito 0,6‰) e per le femmine il Piemonte, la Valle d’Aosta, la PA di Bolzano e la Toscana (pari merito 0,3‰). I valori più bassi, invece, si registrano in Liguria e in Emilia-Romagna (pari merito 0,3‰) per il genere maschile, mentre per il genere femminile in Molise (0,0‰). 
 
 
Le principali cause di morte. 
Nel primo anno di vita le più importanti cause di morte sono rappresentate dalle malformazioni congenite e dalle anormalità cromosomiche, invece, nelle età successive, aumenta il contributo dei tumori (la causa più importante nella fascia di età 5-9 anni), soprattutto leucemie e tumori cerebrali. 
Nella classe 10-14 anni il maggior contributo è dato dalle cause esterne di traumatismi e avvelenamento. Tra le cause di morte da ricordare sono anche i decessi per incidenti che, in soggetti di età minore di 15 anni rappresentano, per alcuni anni, la causa di morte più frequente. A tal proposito, le indagini dell’Istat rivelano come nel periodo 2003-2006 i morti fino a 18 anni per “Accidenti da trasporto” siano passati, in valore assoluto, da 546 a 403, colpendo nella stragrande maggioranza i maschi. I morti, sempre nello stesso periodo tra i bambini fino a 14 anni, sono passati a 146 nel 2003 a 104 nel 2008. 
 
 
Bambini disabili più integrati a scuola. 
Sono notevolmente aumentati i ragazzi con disabilità inseriti nelle scuole statali. Considerando i dati relativi agli anni scolastici 1997/1998 e 2007/2008 si è registrato un incremento degli alunni disabili presenti nella scuola di ogni ordine e grado del 53,9%. L’incremento maggiore del numero di alunni con disabilità si è osservato in Lombardia e nelle Marche (rispettivamente, +91,8% e +83,4%), mentre le regioni che hanno registrato un aumento più contenuto sono la Calabria (+14,2%), la Sardegna (+14,3%) e la Basilicata (+15%). C’è però molta strada ancora da fare per superare i molti ostacoli a una completa integrazione, come per esempio i diffusi problemi di sovraffollamento delle classi, soprattutto in un contesto di crisi come quello attuale. 
 
 
Alimentazione sregolata, soprattutto tra adolescenti. 
Bambini e ragazzi hanno molti problemi con la bilancia, di più al Sud - Il 22,9% dei bambini di 8-9 anni è risultato in sovrappeso e l’11,1% in condizioni di obesità. 
Complessivamente, i dati rilevati nel 2010 risultano leggermente inferiori (sovrappeso -0,9%; obesità -3,5%) rispetto a quelli osservati nel 2008, ma confermano livelli preoccupanti di eccesso ponderale. I bambini più in linea sono quelli del Nord, quelli con più problemi di bilancia vivono nel Centro-Sud. Le regioni che presentano, nel 2010 i valori maggiori sono per il sovrappeso l’Abruzzo (28,3%) seguito dalla Campania (27,9%) e a pari merito da Molise e Basilicata (26,5%), mentre per l’obesità le regioni maggiormente interessate dal fenomeno sono la Campania (20,5%), la Calabria (15,4%) e il Molise (14,8%). Nelle Province Autonome, invece, si registrano i valori minori (sovrappeso PA di Bolzano 11,4%; obesità PA di Trento 3,5%). 
Dal confronto dei dati 2008-2010 si evidenzia nelle regioni Centro-settentrionali  una riduzione dei tassi di sovrappeso che oscilla tra il -17,9% del Friuli Venezia Giulia e il -1,5% del Piemonte. Gli incrementi, invece, riguardano il Meridione, tranne la Sicilia dove il trend è in diminuzione (-4,1%). La regione in cui si è registrato l’aumento più consistente è la Sardegna (+11,2%). 
Per l’obesità tra 2008-2010 si registra una diminuzione nelle regioni Centro-meridionali, a eccezione della Toscana e della Basilicata (rispettivamente con +1,4% e +3,7%) e della Sicilia i cui valori risultano stabili. 
Tra le regioni del Nord, che presentano un trend in aumento, da evidenziare è la tendenza controcorrente del Veneto (-4,1%), ma soprattutto della Valle d’Aosta che presenta anche la maggiore riduzione in assoluto pari a -31,1%. 
 
 
I giovani e le trasgressioni che mettono a rischio la loro salute. 
A fumare è oltre 1 giovane su 5. Nel 2010 le regioni con il numero più alto di giovani fumatori sono state la Sardegna (29,7%), le Marche (26,4%), il Trentino-Alto Adige (25,7%) e la Lombardia (25,1%), mentre i valori minori si riscontrano in Calabria (11,3%), Valle d’Aosta (14,8%), Puglia (17,8%) e Campania (18%). 
Passando all’alcol, nel 2010 la prevalenza di coloro che hanno consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno è pari al 76% dei maschi e al 59,8% delle femmine di 18-19 anni. I maschi bevono più delle femmine in tutte le classi di età considerate, per di più i ragazzi assumono più delle ragazze comportamenti a rischio superando la soglia di consumo “moderato” o addirittura lasciandosi andare al binge drinking. 
I maschi di 18-19 anni che adottano comportamenti di consumo a rischio (consumo non moderato) e di quelli che “buttano giù” tutti in una volta sei bicchieri di alcolici (binge drinking) sono rispettivamente il 22,9% e il 22%. Anche le coetanee non scherzano: l’11,6% di loro beve in modo esagerato fino al binge drinking. 
30 gennaio 2012
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