24 settembre -
MAMMELLA
Fattori di rischio
- Età: il rischio di ammalare di carcinoma della mammella aumenta con l’aumentare dell’età, con una probabilità di sviluppo di cancro al seno del 2,4% fino a 49 anni (1 donna su 40), del 5,5% tra 50 e 69 anni (1 donna su 20) e del 4,7% tra 70 e 84 anni (1 donna su 25). La curva di incidenza cresce esponenzialmente sino alla menopausa (intorno a 50-55 anni) e poi rallenta con un plateau dopo la menopausa, per poi riprendere a salire dopo i 60 anni.
- Fattori riproduttivi: una lunga durata del periodo fertile, con un menarca precoce e una menopausa tardiva e quindi una più lunga esposizione dell’epitelio ghiandolare agli stimoli proliferativi degli estrogeni ovarici; la nulliparità, una prima gravidanza a termine dopo i 30 anni, il mancato allattamento al seno.
- Fattori ormonali: incremento del rischio nelle donne che assumono terapia ormonale sostitutiva durante la menopausa, specie se basata su estroprogestinici sintetici ad attività androgenica; aumentato rischio nelle donne che assumono contraccettivi orali.
- Fattori dietetici e metabolici: l’elevato consumo di alcool e di grassi animali e il basso consumo di fibre vegetali sembrerebbero associati ad aumentato rischio di carcinoma mammario. Stanno inoltre assumendo importanza la dieta e quei comportamenti che conducono all’insorgenza di obesità in postmenopausa e alla sindrome metabolica. L’obesità è un fattore di rischio riconosciuto, probabilmente legato all’eccesso di tessuto adiposo che in postmenopausa rappresenta la principale fonte di sintesi di estrogeni circolanti, con conseguente eccessivo stimolo ormonale sulla ghiandola mammaria.
- Pregressa radioterapia (a livello toracico e specialmente se prima dei 30 anni d’età).
- Precedenti displasie o neoplasie mammarie
- Familiarità ed ereditarietà: anche se la maggior parte dei carcinomi mammari è costituita da forme sporadiche, il 5%-7% risulta legato a fattori ereditari, 1/4 dei quali determinati dalla mutazione di due geni, BRCA 1 e/o BRCA 2. Nelle donne portatrici di mutazioni del gene BRCA 1 il rischio di ammalarsi nel corso della vita di carcinoma mammario è pari al 65% e nelle donne con mutazioni del gene BRCA 2 pari al 40%.
Incidenza
Si stima che, nel 2019, verranno diagnosticati in Italia circa 53.500 nuovi casi di carcinomi della mammella (53.000 donne e 500 uomini). È la neoplasia più diagnosticata nelle donne, in cui circa un tumore maligno ogni tre (30%) è un tumore mammario. Considerando le frequenze nelle varie fasce d’età, i tumori della mammella rappresentano il tumore più frequentemente diagnosticato tra le donne nella fascia d’età 0-49 anni (40%), fra le 50-69enni (35%) e nelle over 70 (22%).
Il carcinoma della mammella mostra un lieve aumento dell’incidenza in Italia (+0.3%), soprattutto nelle donne fuori fascia screening e nelle aree del Centro-Nord per l’estensione dei programmi di screening e della popolazione target (da 50-69 anni a 45-74 anni), ma presenta un trend in crescita anche in alcune regioni del Sud.
La malattia presenta un’ampia variabilità geografica, con tassi più alti, fino a 10 volte, nei Paesi economicamente più avanzati. L’incidenza del carcinoma mammario ha evidenziato una flessione in molte aree del mondo intorno al Duemila. La significativa riduzione di incidenza osservata negli USA nel 2003 nelle donne con età ≥50 anni, e prevalentemente per i tumori ormonoresponsivi, è stata messa in relazione alla riduzione di prescrizioni di terapia ormonale sostitutiva in menopausa dopo la pubblicazione dei risultati dello studio WHI (che avevano evidenziato un’aumentata incidenza di tumori invasivi mammari e di malattie cardiovascolari con l’uso di una terapia ormonale contenente estroprogestinici).
