COVID e malattie croniche non trasmissibili. Quali gli impatti? Viatris – in collaborazione con Carenity, comunità digitale globale che supporta pazienti e caregiver, Eurocarers e La Compagnie des Aidants (due gruppi di advocacy che danno voce alle preoccupazioni dei caregiver informali) – ha condotto una ricerca, centrata sul paziente, volta a misurare l’impatto di COVID-19 sull’accesso all’assistenza sanitaria e sulla qualità della vita, focalizzandosi proprio sui pazienti affetti da malattie croniche non trasmissibili (noncommunicable diseases – NCDs) come le patologie metaboliche, respiratorie e cardiovascolari, i disturbi mentali e le malattie oncologiche.
Il contatto con i medici e la gestione delle terapie
Durante la pandemia, le persone che soffrono di NCDs hanno trovato più difficile restare in contatto con i loro medici per gestire e continuare le loro terapie. A livello globale, un paziente su due (in linea con il dato italiano) ha percepito un peggioramento della propria malattia cronica durante la pandemia.
Il 13% dei pazienti (12% in Italia) ha attribuito questo peggioramento alla normale evoluzione della propria condizione; il 19% (15% in Italia) ha imputato la ragione di ciò all’assenza di attività fisica, mentre nell’8% dei casi (10% in Italia) la causa è stata identificata nel fatto che non hanno consultato il loro medico. Infatti, a livello globale il 38% dei pazienti (26% in Italia) ha dichiarato di aver visitato con una minore frequenza il proprio medico e un 30% (42% in Italia, un dato tra i più alti tra i Paesi europei coinvolti nell’indagine) ha individuato la causa di ciò in una maggiore difficoltà nel contattare un medico.
Infine, il lockdown ha fortemente impattato sulle visite mediche e gli interventi chirurgici, con il 32% degli intervistati che ha riferito di appuntamenti cancellati o posticipati (39% in Italia).
La mancanza di controllo medico potrebbe essere il motivo per cui il 26% dei pazienti (36% in Italia) in trattamento regolare/a lungo termine ha cambiato la frequenza di assunzione delle terapie e alcuni (il 16% a livello globale – in Italia il 23%) hanno totalmente o temporaneamente interrotto alcuni dei loro trattamenti.
“Uno dei principali risultati emersi da questa survey internazionale, incentrata sul paziente, è il peggioramento della gestione delle malattie croniche da parte dei pazienti stessi, con una riduzione dell’aderenza al trattamento e dell’accesso ai medici”, osserva
Michael Chekroun, CEO e fondatore di Carenity.
Le ripercussioni sulla salute mentale
La pandemia ha aumentato i sintomi di ansia e depressione in una popolazione già vulnerabile.
Le patologie legate alla salute mentale rappresentano uno dei principali gruppi di NCDs e hanno un peso importante sull’impegno volto a controllare e prevenire le malattie croniche non trasmissibili. La salute mentale ha legami con le patologie oncologiche, il diabete, le malattie cardiovascolari e respiratorie e altre NCDs.
Nel complesso, 1 paziente su 5 a livello globale (in linea con il dato italiano) ritiene di avere sviluppato un problema di salute mentale (diverso dai sintomi di ansia e depressione) nel 2020.
Tra i periodi di coprifuoco e lockdown che hanno segnato l’ultimo anno, la metà dei pazienti in Italia ha riferito di essersi sentita in qualche modo isolata, con un punteggio medio di 6 su una scala da 1 a 10, più di altri Paesi europei come Spagna, Francia e Germania. Questa sensazione di isolamento è stata spesso accompagnata da un aumento del livello di stress dovuto all’incertezza della situazione. Il 10 ottobre è la Giornata Mondiale della Salute Mentale
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Abitudini e comportamenti meno sani
Gli stati d’animo vissuti dalle persone intervistate hanno condotto spesso all’adozione di abitudini meno sane, con il 64% dei pazienti a livello globale che ha dichiarato di avere adottato un comportamento negativo nel mese precedente alla partecipazione alla survey:
• il 39% ha ridotto o interrotto la pratica di attività fisiche (in linea con il dato italiano)
• il 16% ha aumentato l’assunzione o iniziato ad assumere farmaci per dormire la notte (24% in Italia)
• il 15% ha aumentato l’assunzione o iniziato ad assumere farmaci per l’ansia o la depressione (17% in Italia)
• il 22% ha incrementato o iniziato ad avere abitudini alimentari poco sane (17% in Italia)
Di contro, alcuni pazienti hanno invece adottato nuove abitudini sane, con 1 paziente su 2 che ha adottato almeno un comportamento positivo nel mese precedente alla partecipazione alla survey:
• il 21% ha aumentato o iniziato ad avere abitudini alimentari sane (28% in Italia)
• il 20% ha praticato esercizi di respirazione (19% in Italia)
• il 17% ha incrementato o iniziato la pratica di attività fisica al chiuso e all’aperto (20% in Italia)
L’impegno di Viatris
Viatris è impegnata a promuovere misure di prevenzione per le malattie croniche non trasmissibili e a migliorare la salute mentale, in linea con la propria mission di consentire alle persone nel mondo di vivere una vita più sana in ogni sua fase. Alla luce dei risultati della survey, Viatris crede fermamente nell’urgenza di focalizzarsi su un approccio alla salute che ponga il paziente al centro e renda protagonisti i pazienti affetti da NCDs.
“In Viatris sosteniamo approcci di cura olistici e integrati per aiutare i pazienti e gli operatori sanitari. Crediamo fortemente che l’informazione, il dialogo e la prevenzione siano elementi chiave per una migliore salute fisica e mentale” — osserva
Fabio Torriglia, Country Manager di Viatris in Italia – Il nostro impegno è volto a ridurre il peso delle malattie croniche non trasmissibili ampliando l’accesso al nostro portafoglio di farmaci e mettendo al servizio di pazienti e operatori sanitari la nostra esperienza e le competenze che abbiamo sviluppato nelle diverse aree terapeutiche, dal cardiovascolare al respiratorio, dall’area del sistema nervoso centrale alla salute mentale, dal dolore alle malattie oncologiche.”
Attraverso il proprio costante impegno, Viatris sta lavorando per favorire il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite. L’obiettivo 3.4 degli SDG ha la finalità dichiarata di ridurre la mortalità prematura legata alle NCDs nel 2030 del 33% rispetto ai livelli del 2015 attraverso strategie di prevenzione e trattamento e la promozione della salute mentale e del benessere.