In Italia l’iniziale riduzione di incidenza, considerando la minore diffusione della terapia ormonale sostitutiva tra le donne in menopausa, viene principalmente riferita all’effetto di saturazione dell’incidenza determinata dai primi round dei programmi di screening mammografico, che nella seconda metà degli anni ’90 hanno interessato ampie aree del Paese. Le donne del Centro hanno meno probabilità di avere un tumore della mammella (-12%) e quelle del Sud -23%.
Mortalità
Anche per il 2016 il carcinoma mammario ha rappresentato la prima causa di morte per tumore nelle donne, con oltre 12.600 decessi (ISTAT). È la prima causa di morte nelle diverse età della vita, rappresentando il 28% delle cause di morte oncologica prima dei 50 anni, il 21% tra i 50 e i 69 anni e il 14% dopo i 70 anni.
La mortalità appare in calo in tutte le classi di età, soprattutto nelle donne con meno di 50 anni, attribuibile alla maggiore diffusione dei programmi di diagnosi precoce e, quindi, all’anticipazione diagnostica e ai progressi terapeutici.
Sopravvivenza
La sopravvivenza a 5 anni delle donne con tumore della mammella in Italia è pari all’87%. Non presenta eterogeneità elevata tra fasce di età: la sopravvivenza a 5 anni è pari al 91% nelle donne giovani (15-44 anni), 92% tra le 45-54enni, 91% tra le 55-64enni, 89% tra le 65-74enni, leggermente inferiore, 79%, tra le over 75. Si evidenziano livelli leggermente inferiori nel Meridione: Nord Italia (87-88%), Centro (87%) e Sud (85%). La sopravvivenza dopo 10 anni dalla diagnosi è pari all’80%.
Prevalenza
In Italia vivono circa 815.000 donne che hanno avuto una diagnosi di carcinoma mammario, pari al 44% di tutte le donne che convivono con una pregressa diagnosi di tumore e al 24% di tutti i casi prevalenti (uomini e donne). Tra queste donne, la diagnosi è stata formulata da meno di 2 anni nel 16% dei casi, tra 2 e 5 anni nel 14%, tra 5 e 10 anni nel 23%, oltre i 10 anni nel 47%.
COLON-RETTO
Fattori di rischio
- Lesioni precancerose (ad esempio gli adenomi con componente displastica), circa l’80% dei carcinomi del colon-retto insorge a partire da lesioni precancerose.
- Stili di vita errati, elevato consumo di carni rosse ed insaccati, farine e zuccheri raffinati, sovrappeso ed attività fisica ridotta, fumo ed eccesso di alcol.
- Familiarità ed ereditarietà: circa un terzo dei tumori del colon-retto presenta caratteristiche di familiarità ascrivibile a suscettibilità ereditarie: solo una parte di questo rischio familiare (2-5%) è riconducibile a sindromi in cui sono state identificate mutazioni genetiche associate ad aumento del rischio.
- Altre patologie, malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa, poliposi adenomatosa familiare (FAP), sindrome di Lynch.
Incidenza
Sono oltre 49.000 le nuove diagnosi di tumore del colon-retto attese, nel 2019, in Italia (27.000 negli uomini e 22.000 nelle donne). I tumori del colon-retto rappresentano la terza neoplasia negli uomini (14%) e la seconda nelle donne (12%). In Italia la distribuzione del tumore del colon-retto è molto disomogenea e riflette l’andamento degli screening oncologici. L’incidenza, rispetto alle regioni del Nord, è più alta nelle regioni del Centro (sia negli uomini che nelle donne, +7%). Nelle Regioni del Sud è meno frequente (-6% uomini, -5% donne).
Mortalità
Nel 2016 (ISTAT) i decessi per il tumore del colon-retto in Italia sono stati quasi 20.000 (11.000 negli uomini e 9.000 nelle donne). Il cancro del colon-retto è la seconda causa di morte sia negli uomini (11%) che nelle donne (12%).
Sopravvivenza
Il carcinoma del colon-retto presenta complessivamente una prognosi favorevole rispetto a molti altri tumori solidi. La sopravvivenza a 5 anni è pari al 65%, senza differenze tra maschi e femmine. Presenta valori elevati tra i pazienti giovani, passando dal 69% tra 15 e 44 anni al 54% tra gli anziani (75+).
Le Regioni meridionali presentano indici di sopravvivenza inferiori di circa il 6-8% rispetto al Centro-Nord nei maschi e del 5-6% nelle femmine.
La sopravvivenza dopo 10 anni dalla diagnosi risulta leggermente inferiore rispetto a quella a 5 anni, con valori pari al 64% per il colon e al 58% per il retto, omogenea tra uomini e donne.
Prevalenza
In Italia vivono circa 481.000 persone con pregressa diagnosi di tumore del colon-retto (16% uomini e 12% donne). Oltre 51.000 sono le persone che hanno sviluppato un tumore del colon-retto in Italia da più di 20 anni e oltre 117.000 tra i 10 e i 20 anni, che possono considerarsi ormai guarite.
POLMONE
Fattori di rischio
- Fumo di sigaretta: è senza dubbio il più rilevante fattore di rischio. È attribuibile al fumo l’85-90% di tutti i tumori polmonari. Il rischio relativo dei fumatori rispetto ai non fumatori aumenta di circa 14 volte e aumenta ulteriormente fino a 20 volte nei forti fumatori (oltre le 20 sigarette al giorno). Importanti studi hanno anche dimostrato che la sospensione del fumo di sigaretta produce nel tempo una forte riduzione del rischio.
- Fumo passivo
- Fattori ambientali: l’esposizione al particolato atmosferico e all’inquinamento atmosferico è stata classificata dallo IARC (International Agency for the Research on Cancer) come cancerogena per l’uomo.
- Esposizioni professionali a sostanze tossiche, radon, asbesto, metalli pesanti (cromo, cadmio, arsenico, ecc.).
- Processi infiammatori cronici, come tubercolosi, ecc.
Incidenza
Nel 2019 sono attese, in Italia, 42.500 nuove diagnosi di tumore del polmone (29.500 negli uomini e 13.000 nelle donne). È la seconda neoplasia più frequente negli uomini (15%) e la terza nelle donne (12%). Il tumore del polmone è, negli uomini, meno frequente al Centro (-7%) e al Sud (-3%) rispetto al Nord; nelle donne è meno frequente al Centro (-13%) e al Sud (-37%) rispetto al Nord.
Mortalità
Nel 2016 i decessi per il tumore del polmone, in Italia, sono stati 33.838 (24.059 negli uomini e 9.779 nelle donne) (ISTAT). Il tumore del polmone rappresenta la prima causa di morte (12%) di tutte le neoplasie nella popolazione maschile e femminile. La mortalità per tumore del polmone in Italia negli uomini è -7% al Centro e 1% al Sud e nelle donne è -15% al Centro e -31% al Sud.
Sopravvivenza
La sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con tumore del polmone in Italia è pari al 16%. Pur rimanendo nell’ambito di valori deludenti, presenta valori leggermente migliori tra i pazienti più giovani, passando dal 29,3% tra 15 e 44 anni a 8,1% tra i più anziani (75+).
Prevalenza
In Italia sono 106.915 le persone con pregressa diagnosi di tumore del polmone (69.508 maschi e 37.407 femmine). In considerazione della frequente diagnosi in stadio avanzato e della limitata efficacia dei trattamenti, il tumore del polmone rimane ancora oggi una neoplasia a prognosi particolarmente sfavorevole, pertanto poco contribuisce, in percentuale, alla composizione dei casi prevalenti. Complessivamente il 38% dei casi prevalenti ha avuto una diagnosi di tumore da meno di 2 anni, il 20% tra 2 e 5 anni, il 17% tra 5 e 10 anni ed il 24% da oltre 10 anni.
PROSTATA
Fattori di rischio
- L’obesità e l’elevato consumo di carne e latticini, una dieta ricca di calcio (con conseguente elevata concentrazione di IGF-1 ematico).
- Elevati livelli di androgeni nel sangue.
- Fattori ereditari, in una minoranza di casi (<15%).
Incidenza
Sono 37.000 i nuovi casi di tumore della prostata attesi, nel 2019, in Italia. Il tumore della prostata è il primo tumore più diagnosticato nella popolazione maschile (19%). L’incidenza del tumore della prostata è inferiore è al Centro (-5%) e al Sud (-27%) rispetto al Nord.
Mortalità
Nel 2016 i decessi per il tumore della prostata in Italia sono stati 7.540 (ISTAT). Il tumore della prostata è al terzo posto come causa di morte nella popolazione maschile (8%).
Sopravvivenza
La sopravvivenza a 5 anni degli uomini con tumore della prostata in Italia è pari al 92%. Presenta valori elevati tra i pazienti più giovani, passando da un massimo del 96,4% tra 65 e 74 anni ad un minimo di 52,1% tra i più anziani (85+). La sopravvivenza a 10 anni degli uomini con tumore della prostata in Italia è pari al 90%.
Prevalenza
In Italia sono circa 471.000 le persone con pregressa diagnosi di tumore della prostata, pari al 30% dei casi prevalenti nei maschi.
VESCICA
Fattori di rischio
- Al tabacco sono attribuiti i 2/3 del rischio complessivo nei maschi e 1/3 nelle femmine; il rischio dei fumatori di contrarre questo tumore è da 4 a 5 volte quello dei non fumatori e aumenta con la durata e l’intensità dell’esposizione al fumo. Per contro, il rischio si riduce con la cessazione del fumo, tornando dopo circa 15 anni approssimativamente quello dei non fumatori.
- Circa il 25% di questi tumori è attribuibile ad esposizioni lavorative. È noto l’aumento di incidenza di carcinoma uroteliale tra gli occupati nelle industrie dei coloranti derivati dall’anilina. Evidente anche il ruolo delle amine aromatiche (benzidina, 2-naftilamina).
- L’assunzione cronica di alcuni farmaci può favorire l’insorgenza di questo tumore: è noto il rischio derivante da assunzione di fenacetina, analgesico derivato dall’anilina, oggi sostituito dal paracetamolo, suo metabolita attivo e privo di tossicità renale.
- Ulteriori fattori di rischio sono stati identificati nei composti arsenicali, inquinanti l’acqua potabile, classificati tra i carcinogeni di gruppo 1 dalla IARC nel 2004.
- Il tumore delle vie urinarie non è generalmente considerato tra le neoplasie a trasmissione familiare. È stato tuttavia documentato l’aumento del rischio di carcinomi uroteliali, specie a carico del tratto superiore (pelvi renale e uretere), in famiglie con carcinoma del colon-retto non poliposico ereditario (sindrome di Lynch).
Incidenza
Sono 29.700 i nuovi casi di tumore della vescica attesi, in Italia, nel 2019 (24.000 negli uomini e 5.700 nelle donne). Il tumore della vescica rappresenta la quarta neoplasia più frequente negli uomini (12%) e la quinta nella popolazione totale (8%).
Mortalità
Nel 2016 i decessi per tumore della vescica in Italia sono stati 6.230 (4.883 negli uomini e 1.347 nelle donne) (ISTAT).
Sopravvivenza
La sopravvivenza a 5 anni nei tumori della vescica in Italia è pari al 79%. La sopravvivenza a 5 anni è pari a 96% nei giovani (15-44 anni), 89% per l’età 45-54 anni, 86% in età 55-64, 80% per l’età 65-74 anni, leggermente inferiore, 66%, per gli anziani (75+). Si evidenziano livelli leggermente inferiori nel Centro: Nord Italia (79-80%), Centro (77%) e Sud (79%).
Prevalenza
In Italia sono circa 277.000 le persone con pregressa diagnosi di tumore della vescica, pari al 14% dei casi prevalenti negli uomini e al 3% nelle donne.